sabato 3 agosto 2013

Tinos. Nel centro del vortice.

costa sud di Tinos - 50 nodi
La barca è un oggetto pericoloso, lo sappiamo. Nella mia personale versione di questo assunto, essa è particolarmente pericolosa quando è inerte, ormeggiata a terra, in assenza di vento. Perché la verità è che non è la barca a essere pericolosa in queste condizioni, ma io. 
A Psarà compio così, attraverso il banale gesto di scendere dalla barca ormeggiata all'inglese, un'acrobazia molto coreografica che, alle 7 di mattina può purtroppo apprezzare solo Giovanni. 
A scanso di equivoci, un gesto spontaneo e assolutamente non desiderato.
Il pellicano "residente" nel porto di Tinos
Un piede scivola e finisco con una gamba tra il molo e la murata. Istintivamente, utilizzo l'altra gamba per artigliarmi saldamente alla draglia con l'energia di un trapezista che compie evoluzioni nel vuoto. Mossa intelligente: evito così di caracollare di testa sul molo e resto appesa con tutti i miei 53 chili di peso su un unico punto di appoggio che è la parte posteriore del mio ginocchio destro. La controparte è la draglia, un simpatico cavo di acciaio che dal confronto con l'umano esce facilmente e decisamente vittorioso. Come tutti i traumi, anche questo dà il meglio di sé nelle 48 ore successive rispetto alla timida presentazione dell'immediato. 
La Chora e il porto di Tinos
Si salpa comunque quindi, il meteo dà condizioni peggiori per domani e il pezzo di rotta che dobbiamo fare è piuttosto impegnativo. Psarà - Tinos, 70 miglia di lasco con un vento che promette di incrementare e di incattivirsi particolarmente nelle 10 miglia finali, quando ci troveremo a passare lo stretto tra Tinos e Mikonos. La navigazione è bella, a tutta vela per il primo tratto con 15 - 20 nodi e onda di un metro. Si va veloci e si accelera sempre di più.
A metà percorso, notiamo un cargo con rotta incidente alla nostra. Questo sicuramente non ci darà la precedenza, pensiamo. Invece eccolo manovrare. 
La Guardia costiera esce per un salvataggio dal porto di Tinos
Anche lui manovra abbondantemente ma tanto abbondantemente che torna indietro sui suoi passi. Ok, è evidente che non è una mossa dovuta a noi, si sarà scordato qualcosa e torna indietro? Si ferma, riprende la direzione originale, torna di nuovo indietro. Comportamento ameno. Possibile che abbia deciso di fare i giri di bussola? Nel centro dell'Egeo con onda formata e vento in via di intensificazione? Non credo. Ci avviciniamo e si svela l'arcano: un battello con due persone a bordo, pensiamo a un soccorso. Chiamiamo per radio per sapere se possiamo contribuire in qualche modo. Ma Sagasbank, petroliera olandese, mi risponde che è solo un'esercitazione. "No problem, captain"
Una pittoresca chiesa di Kardiani con vista sulla costa sud occidentale
Il vento come promesso rinforza e prendiamo una mano, Tinos appare all'orizzonte ed è un'isola montuosa, il canale e la costa sottovento promettono di riportarci subito alla realtà dell'Egeo delle cicladi del nord in agosto. A metà del canale prendiamo una seconda mano alla randa e quando l'anemometro scende per un secondo ammainiamo il fiocco. 
Il vento è rumore. Non solo aria che soffia, ma rumore, acuto e sordo insieme. Eccoli i 40 nodi, buttiamo l'ancora nella prima cala a sud dell'isola e restiamo lì la notte strattonati e brandeggiati. L'ancora non molla di un centimetro, la barca si muove sotto raffiche come fosse in navigazione, non si riesce a dormire molto ma siamo al sicuro.
P'acá y p'allá in porto a Tinos
La mattina dopo, andiamo in porto. Sottovento non c'è onda ma l'aria per buoni 30 cm sopra il livello del mare è pulviscolo d'acqua. C'è un solo posto disponibile e il porto è sicurissimo, la manovra con vento di poppa, vale a dire facile e l'ormeggio sicuro.  Fissiamo cime in banchina, sentiamo che l'ancora tiene e ci sentiamo a casa. Il vento intensifica fino a 50 nodi, bel posto dove aspettare i tuoi ospiti! Agosto vuol dire" le vacanze degli altri" e quest'anno Paquita riceve. Prima Alessandra e Giacomo, poi Federico e Maria Paola. Sarà un mese in cui si scriverà poco e si parlerà di più (ancora di più?? si, ne sono capace). Sarà un mese di vento impetuoso nel pezzo di mare più impetuoso. Un po' una cattiveria da fare agli ospiti, quella di farli venire qui (i primi a Tinos, i secondi a Paros) nel centro della lavatrice egea, un modo per fargli passare la voglia di mare. 
Ma a tutti e 4 i nostri ospiti la voglia di mare non passerà, forse la voglia di incontrarmi sì, considerato il mio essere discretamente insopportabile dopo una frequentazione superiore alle 12 ore consecutive. Ebbene sì, è così, non ve ne siete accorti perché sto molto attenta a sparire come Cenerentola entro 11 ore dal ciao iniziale, ma tanto, cari Alessandra, Giacomo, Federico, Maria Paola, quando leggerete sarà troppo tardi e non potrete sbarcare facilmente. Giovanni, come sempre, compenserà con il suo buon carattere e tutto sommato sarà una bella vacanza, nonostante me. 
Potrei fare a fine mese una bella autovalutazione per confessare le mie lacune, descrivervi le pazienti alzate di occhi al cielo dei miei ospiti e vedere se, chissà, magari sono migliorata. Ma non prometto nulla, se l'autovalutazione darà esito troppo basso, glisserò elegantemente sulla questione. Quel che è certo è che non farò compilare un questionario sul gradimento ai miei ospiti. I miei amici sono sinceri e educati, ma più sinceri che educati. Decisamente troppo rischioso.
Molo Traghetti
Tornando a Tinos. Sembra che in questa isola, sul monte Tsiknias, avesse la residenza Eolo, il dio dei venti. L'anemometro che segna 49,8 nodi di raffica massima pare confermarlo in pieno. Conquistato il nostro posto in porto con 2 giorni di anticipo rispetto all'arrivo di Ale e Giacomo ci lasciamo convincere dal mito complice con la cronaca meteorologica attuale a non mollarlo per nulla al mondo. 
Grandi pulizie a bordo di Paquita, un po' di rifornimento cambusa, nafta e siamo pronti a ricevere. 
La mia gamba non reagisce bene all'acrobazia e vado al pronto soccorso locale. Completamente vuoto, in una stanza 5 tra medici e infermieri giocano a carte. Mi visitano con la ormai nota "delicatezza" ellenica (che già Giovanni aveva sperimentato con il farmacista di Agia Galini a Creta), mi rimproverano e mi puniscono con una settimana di antibiotici in dose bomba. Non mi ribello, perché l'ultima volta che l'ho fatto sono stata capace di provocarmi una infezione che è durata 3 mesi. 
Cave di marmo verde a Marlas
Prendiamo una macchina e ce ne andiamo alla scoperta di Tinos in lungo e in largo.
Avevamo sottovalutato questa isola e, in effetti, non l'ho mai sentita citare da alcuno. Seppure è vero che la navigazione estiva da queste parti è complessa e violenta, sono molto felice di essere arrivata qui.
L'essere speciale di Tinos si respira fin dal porto:  è uno di quei pochi casi in cui il villaggio di scalo coincide con la Chora che di solito, invece, domina alta sulla montagna. 
Il santuaria della Vergine Evanghelistria
A Tinos si mescolano sapientemente insieme il carattere allegro del turismo  con quello ascetico della religione. Proprio davanti a P'acá y p'alla, in cima a una lunga strada in salita, si erge il grande Santuario della Vergine Maria Evangelistria, eretto dopo il ritrovamento nel 1823 di un'icona raffigurante l'Annunciazione. La vergine era anche definita "Megalochari", ovvero colei che concede grazie e per il suo santuario Tinos è meta di pellegrinaggio piuttosto rinomata. 
Fedeli e turisti al Santuario
Al lato della strada, una guida in moquette rende più facile il percorso, rigorosamente compiuto a quattro zampe dai pellegrini. Lungo la via, negozi di souvenir religiosi e di icone "per grazia ricevuta" raffiguranti una gamba, un braccio, una testa e così via. La mia medicazione al ginocchio trova un senso a Tinos. Mi guardano e immaginano ci sia una correlazione tra la ferita e la mia presenza sul luogo. Il fatto che giri in shorts e che mi guardi bene dal percorrere a quattro zampe la via crucis probabilmente contribuisce a chiarire l'equivoco. 
La chora di Tinos, grazie alla sua collocazione sul porto, è più vivace delle altre. Il mix di atmosfera vacanziera e mistica le conferisce un vestito tutto particolare. C'è una confusione gradevole che sa di luogo dove diverse anime configgono e si integrano alla perfezione.
Siamo accolti bene a Tinos, nonostante ci sia stato in passato un grave incidente che dovrebbe consigliare agli italiani di stare rispettosamente alla larga. il 15 agosto 1940 ci fu l'evento, tuttora non chiaro, che segnò il primo scontro tra l'Italia di Mussolini e la Grecia. E noi, ovviamente, non avevamo ragione. Un sommergibile italiano non identificato affondò l'incrociatore greco Heli in occasione delle feste dell'Assunzione. Altri due missili colpirono il molo del porto e provocarono 1 morto e 29 feriti.
Fu una sorta di preavvertimento dell'ultimatum che Mussolini, spalleggiato dal suo amichetto col baffo, avrebbe dato pochi mesi dopo a Metaxa pretendendo una resa. I Greci che già allora e dalla notte dei tempi sapevano fare scelte di campo migliori degli italiani, respinsero con forza l'ultimatum e scelsero di combattere a fianco degli alleati. 
Questa è storia nota - e mi perdonerete gli strafalcioni che posso aver compiuto - mentre apprendo dell'incidente (chiamiamolo incidente, ci conviene) solo dopo un paio di giorni dal nostro arrivo a Tinos. 
Una delle tantissime colombaie
Ringrazio la bandiera francese che sventola a poppa di P'acá y p'allá e mi spiego facilmente le cure sicuramente efficaci ma per nulla delicate ricevute dalla dottoressa del Pronto Soccorso. 
Ci accolgono bene ma qui "Italiani - Greci una faccia, una razza" non me lo dicono. Vagli a dar torto...
Una bella particolarità di quest'isola è che è una delle poche che non è stata toccata negli anni 50 e 60 dalla distruzione dei terremoti. Girando per l'isola, un paesaggio di colline e montagne svela una serie di villaggi tradizionali intatti, ognuno è un piccolo gioiello di architettura e di quiete. Come ti allontani dal porto infatti, l'isola si svuota. Motivo ricorrente nella preziosità architettonica di Tinos sono le colombaie, alcune in rovina, alcune restaurate, altre ancora ristrutturate a abitazione. 

Pyrgos
Belli i paesini di Pyrgos, Volax, Kardiani, Tarambados, Loutra. Ce li vediamo tutti, in un correre contro il tempo che passa e che ora dopo ora ruba via la luce del giorno, mai come oggi preziosa. A Pyrgos, visitiamo la casa museo dello Yannoulis Halepas. Essenziale l'atmosfera che circondava l'artista in una casa di pavimenti di ardesia e muri in gesso bianco. L'addetta al museo ci spiega che qui Yannoulis visse nel 1° e nel 3° periodo della sua vita.  Una depressione importante  lo portò a vivere 14 anni nell'ospedale di Corfù, venne poi riportato a casa dalla madre che, convinta fosse l'arte il motivo del suo malessere, da allora e fino alla fine dei suoi giorni provvedette a distruggere ogni nuova opera. Morta la madre, lo scultore riprese a scolpire con una produzione estremamente prolifica e, si narra, non ebbe più problemi di depressione. 
Casa Museo di Yannoulis Halepas a Pyrgos
Non era l'arte che doveva mettere da parte, bastava accoppare la mamma. Saliamo in macchina e una signora anziana ci chiede un passaggio a Ormos Panormou dove stiamo andando. Provo di nuovo la meraviglia del dialogo post Babele. Sono le conversazioni migliori. Spiridopoula (così si chiama) non parla una parola che non sia greco ma riusciamo con gli occhi e i gesti a comprenderci e colmiamo il silenzio sgranocchiando biscotti che lei uno dopo l'altro snocciola sulla mia mano non volendo sentire complimenti. 
Ormos Panormos costa Nord Occidentale
"Né, né, oréa" dice Spiridopoula, son buoni. Ci indica una bella spiaggia, rinuncio a spiegarle che non cerchiamo il mare oggi, quello non ci manca. Arrivati a destinazione, ci saluta con la mano e un "efharisto polì" (grazie mille) e in qualche modo ci perdona le colpe dei nostri padri (così almeno mi piace pensare).

10 commenti:

  1. Appena attraccato al Marina dopo una bella e tranquilla veleggiata con miseri 15 nodi, accendo il tablet per avere notizie.... e noooooo! l'incidente no! non ci voleva! Mi dispiace ma leggendo il resto capisco e spero che sia meno grave di quel che poteva essere!
    Sapevo di Tinos come la centrifuga dell'Egeo e mi pare che la conferma sia arrivata :) per il resto, cara Francesca, il tuo scrivere non ha più commenti che non siano troppo banali per esaltarlo, almeno per quelle che sono le mie capacità (aspetto il commento del maestro Silverio) e l'accoppiata con le foto di Giovanni poi finisce e completa l'opera.
    Grazie per questo diario che ci regali.
    B.V.

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    1. Fernando, come al solito grazie a voi che leggete. E che siete pazienti quando, come ora, non scrivo. Vi immagino tutti in vacanza e mi distraggo dal mio compito :-)

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    2. Buon Ferragosto a Te, Giovanni ed ai vostri ospiti :-)
      B.V.

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  2. Mio Dio che spavento !
    La prima foto cupissima del mare appiattito dal vento, naturalmente...
    In quanto a te mi dispiace che ti sei fatta male, ma effettivamente poteva essere peggio, sei stata atleticissima e pronta di spirito, come non dubito che tu sia! Brava e occhio a non perdere mai il controllo di se stessi !
    Un forte abbraccio e buon vento
    Vicky

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    1. Vicky, per fortuna l'incidente non è stato immortalato. Avresti potuto ricrederti su quel "atleticissima" e preferisco la tua versione affettuosa dei fatti ;-) Buon vento a te e buona Milos che è spettacolare.

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  3. Cara Francesca ti leggo ormai da molto e come Catullo odi et amo per il coraggio che entrambi avete avuto nelle scelte e che io non ho ma vorrei tanto...
    BV

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    1. Caro Prometeus, benvenuto nel mio piccolo blog e grazie di seguirci! Più incoscienza che coraggio. Il vero coraggio, secondo me è quello di restare. La mia ammirazione a tutti voi che lottate.

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  4. I nostri padri(anche se non tutti, ma questo non conta) vilmente aggredirono la Grecia e le loro colpe(tutte) non sono da noi dimenticate. Ma un piccolo risarcimento ci fu. Alla fine della guerra un intatto incrociatore superstite della marina italiana andò a sostituire l'Heli, proditoriamente affondato dal nero siluro tricolore. In conto danni bellici, ci si accordò, ed il rinato Heli divenne l'ammiraglia della flotta ellenica. Ma un singolare destino l'aspettava da lì a qualche anno. Con l'avvento dei colonelli e del loro autoritario regime, la repressione militare, dei sempre più numerosi dissidenti, divenne cosa complessa: le carceri erano colme e gli stadi sconvenientemente aperti agli occhi critici della stampa(erano altri tempi) e dell'opinione pubblica internazionale(erano altri tempi, dicevo). Si pensò allora ad una nave grande, silenziata, appartata e così l'Heli terminò la sua carriera diventanto galera galleggiante per quelli che non si rassegnavano alla ingiustizia ed alla dittatura. Da simbolo del riscatto a simbolo dell'oppressione. In ogni caso, sempre, una faccia, una razza.
    Silverio

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    1. Grazie Silverio! Sapevo del riscatto ma non del seguito. In ogni caso, sempre, ci amano. Glielo leggi negli occhi, un guizzo di gioia appena capiscono che sei italiano. Un giorno riuscirò a capire il perché.... Buon vento a te Silverio!

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  5. i miei + sinceri complimenti per il capitano di come sa condurre e portare Pacaypalla con 50 kn, ancorare e tenere e i miei + sinceri complimenti per te Francesca per come sai trasmettere le emozioni dei luoghi che visitate, probabilmente la spinta viene dal fatto che siete in Grecia, nn credo che altro paese mediterraneo possa fare tutto ciò
    Bv
    Pietro

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