Rispetto a 5 anni fa, stavolta capisco meglio cosa significhi navigare a sud di Creta, in questo mare che grandi navigatori hanno definito come il più difficile al mondo per la vela.
Da un miglio all'altro passi da 0 a 50 nodi, e quei 50 ti cadono in testa, dall'alto, ti schiacciano.
Lasciare Gavdos con rotta nord era un'impresa. Mentre eri in calma piatta vedevi il mare lontano colorarsi di una decina di tasselli bianchi, poi un centinaio, poi migliaia. Frangenti, ma li definirei cavalloni, onde corte e ripide fino a 3 metri ci correvano incontro con violenza inaudita dalla direzione in cui volevamo andare. O meglio, dovevamo andare, visto che nelle altre direzioni c'erano il mar rosso, Israele, la Libia, la Sicilia. Abbiamo rimandato di giorno in giorno. Le previsioni meteo non c'erano d'aiuto, fenomeni locali non rilevati. Poi siamo partiti, in calma piatta con due mani di terzaroli alla randa, perché non hai il tempo di ridurre le vele, questa era l'unica cosa chiara.
E ora siamo qui, su questa costa meravigliosa e selvaggia che fa pensare un po' all'Africa, un po' ai grandi parchi americani, giocando a rimpiattino con un vento che non conosce le mezze misure: ora urla come di rado, ora tace di un silenzio assoluto.
E continuiamo a non incontrare nessuno.
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