sabato 11 luglio 2015

La mia Grecia del NO.


E, pazienza, la cronologia del diario di bordo quest'anno sarà un po' casuale, disordinata, non necessariamente nell'ordine che dovrebbe avere. Tante miglia sono passate dall'ultima volta che ho scritto. L'attualità mi ha rapito e tenuto con gli occhi incollati sui luoghi e sulla gente. O, più sinceramente, mi sono come al solito impigrita e mi sono ritrovata con una montagna di arretrato da raccontare. 
Può attendere, l'urgenza ora di parlare di altro è prepotente e non lascia spazio. Sono parole che vogliono uscire, rotolare dalle mie dita su questo foglio di finta carta bianca. 
Cercherò di fluidificare la mia rabbia, ma non sono sicura di riuscirci, e poi, non è neanche vero, non penso che ci proverò realmente. Benedico l'aver imparato da bambina e da autodidatta la dattilografia veloce a 10 dita (facevo tante cose strane, anche imparare a memoria gli Stati Uniti d'America in ordine alfabetico): le mie dita vanno quasi più veloce del pensiero, o almeno, vanno alla stessa velocità, non c'è spazio per i ripensamenti, per le censure e molto poco per la riflessione. Si vede, lo so. Pazienza.
"Ti sei portata le dracme dietro, sì?"
A fare una classifica delle domande idiote che mi sono state rivolte da italiani in questo periodo, questa le batte tutte, sia per qualità che per quantità. Ora, chi si dovesse riconoscere non se la prenda troppo, posso assicurare loro che erano in abbondante compagnia.
Ma, fin qui, son battute sciocche, innocue, inutili come una penna senza inchiostro, no, più inutili, con la penna senza inchiostro qualcosa ci fai.
Poi sono arrivati sinceri messaggi da amici e da sconosciuti, preoccupati e allarmati. "Dovrei venire in Grecia quest'estate ma sui giornali dicono sia pericoloso, c'è davvero la guerra civile?" ... "Ho letto il tuo libro   e mi fido di te, scusa se ti disturbo ma mia figlia e i suoi amici dovevano partire per la Grecia, è meglio evitare vero? i giornali dicono che non ci sono più medicine!!" ... "ciao Francesca, dovrei venire in Grecia ma puoi darmi qualche notizia per tranquillizzare mia madre? E' vero che i supermercati sono vuoti e i traghetti non fanno più le corse? Lo ha letto su Repubblica" ..."Hai contanti a sufficienza? I giornali dicono che i bancomat non erogheranno più nemmeno per le carte straniere"
E allora li ho guardati questi giornali italiani, cosa che evito sempre volentieri negli ultimi anni perché lo so che non si tratta più di notizie ma di opinioni che si vogliono trasferire, amplificare, moltiplicare velocemente. Quelli bravi a discernere li leggono tutti e poi mediano e distinguono. Ma ci vuole tempo e, sinceramente, il tempo è vita e preferisco farci altro.
Ma stavolta l'ho letti perché non ci potevo credere, non mi sembrava possibile che questa montagna di sciocchezze potesse trovare posto su quotidiani come Il Corriere della Sera e Repubblica, per dirne due.
"Iniziano a scarseggiare le materie di prima necessità sulle isole. Mancano carne e pesce", scriveva una testata e, velocemente come in un circolo di comari di paese, la notizia veniva riportata sui social network da decine e decine dei miei contatti.
Capisco che il bisogno di leggere e diffondere catastrofi sia la droga di questo millennio ma qualcuno vorrà soffermarsi a pensare, a diffidare, a usare la logica, prima di fare gratuitamente da veicolo a questa insensata guerra dei mass media? Il pesce..... da dove pensate che arrivi il pesce in un paese che ha quasi 200 isole abitate e una superficie affacciata sul mare come questa? Da Berlino? Da Bruxelles? Dalla laguna di Orbetello? O pensate forse che il mar Egeo sia una propaggine della BCE e chiuda i cordoni della borsa se il governo greco non rispetta le scadenze?
Perché e a chi conviene boicottare il turismo in Grecia, attaccandoli così nella loro prima risorsa economica? È questa la domanda che bisogna farsi.
Ma è troppo per me, mi manca cultura economica e politica per poter analizzare a fondo il tema.
Posso solo guardarmi intorno, confrontare questa Grecia vera con quella che raccontano i giornali e sapere che, evidentemente, a qualcuno conviene.
Se uno mi deve dei soldi io spero che gli affari gli vadano bene perché così, solo così, sarà forse un giorno in grado di ridarmeli. Non invito i miei elettori a non comprare i loro prodotti, cara signora Merkel.
Mentre succedono queste cose sono tra il canale di Evia e le Sporadi settentrionali. Faccio un bancomat ad ogni sosta solo per smentire le notizie che arrivano dall'Italia, non certo per paura che rifiutino il prelievo agli stranieri. 
Perché mai dovrebbe un Paese in crisi impedirti di prelevare soldi dal tuo conto straniero e quindi di spenderli da loro? Poi mi pento, sto prendendo soldi che non mi servono, rischio di esaurire il loro contante. Ma il problema non sembra sussistere: le file ai bancomat non ci sono e tutti gli POS funzionano. I greci possono ritirare 60 euro al giorno, "un'economia da guerra!!!!", strillano le prefiche italiane sulle pagine di Facebook. Ma 60 euro al giorno sono 1.800 euro al mese e qui con questa cifra ci vivono 3 mesi. E infatti, le file al bancomat non ci sono o, quando ci sono, sono di 3 o 4 persone, calme, tranquille, sorridenti e cortesi tanto che un signore anziano davanti a me mi fa segno di passare avanti. Ovviamente non lo faccio, ma è un segnale, segnale che il panico di esaurimento da contanti non c'è, oppure segnale di altruismo, chissà...
Il 6 luglio, così come comunicato da Tsipras, le banche riaprono i battenti. E allora sì, lì c'è un po' di fila. Sono a Limnos - Sporadi orientali, quasi Turchia - davanti all'Alpha Bank c'è una fila composta di una decina di persone, più o meno quelle che ci sono da noi all'apertura delle filiali ogni giorno, un millesimo di quelle che si accalcano fuori dagli Apple Store all'uscita del nuovo iPhone.
Una differenza con noi c'è. Anzi 2. Nessuno si lamenta e la Banca ha messo un tavolino con un paio di bottiglie d'acqua minerale e un vassoio di loukoumades, per allietare quei 15 minuti di chi attende il suo turno in strada.
I market di verdura e frutta fresca traboccano di merce, i supermercati sono stracolmi, nelle grandi catene AB o Carrefour trovi un trionfo di merce che al confronto i nostri supermercati impallidiscono. Prodotti greci, italiani, francesi e persino tedeschi. Qui vendono, quindi consegnano. 
I traghetti arrivano come sempre, in continuazione, siamo in alta stagione e le corse, a Skopelos, sono frequenti. I ristoranti lavorano, i turisti stanno bene. Ne vedo meno del solito, ma non posso fare una statistica, l'affluenza è una sensazione che cambia ogni giorno.
Ed ecco che ripartono i catastrofisti.... "Ma tu sei nelle isole, le isole sono ricche, ben diversa la situazione in città". Verissimo, la crisi nelle isole e nelle località di mare arriva attutita in Grecia come in Italia. Però le isole non sono ricche, c'è solo meno divario tra ricchezza e povertà ed è quello il problema del mondo moderno. Qui vivono semplicemente con poco, se lo fanno bastare, non cercano di più.
E allora, andiamo a vedere che succede ad Atene dove sono passata 15 giorni prima e la vita scorreva come sempre, ma era prima del rifiuto di Tsipras, prima della scadenza della rata del debito greco. Mi aiuta il mio amico Roberto, anche lui per mare per metà della sua vita, che sceglie di fermarsi a Atene nei giorni del NO per fare una cronaca obiettiva dei fatti. E la sua cronaca corrisponde alla mia quassù. Atene, come le isole, è come sempre. 
Mi aiuta mia cugina Monica che mi manda notizie, foto e video di Atene fatte dal suo compagno Andreas, greco di Atene. In quelle immagini "la guerra civile" raccontata dai giornali italiani è una festa di piazza, allegra e orgogliosa, cantata molto più che urlata.
E adesso, apparentemente, mi contraddirò: la Grecia è in uno stato di emergenza umanitaria, la povertà qui è vera povertà che non si misura con la 3a macchina in famiglia cui si deve rinunciare o con le vacanze che saltano ma con i pasti che in certi casi non sono più due al giorno e con le medicine che il servizio sanitario non è più in grado di passare gratuitamente.
Ma non è cosa di oggi e non è figlia del No di Tsipras, è una realtà ormai storica. Dove eravate direttori dei giornali negli ultimi anni? Dove eravate statisti da social network? 
La Grecia è povera e non è in grado di pagare quel debito. E la povertà della Grecia è anche il motivo per cui la vogliono in Europa, perché non ci sono ricchi se non ci sono poveri su cui speculare, la povertà della Grecia è la ricchezza degli altri. 
Ed è per questo che il No, secco, deciso, coraggioso ha seminato il panico nel mondo. Ed è per questo che ho fatto il tifo per il No.
Bene, è tutto come sempre, come negli ultimi 5 anni: difficile per loro, un paradiso per i turisti. 
C'è solo una differenza: La Grecia ha detto No, con il coraggio di chi ne ha viste tante, con la disperazione di chi non può che dire No ai continui soprusi che sta subendo. Ha detto No ma senza clamore, quasi con indifferenza. Se non avessi letto i giornali, se non avessi avuto internet, non mi sarei accorta di  nulla.
"Noi siamo forti di Storia, non abbiamo paura" mi dice una ragazza che gestisce l'autonoleggio a Limnos. Poi, con ingenuità, aggiunge "Peccato che questi fatti però siano accaduti in alta stagione, la gente si spaventa e rischiamo che cali il turismo. Siamo stati sfortunati"
Sfortunati un cavolo, era tutto pensato. Immagino i tavoli importanti, immagino la controffensiva mediatica studiata, organizzata, progettata. Colpire la Grecia nel turismo, spaventare la popolazione, invitare a votare per il Sì e a destituire un governo così scomodo per l'Europa. 
Immagino i direttori dei giornali, correggere e enfatizzare i pezzi che hanno commissionato ai loro giornalisti a progetto. Non importa se non sono credibili, diciamo che manca il pesce, che le compagnie aeree annullano i voli, tanto prima che qualcuno ci smentisca la notizia avrà fatto audience.
L'uomo moderno ha bisogno di catastrofi, non siamo figli della tragedia greca ma della sceneggiata napoletana. 
A guardare il sito Meteo.it si può pensare che un giorno sì e uno no è in arrivo la fine del mondo. Ecco che semplici perturbazioni prendono il nome epico di flagelli. Perché? Perchè con il disastro si fa audience, e si vende più pubblicità. E noi lì, sciocchi e impotenti, a comprare, a amplificare, a fare eco. Per di più gratuitamente.
Un amico mi ha accusato di ottimismo, mi ha paragonato a quello che cadendo dal 80° piano di un grattacielo, ad ogni piano dice "fin qui tutto bene". Ha ragione, sono io. Qualcuno però disse "l'ottimista e il pessimista sono due imbecilli, la differenza è che il primo è un imbecille felice".
E allora mi sta bene così.
Questo cartello che vedete nella foto in testa a questo pezzo mi ha fatto prima sorridere e poi mi ha lasciato l'amaro in bocca. 
Ci troviamo nel sito archeologico di Poliochni a Limnos, dove si vede ancora la struttura di quella che fu la prima organizzazione cittadina d'Europa (e del mondo, ovviamente). Parliamo di roba fatta 6.000 anni fa, c'erano sale consiliari e magazzini per la custodia del grano e una canalina per la raccolta dell'acqua piovana. 6.000 anni fa... Vogliamo insegnare a questo popolo l'economia e il commercio? Vogliamo insegnare loro a organizzarsi? Non siamo ridicoli, leggiamo la Storia, questo non è che un piccolo, insignificante, segmento di essa.
Ancoriamo la barca sotto il sito, in un dedalo di scoglietti e dopo esserci sincerati del buon ancoraggio, saliamo a piedi un viottolo di una ventina di metri. Nessun biglietto d'ingresso nonostante ci sia un custode e una piccola saletta museale con la descrizione essenziale ma precisa degli scavi. Il custode si avvicina e mi chiede se parlo greco "Ellenikà?", "Uhm no, English?". Mi indica la barca e dice "Ship" però non ne sa altre e allora "Vrack, skafòs". Ci sono gli scogli, attenzione, mi avverte.
Questa è la Grecia, tutto il resto sono balle.
Ma dicevo del cartello. Non può che far sorridere un cartello con scritto "Vietato prendere qualsiasi cosa", il sito è accessibile facilmente anche in orari di chiusura e devono avergli imposto di scrivere quel cartello. Me li immagino a pensare a cosa vietare di portar via. Sassi? reperti? terra? Il termine giusto non lo hanno trovato ed ecco che la via più semplice per chi non è abituato a vietare è "qualunque cosa".
"Vietato prendere qualsiasi cosa", peccato lo abbiate detto in ritardo, amici miei. Dopo che quelli che oggi sono i vostri partner hanno saccheggiato a man bassa nel vostro Paese, per secoli, per millenni. Fatevi ridare la Nike di Samotracia, la Venere di Milo, i Bronzi di Riace....... C'è un giornalista volenteroso pronto a fare un elenco di ciò che manca alla Grecia perché se lo sono portati via?

La Grecia non è povera, è ricchissima, solo che la sua ricchezza ce la siamo rubata noialtri.