Si ha sempre un'isola nel cuore mentre si viaggia di isola in isola.
Qualcosa che ti dia il contrario di ciò in cui hai ecceduto, ma anche un luogo che garantisca le tue esigenze persino quando la zona e il periodo dovrebbero ostacolarle.
Quest'anno il dodecaneso mi spaventava più del solito. Due mesi e mezzo nel remoto più assoluto, con solo il mare intorno e pochi contatti con gli esseri umani, esclusivamente del luogo, mi facevano vivere con terrore l'approdo agostano in un arcipelago "civilizzato", paradiso del charter ormai da anni, quotidianamente saccheggiato da invasioni turche.
Tilos speravo fosse la risposta e ne ho avuto conferma.
Non capisco perché ma il mare ha sempre le sue zone franche, luoghi dove non va nessuno o dove chi passa lo fa solo velocemente, senza fermarsi, senza indugiare.
Tilos è anche quest'anno, dimenticata dai più. I pochi che si fermano vanno alla rada del porto, scendono a terra per una cena in taverna e poi via, veloci verso Simi o verso Rodi e le sue isolette satellite. Tutta la costa occidentale è ignorata, fa perdere tempo, è esposta al mare e c'è rischio di risacca. Il mio rifugio ideale. Qui non è agosto, è ancora la mia stagione.
Garantito il bisogno di silenzio e solitudine che è ormai una necessità congenita, Tilos ci viene incontro anche per contrasto. Venti leggeri anche quando il meltemi urla, ancoraggi sicuri e riposanti, facilità di scendere a terra e fare provviste.
A Tilos il mio navigare fino a ieri impegnativo, emozionante e a tratti inquietante, diventa villeggiatura galleggiante. Un posto dove aspettare che l'Egeo "sferragosti" e pianificare, in modo rigorosamente approssimativo, la nuova stagione del viaggio.
Nessun commento:
Posta un commento