giovedì 21 luglio 2016

Ai confini.

Gavdos, porto di Karave. L'ormeggio qui devi dividertelo col traghetto, nel senso che quando arriva lui, tu te ne devi andare. Ma è estremamente gentile, arriva alle 13,30 e alle 14,30 se ne va. Acqua e corrente a disposizione sul molo. L'autobus invece parte solo quando arriva il traghetto, quindi tu non lo prenderai mai. 
In porto c'è solo Litsa, perennemente seduta a un tavolino della sua taverna, sempre aperta per nessuno perché nessuno c'è. E allora ci vai, ti sembra giusto: da mangiare c'è quello che mangiano lei e suo marito. 
Una promettente insegna minimarket ti fa pensare che ci sia più vita, entri ma non c'è nessuno, Litsa si alza dal tavolino e viene a servirti. Il suo sorriso sornione, qualche parola in greco ti fanno capire che è contenta di vederti, bello avere compagnia. Sei troppo poco per essere considerata business. Qui non c'è marketing, c'è solo voglia di compagnia. 
L'autista dell'autobus è il figlio di Litsa. Arriva, sale, scende, riparte ma l'autobus resta lì. Fa una corsa al giorno.
Null'altro a Karave, l'altro bar è chiuso da tempo, chissà se riaprirà mai. Luoghi ai confini del mondo, il tempo si perde in attimi infiniti di silenzio.

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