Arrivare a Kastelorizo a distanza di 24 anni dalla prima volta è un po' come prendere una fotografia degli anni '70 dall'album di famiglia e passarla al fotoritocco, restituendole quei colori che c'erano nella realtà ma che quella polaroid non ha mai avuto.
L'impatto è stupefacente. Le casette sul lungomare a ferro di cavallo del porticciolo, uno dei porti naturali più sicuri del mediterraneo orientale, sono cresciute di poco quantitativamente ma sono nettamente più rifinite di prima.
La fatiscenza e i colori sbiaditi hanno lasciato spazio ad un restauro tanto perfetto quanto sospetto. Tanti colori diversi, insegne discrete. Convivono in perfetto equilibrio le due facce, greca e ottomana, dell'isola. Definite e distinte tra loro, quasi fossero due luoghi diversi al confine, un confine pacifico e di reciproca tolleranza.
La fatiscenza e i colori sbiaditi hanno lasciato spazio ad un restauro tanto perfetto quanto sospetto. Tanti colori diversi, insegne discrete. Convivono in perfetto equilibrio le due facce, greca e ottomana, dell'isola. Definite e distinte tra loro, quasi fossero due luoghi diversi al confine, un confine pacifico e di reciproca tolleranza.
Non me lo aspettavo. Pensavo di trovarla più compromessa dal turismo e da quel successo dovuto non tanto al film di Salvatores quanto all'Oscar che si guadagnò e che trasformò una piccola gradevole pellicola italiana in un successo internazionale.
È un gioiello ben conservato, Kastelorizo. Così sembra e così penserei se non mi ci fossi fermata un po'.
A farfalla verso Kastelorizo |
Il primo stop lo facciamo nell'isoletta di Ro, 3 miglia a Ovest di Kastelorizo. La bella e chiusa cala a sud è tutta per noi, gettiamo l'ancora e mi tuffo a mettere due cime a terra. L'acqua ha raggiunto i 28° e per la prima volta proviamo in Egeo quella sensazione di bagno che può durare una giornata intera, quando puoi restare fermo nell'acqua come fossi seduto su una chaise longue, senza dover necessariamente nuotare per mettere un po' di calore in corpo.
Arrivando all'isola di Ro |
Despina, la signora di Ro |
Mentre penso a Despina, nel silenzio immoto della cala sento irrompere un vociare umano lontano, più urla che vociare, mi affaccio ma non noto nulla.
Immagino si tratti di un caicco turco, ormeggiato sull'altro versante dell'isola, che ha vomitato a terra un piccolo sciame di maleducati charteristi i quali, ascesi al rudere, urlano al mondo la loro conquista della vetta, ignari del fatto che il mondo continuerebbe a ignorare volentieri la loro impresa.
Mi concentro nello scrivere e tento di dimenticarli, quando sento aumentare l'urlo. Mi affaccio di nuovo al tambuccio, butto un occhio e vedo un tipo a torso nudo che individuo come il proprietario dei polmoni artefici dell'urlo.
Ancoraggio con cime a terra nel paradiso di Ro |
Al terzo urlo mi viene il sospetto di qualcosa che si chiarisce quando Giovanni torna in barca dicendo "Ce ne dobbiamo andare mi sa, almeno così sembra dire quel militare". Un militare a torso nudo? Secondo Giovanni, forte dell'ausilio del binocolo, è in mimetica e con tanto di mitra tra le braccia.
Arrivederci Ro |
L'isolamento di Kastellorizo, chiusa nell'abbraccio turco, impone un certo presidio militare. |
Desisto. Niente mi convince di più della sintesi perfetta data dalla determinazione.
Mi tuffo, tolgo le cime a terra e si va. Con il grande rimpianto di quando trovi un tuo piccolo paradiso e ti dicono "No, Eva, hai mangiato la mela? E mo' pedala"
Giorni dopo, su un'opuscolo trovo una piccola nota sui presidi militari di Ro e Strongilo che recita "Le isolette sono in un punto strategico difensivo importante, i militari stanno svolgendo un compito delicato, è carino non distrarli dalle loro mansioni".
La moschea e il quartiere ottomano del paesino di Kastelorizo. |
Ci vorranno giorni per scoprire il rovescio della medaglia. La perfezione nasconde sempre qualche pecca: laddove l'isola ha trovato bellezza ha perso in termini di anima.
La presenza turca si sente, si respira sul lungomare. Il DNA greco, alla faccia di Despina, è andato via via scemando, succube degli ottomani anche in era moderna, sconfitto a suo modo dal red carpet del Cinema, tradito proprio perché restaurato dagli abitanti di un tempo ora emigrati e arricchiti in Australia che hanno riportato lustro, tolto polvere e con essa anche quel certo non so che.
La presenza turca si sente, si respira sul lungomare. Il DNA greco, alla faccia di Despina, è andato via via scemando, succube degli ottomani anche in era moderna, sconfitto a suo modo dal red carpet del Cinema, tradito proprio perché restaurato dagli abitanti di un tempo ora emigrati e arricchiti in Australia che hanno riportato lustro, tolto polvere e con essa anche quel certo non so che.
Il lungomare di Kastellorizo |
Dove sono i vecchi? Che ne hanno fatto?
Mi aspetto, come nel film Mediterraneo, di passare oltre un lenzuolo bianco steso al sole e sentire la musica tipica, vedere bambini che corrono e vecchi vestiti di nero sorseggiare il loro caffè ai tavolini sotto i platani. Ma non accade. La fatiscenza ha lasciato posto al technicolor, la quiete ellenica alla frenesia garbata di un turismo per lo più raffinato.
La taverna To Platania, |
La scalinata per il monastero, a quota 350° scalino |
Ormeggi in banchina a Kastellorizo |
P'acá y p'allá alla ruota, al centro della baia |
La rada tra Mandraki e l'isoletta di Aghios Georghios |
Ci spostiamo tra il porto e la rada di Aghios Georghios, l'isoletta cui nel 90 arrivammo con un passaggio di un pescatore e dove oggi approdano a un ritmo insopportabile i taxi boat.
Dove c'erano
solo sassi e una piccola chiesa in calce bianca, ora si è aggiunta una taverna e uno stabilimento con ombrelloni e lettini. E Aghios Georghios è diventato un'insegna "Sant George beach".
Dove c'erano
L'isoletta di Aghios Georghios, oggi Sant George Beach |
Basta non pensare a quel che era e la situazione è comunque gradevole. La taverna è ben ombreggiata e si mangia bene. I turisti da terra non sono moltissimi e si spalmano nella zona lettini che è ben nascosta dietro la taverna.
La chiesetta di San Giorgio riacquista solennità col sole basso |
Galazia Spilia, la grotta blu, sulla costa sud |
Con cime a terra sull'isoletta di Aghios Georghios |
Ci assuefiamo a Kastelorizo, prendiamo i suoi ritmi lenti e la consuetudine di spostamenti: dalla rada al porto, due passi a terra e di nuovo in barca a goderci il distacco.
La rotta di esodo è lunga, per noi che non vogliamo entrare in Turchia: 80 miglia, probabilmente controvento e controcorrente, per arrivare a Simi. Ci allunghiamo nei giorni puntando a arrivare al 1° agosto, giorno della festa di Aghios Stefanos.
La tomba licia, proprio sotto il castello |
Il mio amico Luigi mi chiede un riscontro, ha il sospetto che non sia più l'isola dove ha passato mesi respirando l'autenticità del remoto.