sabato 30 luglio 2016

La tregua

A Koufonisi, isoletta che segna la punta sud est di Creta, ci viene regalata una intera giornata di brezza leggera tra 10 e 20 nodi. Si potrebbe mettere il tendalino ma resisto, non voglio abituarmi a certe comodità che il vento dell'ultimo mese ha decisamente proibito. 
Koufonisi è ancor più bella di 5 anni fa, la roccia bianca contrasta con l'acqua turchese, lo scenario è africano sulla grande doppia baia a sud ovest e ha invece suggestioni da grandi deserti americani, in quella a sud est. È il nostro commiato con il mar libico e già mi manca. 
Già la navigazione mi sembra stata meno difficile, già ho dimenticato quel rumore del vento, quell'urlo del mare arrabbiato, quegli schiaffi dei frangenti. 
Le emozioni restano, le paure si dimenticano. 
Non credo capiti solo a me, ma forse capita solo in mare. Pochi giorni, un calo di vento e dimentichi. Forse è per questo che il vento oggi ha ripreso a cantare a squarciagola, togliendo ogni illusione su una costa orientale più benigna. 
Tornerò lo stesso. Anzi, la prossima volta faccio un doppio giro. Ho ritrovato un'altra Grecia dentro la Grecia ed è bello sapere che non ho abbastanza tempo da vivere per vederla contaminata dall'uomo.

mercoledì 27 luglio 2016

Tutta colpa di una farfalla.

Ogni volta che penso di aver capito qualcosa della meteo di Creta sud, la realtà contraddice le mie deduzioni. 
Le previsioni non le guardiamo nemmeno più, è inutile, al momento ci servono solo a capire lo status quo nel mare aperto, più precisamente nel canale tra Creta e Karpathos per individuare il giorno giusto per traversarlo. Ma qui, su questa costa sud di Creta, i siti meteo non ci prendono proprio. Non è una critica, temo sia impossibile far rientrare nei modelli matematici questo intricato coacervo di microfenomeni locali. 
Forza 1 indicavano per oggi sul tratto di costa tra capo Kefalos e Tsoutsouros, forza 9 quello rilevato dal vero stamattina. Sulla nostra testa d'albero. ( il segnavento che ormai ho sulla pelle mi dice che 18 metri più in basso erano parecchi di più dei 53 nodi che segnava l'anemometro). Facevo affidamento sulle nuvole, però, credevo che il vento catabatico fosse necessariamente annunciato da nuvole a cappello sui monti di Creta. Oggi invece neanche una nuvola. Credevo anche che un vento della stessa intensità e della stessa direzione avesse su un medesimo luogo sempre lo stesso effetto. E invece no. Oggi bonaccia, domani buriana. 
Stamattina abbiamo fatto 20 miglia così, con le vele ben chiuse e serrate, esterrefatti dalla violenza del vento e del mare che ci frangeva addosso. Una foto non rende l'idea, un video un po' di più, ma è sempre poca cosa rispetto alle tue sensazioni. 
Ora basta, ci rinuncio a capire come funziona qui., non c'è statistica che tenga, forse solo l'esperienza dei pescatori che vivono qui da sempre.
Edward Norton Lorenz, matematico e meteorologo, diceva che è sufficiente un battito d'ali di una farfalla per provocare un uragano dall'altra parte del mondo. 
E allora chetati, farfallina, sii gentile.

Guarda il filmato vento catabatico a Creta Sud

martedì 26 luglio 2016

C'è molta buona energia.

Juliano è albanese ma da 12 anni vive qui a Creta. 
D'inverno studia economia a Rethimno, d'estate vive e lavora qui a Lentas, Creta, nella taverna che abbiamo scelto per cena. "Non ci sono molte barche qui vero?", gli chiedo. 
Lui, guardando estasiato la nostra, dice "no, ne passano due o tre... L'anno". 
Siamo nel mondo magico della semplicità, dell'accoglienza, del calore. A Juliano piace Creta perché "c'è molta buona energia". È vero, ha ragione. C'è l'energia di un luogo autonomo e indipendente dal mondo. C'è un'orizzonte infinto, sconfinato che ti fa immaginare terre lontane sentendoti però fortemente radicato sulla Storia. 
Siamo tornati a sud di Creta, ritorneremo. Non ne avrò mai abbastanza di questo angolo di mediterraneo. Perché qui c'è l'origine di tutto il mondo.

domenica 24 luglio 2016

Creta sud: da 0 a 50.

Rispetto a 5 anni fa, stavolta capisco meglio cosa significhi navigare a sud di Creta, in questo mare che grandi navigatori hanno definito come il più difficile al mondo per la vela. 
Da un miglio all'altro passi da 0 a 50 nodi, e quei 50 ti cadono in testa, dall'alto, ti schiacciano. 
Lasciare Gavdos con rotta nord era un'impresa. Mentre eri in calma piatta vedevi il mare lontano colorarsi di una decina di tasselli bianchi, poi un centinaio, poi migliaia. Frangenti, ma li definirei cavalloni, onde corte e ripide fino a 3 metri ci correvano incontro con violenza inaudita dalla direzione in cui volevamo andare. O meglio, dovevamo andare, visto che nelle altre direzioni c'erano il mar rosso, Israele, la Libia, la Sicilia. Abbiamo rimandato di giorno in giorno. Le previsioni meteo non c'erano d'aiuto, fenomeni locali non rilevati. Poi siamo partiti, in calma piatta con due mani di terzaroli alla randa, perché non hai il tempo di ridurre le vele, questa era l'unica cosa chiara. 
E ora siamo qui, su questa costa meravigliosa e selvaggia che fa pensare un po' all'Africa, un po' ai grandi parchi americani, giocando a rimpiattino con un vento che non conosce le mezze misure: ora urla come di rado, ora tace di un silenzio assoluto. 
E continuiamo a non incontrare nessuno.

giovedì 21 luglio 2016

Ai confini.

Gavdos, porto di Karave. L'ormeggio qui devi dividertelo col traghetto, nel senso che quando arriva lui, tu te ne devi andare. Ma è estremamente gentile, arriva alle 13,30 e alle 14,30 se ne va. Acqua e corrente a disposizione sul molo. L'autobus invece parte solo quando arriva il traghetto, quindi tu non lo prenderai mai. 
In porto c'è solo Litsa, perennemente seduta a un tavolino della sua taverna, sempre aperta per nessuno perché nessuno c'è. E allora ci vai, ti sembra giusto: da mangiare c'è quello che mangiano lei e suo marito. 
Una promettente insegna minimarket ti fa pensare che ci sia più vita, entri ma non c'è nessuno, Litsa si alza dal tavolino e viene a servirti. Il suo sorriso sornione, qualche parola in greco ti fanno capire che è contenta di vederti, bello avere compagnia. Sei troppo poco per essere considerata business. Qui non c'è marketing, c'è solo voglia di compagnia. 
L'autista dell'autobus è il figlio di Litsa. Arriva, sale, scende, riparte ma l'autobus resta lì. Fa una corsa al giorno.
Null'altro a Karave, l'altro bar è chiuso da tempo, chissà se riaprirà mai. Luoghi ai confini del mondo, il tempo si perde in attimi infiniti di silenzio.

domenica 17 luglio 2016

Gavdos, in the middle of nowhere.

I gravi fatti degli ultimi giorni arrivano qui a frammenti, attutiti da miglia e miglia di distanza fatta di acqua di mare capace di alleggerire ogni inquietudine. 
Dopo il golpe fallito in Turchia, puntuale arriva la telefonata del mio papà. "Ma voi siete al sicuro lì?".
Si è trattenuto, lo so, avrebbe voluto farmi la stessa domanda dopo la tragedia di Nizza, ma in questo caso può fingere un minimo di perdonabile confusione geografica. 
Mi guardo intorno prima di rispondergli. Chi può dirsi al sicuro, oggi? Per mare non sei mai al sicuro ma allo stesso tempo elimini dalla tua vita quei rischi più frequenti che fanno poca paura solo perché siamo loro statisticamente abituati. 
Mi rendo conto di essere ai confini su quest'isola che è lontana dall'Europa, lontana dall'Africa, a cui gli ultimi rilevamenti attribuivano una trentina di abitanti in questa stagione rafforzati forse da una dozzina di turisti, camminatori per lo più. Ai confini non del mondo o dei conflitti, ai confini della tua stessa anima. 
Ciò che vivresti con ansia e partecipazione, piena di stupide certezze sul bene e sul male derivate dalla difesa ottusa in discussioni continue e sostanzialmente inutili, ora lo leggi solo con tristezza e umana pietà, comprendendo che non vi sono ricette per il mondo se non quelle individuali del fermarsi e chiedersi cosa c'è di sbagliato e cosa si può cambiare. 
"Sì papà, non c'è posto al mondo più sicuro di questo"

giovedì 14 luglio 2016

Ak. Tripiti, il punto più meridionale d'Europa.

Più a sud di così non andremo. Siamo ai confini dell'Europa, ritrovo quest'isola dopo 5 anni uguale a come l'ho lasciata e riesco a vederla più bella ancora. Non è nemmeno Grecia, è terra di mezzo, un centinaio di miglia più a sud c'è la Libia e il relitto di un barcone spiaggiato mi ricorda il dramma di questo braccio di mare. 
Respiro, nei posti dove l'orizzonte aumenta, dove il silenzio regna. Mi accorgo che la bellezza è fatta di spazio vuoto, di assenza di rumori inutili, di trionfo dei colori. 
Bellezza è dove il mare parla. E qui, a Gavdos, parla.

martedì 12 luglio 2016

sosta a Paleochora. E siamo nel mar libico.

In tanti mi hanno chiesto "com'è navigare a vela a sud di Creta?"
Diciamo che è poco saggio perché si passa da 0 a 50 nodi di vento in un attimo. Che non è un problema perché quando hai calma piatta sei a motore e se ti arriva d'improvviso una raffica a 50 nodi non hai niente da ridurre in tempi che non sarebbero sufficienti a ridurre.
Il vero guaio è quando hai quel bel venticello a 15 nodi che ti farebbe venir voglia di aprire tutte le vele, perché prendere due mani di terzaroli con 15 nodi di vento a favore suona troppo strano. E lì, la raffica ti arriva ugualmente e ugualmente cattiva, e non sai da dove, devi chiederlo alla montagna che incombe su di te. 
Il benvenuto nel mar libico oggi ce lo hanno dato 4 aerei supersonici che hanno sfrecciato a pochi centimetri - ok, diciamo metri ma sembravano centimetri - dal nostro albero. Barche, neanche una, neanche stavolta.

lunedì 11 luglio 2016

Balos Ormos e Imeri Gramvousa, Creta

A distanza di 5 anni torniamo ai confini del nostro mare laddove diventa più impegnativo, selvaggio e a tratti inquietante. La scorsa volta avevamo dalla nostra l'inconsapevolezza, ora sappiamo cosa abbiamo davanti. Ma, come allora, il luogo resta incontaminato, remoto, quasi di frontiera. 3 giorni nelle prigioni di Gramvousa e il vento resta lo stesso, non ancora cattivo ma inquieto, nervoso.
Si prosegue.

mercoledì 6 luglio 2016

A Kithera, guardando a Sud Est.

Sembra ieri ma rileggendo mi accorgo che son passati 4 anni dal mio ultimo passaggio qui a Kithera. Ci sono posti in questo mare che ti porti dentro ogni giorno e nemmeno te ne accorgi. Un po' come il tuo bar preferito, quello in cui ti siedi, prendi un caffè, guardi la vita che passa e nessuno ti mette fretta di andar via.
Pare che domani sia l'ultimo giorno quasi tranquillo nel mio piccolo fazzoletto di mare. 
Per cui si lascia quest'oasi di quiete, quest'ultima isola delle Ionie esiliata dalle altre, e si mette prua a sud est, per Creta. L'angolo nord ovest della grande isola, Gramvousa, sarà il nostro rifugio per qualche giorno, finché non passa la sfuriata del meltemi. 
Dovrò annusare l'aria per capire quando proseguire perché a Gramvousa non c'è nulla, neanche il campo telefonico. Solo qualche agave, un relitto e il vento. 
Libri ne ho, provviste anche. Chissà, magari mi vien voglia di scrivere.
E poi ho il tempo a disposizione, quello è davvero tutto quando sei per mare.

sabato 2 luglio 2016

Solitaria Monemvassia.

Dove son finiti tutti? È luglio, siamo in una delle località più turistiche dell'intero Egeo e il porto è vuoto, tanto che i pochi che siamo qui, sono ormeggiati all'inglese.
Gli autobus, fedeli al timetable, fanno la spola ogni mezz'ora con la rocca ma viaggiano vuoti. 
Il tempo di una lavata alla barca, di prendere il ricambio camping gas e ci vien voglia di uscire, metterci in rada dove il fresco arriva più facilmente e siamo ancora più vicino alla cittadella medioevale. 
Ci sono anime che in porto, per quanto larghe, stanno un po' strette. Noi siamo tra queste.

venerdì 1 luglio 2016

Sventola bandiera stanca.

Capo Maleas è lì, dietro la mia bandiera stanca, 20 miglia da qui, Ormos Kremmidhi, una rada subito a nord di Monemvassia. 
L'ho visto tante volte ormai, questo famigerato capo, con tutti i venti, ma quasi sempre con vento deciso. 
Oggi invece è lì, inerme, sedato. 
L'anemometro segna 1,1 nodi di vento ma probabilmente è il lieve movimento della barca a creare questa illusione.
Per tutto il giorno abbiamo avuto una media di 5 nodi, buffo in Egeo parlarsi da poppa a prua a un volume di voce normale e sentirsi.
Buffo e rischioso perché chissà che dici contando sul fatto che di solito neanche strillando ti riesci a far capire. Poi quella brezza gentile è finita e la superficie del mare turchese si è via via sporcata di alghe, plastiche, carte viaggianti, taniche rotte, galleggianti arancioni di reti da pesca.
Questo mi circonda ora, un sottilissimo strato di sporcizia del mondo (attenzione, non è la Grecia sporca, questo paradiso accoglie i rifiuti di quella cloaca del mar di Marmara) che lascia limpida e pulita l'acqua sottostante. 

So che basta un fiato, un piccolo soffio di vento e quella sporcizia sparisce, va altrove, in un battito d'ali. 
Va detto. Perché quando dite, speriamo che non ci sia il meltemi, dovete sapere che è grazie al meltemi che l'Egeo è meraviglioso.