mercoledì 28 settembre 2016

a Poliegos, a litigare col Meltemi.

Vento bastardo, io con te non ci parlo più.
Quest'anno volevo un settembre settembre. Con te che fai le valigie e vai a dormire, che con un ultimo assolo esaltato fai l'uscita di scena trionfale dicendomi "ti ripiglio, tanto ti ripiglio" e dandomi appuntamento al prossimo anno.
Quest'anno, dopo una rotta difficile, volevo un settembre di calma. Oddio, lo voglio sempre un settembre di calma ma quest'anno lo volevo di più. E sai che c'è? Me lo meritavo! 
Ma tu la meritocrazia non sai che è, te ne freghi tu del curriculum vitae et stagionis. Volevo quel mare a specchio e quella terra che si trattiene il calore addosso, quell'aria immobile e quelle giornate miti con il cielo ritagliato nel cartone e quelle nuvole basse a ricordarti che comunque è settembre, non luglio, ma a ricordartelo in modo materno, gentile. 
Volevo l'acqua calda del mare di settembre che ha accumulato il sole nei mesi estivi e lo rilascia lentamente con la delicatezza di una musica lieve. Volevo l'aria frizzantina, sì, quella che ti fa dire "certo si sente che è settembre", non l'aria artica che chissà dove hai preso e mi stai portando a casa. 
Volevo lasciare l'Egeo con rimpianto, come sempre, non tentare vanamente di fuggirne via. 
E ora siamo così, io qui, tu dall'altra parte del monte, senza guardarci in faccia, senza parlarci. E aspettiamo. O meglio, io aspetto, tu non lo so che fai.
Stiamo litigati, Meltemi.
L'anno prossimo mica lo so se ti saluto quando arrivo. Anzi facciamo una cosa, non salutarmi neanche tu. E comunque, se proprio devi dirmi qualcosa, dimmela alle spalle.

sabato 24 settembre 2016

Orizzonti a Paros.

"Lo vedi l'orizzonte?" Ha detto una volta un amico mio.
E mentre lo diceva ha indicato con la mano l'azzurro del mare che si stagliava lontano mischiandosi col cielo.
"Lo vedo, e allora?"
"E allora, a guardarlo da qua, pare che là in fondo ci sta la fine di ogni cosa. Però poi, quando ci arrivi, ti accorgi che non era la fine ma solo l'inizio di un altro orizzonte."
"E vabbuò" ho detto io "ma questo è un fatto che lo sanno tutti".
"Sissignore, 'o ssanno tutti, ma poi nisciuno s' 'o ricorda".


(Andrej Longo)

giovedì 22 settembre 2016

Shelter, rifugio.

Ormos Panormos, Naxos.
Quando il meteo ti avvisa in anticipo di una botta di vento significativa, ti metti lì, carta e memoria alla mano a sceglierti un rifugio. Un luogo dove far passare la sfuriata, che tanto poi sarà meno cattiva e ti muoverai comunque, ma quando lo scegli ti immagini lì per diverse giornate, perché enfatizzi le previsioni, di solito già enfatizzate di loro. 
E allora ci sono rifugi e rifugi. 
I rifugi classici, quelli frequentati, citati dal portolano, chissà perché visti come una garanzia, quelli a portata di civiltà, con paesino-taverna-bar-minimarket a portata di tender si sa mai nel frattempo scoppiasse la guerra. 
Poi ci sono i porti che per me sono l'antitesi del rifugio, luoghi dove fare sosta quando il tempo è stabile e il vento in collusione col cielo non promette sorprese. Perché è vero che puoi ormeggiare in anticipo, dar fondo bene con l'ancora, controllarla, aggiungerne una seconda più corta se serve, controllarne la tenuta e garantirti una buona presa anche col vento al traverso di 30 nodi e passa. Ma è altrettanto vero che non hai la patria potestà su quello che deciderà di ormeggiarsi accanto a te quando le condizioni son diventate cattive, che sopravvaluterà la sua capacità di manovra e sottovaluterà la forza del vento al traverso.
Altro che rifugi, quando il meteo è cattivo, il porto può diventare una trappola e chi vive per mare sa che non è il mare il nemico ma la terra.
E poi ci sono i miei rifugi, quelli dove è più probabile non vada nessuno. Il portolano di solito non li cita o li descrive come "buon riparo dal vento dominante ma ambiente desolato e nessun servizio a terra."
Ed eccomi qui. Noi, qualche pescatore, 3 papere, una chiesetta e un bar stagionale ormai stanco.
E se scoppia la guerra, pazienza. Forse qui non me ne accorgo neppure.

mercoledì 21 settembre 2016

I giorni buoni.

Quando la stagione volge al termine, l'Egeo ti regala qualche giorno buono. Pochi, contati, sparpagliati tra un canto del cigno del meltemi e una perturbazione autunnale. 
Vento a favore o non vento, sono i giorni in cui navighi e fai miglia su miglia. Se poi la tua rotta non è solo ovest ma anche guadagnare gradi verso nord, allora sei quasi felice di sperperare un po' del tuo gasolio senza avere vento contrario. 
Si, qui si naviga anche a motore. E persino senza provare vergogna alcuna. Ho sentito naviganti ripromettersi di non fare rifornimento per l'intera stagione, o vantarsi di un motore superfluo a bordo della loro barca. 
Il mio invece è ausiliario, quando serve si accende. E aiuta. Gli voglio bene come a un fratello, mi ha salvato più volte. 
D'altra parte, nei giorni in cui sono generosa con me stessa, non penso mai a me come a una velista ma come a una marinaia. 
I giorni buoni come quello di oggi, ti regalano una navigazione diversa, rilassata e piacevole, mentre il dissalatore lavora e tu usi un po' di quell'acqua prodotta per lavare la barca. Una speciale limpidezza, tipicamente settembrina ci ha regalato tante isole da traguardare oggi. Da Astipalea, da cui siamo partiti, ho potuto distinguere Anafi, Santorini, Ios, Amorgos, Iraklia, Skinousa,Naxos, Levitha, Kinaros, Donoussa, Keros e Antikeros, kato e pano Koufonissi, scivolando accanto ad alcune di loro e per ognuna di loro ricordando qualcosa dei precedenti passaggi. 
Oggi ho consumato tanto Egeo e ho rimpianto, come sempre, ogni miglio lasciato alle spalle. 
Ma dopo ogni giorno buono, c'è un treno di giorni cattivi, quelli in cui il vento ti ferma ed è tuo complice nel rallentare di nuovo. 
Alla fine, ti dice sempre bene, basta volerla vedere così.

lunedì 19 settembre 2016

Il viaggio dei ritorni.

La novità di quest'anno è quella di toccare più volte le stesse isole. Vederle così, a distanza di tempo, iniziare a rilassarsi nel ritmo sonnolento del calo di stagione. E, allo stesso tempo, percepire nella stessa location la differenza dell'atmosfera. 
A distanza di un mese, Astipalea è più ferma, più autentica, più silenziosa. 
Chi arriva in porto si ferma, il rumore dei verricelli che calano l'ancora è molto più sporadico di prima. Niente più barche charter, in rada nessuno. Sulle barche nessun gruppo, solo coppie o solitari. Gentilezze e cordialità tra compagni di banchina.
L'isola nel frattempo si prepara all'inverno, di domenica i negozi restano chiusi dopo 3 mesi di lavoro 7 giorni su 7. 
Le vecchie tornano fuori dalle case a filare la lana, i bambini non si vedono, forse sono già a scuola. E a me torna la voglia di un viaggio diverso, nella Grecia d'inverno delle piccole isole. Un viaggio via mare ma da fare in traghetto, con gli acrobatici ormeggi di quegli eroi di cui non si parla che sono i comandanti greci. Un viaggio alla ricerca della vera anima di questo arcipelago che forse è meno sorridente di quello a cui sono abituata ma, ne sono certa, altrettanto accogliente. 
Un qualcosa su cui mi verrà voglia di scriverci su.

sabato 17 settembre 2016

L'ospite tanto atteso.

A lei non piace farsi fotografare, proprio come non piace a me.
Ha un sorriso grande come l'orizzonte e gli occhi belli, liquidi, pieni di sincerità. È mia nipote, Lisa, 23 anni, una laurea in architettura e una specializzazione da fare. Ha visto più mondo di quanto io ne vedrò mai ed è venuta con noi per una decina di giorni, con il suo zaino in spalla e quell'aspetto da bambina che ti fa credere impossibile possa muoversi così, da sola, senza essere affidata alla tutela di qualcuno.
Ho visto il mio mare coi suoi occhi e gli ho detto grazie di essere così magnifico. Ho visto i miei luoghi del cuore ritrovando attraverso lei lo stupore che avevo 6 anni fa e che oggi non ho più.
Alla bellezza si fa l'abitudine, è una gran triste verità. Ho toccato con mano la gioia, la meraviglia, l'incontro con la natura attraverso Lisa e il suo vivere la Grecia. L'ho vista parlare con la gente con la mia stessa semplicità, l'ho sentita ancora una volta, una di più, la mia stella.
Grazie, Lisa, fagottino del mio cuore.

venerdì 9 settembre 2016

Prua a ovest. (L'est era finito.)

Mentre mi rendo conto che in qualche maniera è iniziato il ritorno, dentro di me fa capolino la sensazione che, quest'anno, potrei continuare all'infinito a considerare ogni isola il giro di boa. 
Con la voglia di acciuffare l'estate per la coda sono arrivata a Kastelorizo, ultimo piccolo scampolo di terra greca in atmosfera mediorientale. E che estate: brezze termiche, cielo terso e un sole accecante che qui è dipinto per almeno 250 giorni l'anno, forse di più, sicuramente di più. Acqua del mare a 28 gradi, con le tartarughe che nuotano beate indifferenti alla nostra presenza. 
L'altra sera, nel silenzio settembrino della rada di Agios Georgios, nel pozzetto di una barca amica a vedere "Mediterraneo", avevo tanta di quella filosofia greca moderna sulla pelle da sentirmi a casa, senza più voglia di muovermi ma consapevole di quelle 1.200 miglia ancora da fare, che poi diventeranno 1.500, 2.000, chi lo sa, se non la smettiamo di fare zig zag.
A questa sensazione bella ma inquieta e confusa di un viaggio senza rotta, senza programmazione e senza soluzione di continuità, oppone una materna resistenza il creare appuntamenti. Con Paolo e Sonia a Kastelorizo, con Lisa che arriva a Rodi e si ferma dieci giorni con noi - o meglio, si muove con noi - con Alessandra e Domenico da incontrare da qualche parte in questo mese in cui la Grecia è per pochi. Socialità che restituisce normalità e in qualche modo regala quiete, uno scambio di brevi parole e sussurrate risate prima del lungo e solitario viaggio di ritorno. 
Avevo detto che era già cominciato il ritorno? L'ho detto tante volte e chissà quante altre ancora. 
Intanto si viaggia, si naviga, si vive.