Il viaggio di P'acá y p'allá ~ Maggio-Novembre 2011 |
E così, dopo 6 mesi per mare, oltre 4.000 miglia percorse, 54 isole greche visitate, 7 regioni italiane, 2 paesi stranieri, siamo arrivati. O meglio, siamo tornati.
A fare che? Questa domanda suona nella mia testa e so che continuerà a echeggiare imperterrita nei giorni a venire. Siamo tornati. Talmente tornati, che siamo a Roma da due giorni e non si vede che terra a perdita d’occhio. Abbiamo atteso religiosamente la caduta del governo per mettere piede in città e rendere omaggio a qualcosa di nuovo che sa di migliore. Questo è consolante, rende meno duro il rientro. Comunque, domani torniamo in banchina, ancora in porto, ancora a dormire sul mare, contiamo i minuti.
Amici e parenti chiedono “ma non avevate voglia di tornare a dormire su un vero letto?” Strana domanda, il nostro letto su P’acá y p’allá è assai più comodo e confortevole di quello di casa, la doccia funziona meglio ed è anche più spaziosa, il riscaldamento costa meno ed è molto più efficiente.
Io farò resistenza, voglio restare il più possibile a 150 chilometri dal luogo di residenza, 150 chilometri dalla cosiddetta routine. Quale routine poi? Non la mia, io di routine non ne ho al momento, bisognerà che me ne inventi una. Giovanni è già al telefono, cercando di districarsi tra due servizi fotografici per incastrarli nei giorni e farli entrambi, io medito di far finta per un po’ di accettare la città, fare due o tre cose necessarie che hanno tutte a che fare con segni rossi sul mio estratto conto che ormai sembra un campo di battaglia, e poi tornare da P'acá y p'allá a far finta che non è successo niente. Ci sono un sacco di cose da fare: pulizie, riparazioni, cuciture, sostituzioni, lavori per mettere il bimini con i pannelli solari, il generatore eolico. Due belle vele nuove da pensare e quando ci sono i soldi da ordinare.
I prossimi giorni saranno giorni di elenchi, odio gli elenchi ma una volta scritti ti danno sicurezza e una spinta in avanti. E, personalmente, mi aiutano a prendere tempo prima di affrontare quel tema che è lì, sottotraccia, e suona come un monito inevitabile: DEVI TROVARE LAVORO. Io? Sì tu, compi 45 anni, non 65, alla tua età si lavora. Soprattutto quando hai una barca da mantenere.
Adesso, non è che non abbia voglia di lavorare, mi è sempre piaciuto molto. Quello di cui non ho voglia è lo scontrarmi con il fatto che il lavoro non si trova. E anche il confrontarmi con un mondo in cui, quando ti dicono che sei aggressivo, ti stanno facendo un complimento e, quando invece vogliono smontarti, ti dicono che sei troppo buono. Troppo buono... esiste un troppo buono? Poco prima di partire, mi sono sentita accusare di essere “troppo poco commerciale”, verissimo, ma non mi ero mai resa conto che fosse un difetto. Vediamo, potrei scrivere un annuncio “Ex manager, decisamente poco commerciale, amante del mare e dei tempi lunghi del pensare cerca nuovo lavoro in pubblicità pur essendo convinta che la pubblicità non serva a vendere i prodotti”. Potrei anche farlo, tanto credo che gli annunci di ricerca lavoro, oggi, passino abbastanza inosservati.
Lavoro fisso non se ne parla, proviamo con la libera professione. Mi immagino a parlare con i manager che cercherò di incontrare per convincerli ad affidarmi qualche consulenza. Dirò loro quello che penso? Ovvero che, secondo me, il problema del nostro settore è nato quando si è deciso che la pubblicità serve a vendere i prodotti? Che è un errore? Che è quello che ha fatto morire la creatività e di conseguenza l'immagine delle aziende? Perché è quello che penso. Ma sì, che il marketing faccia il marketing e le sue promozioni con i suoi messaggi semplici, diretti e per nulla creativi, che quando hai un prodotto valido è meglio che lo dici chiaro e tondo e non ci giri intorno. E che la pubblicità, invece, faccia la pubblicità, costruisca un’immagine e un valore intorno al marchio, nel tempo e con coerenza, con coraggio e con pazienza, senza star lì con gli occhi fissi sui volumi di vendita, che non c’entra niente. Un’idea che sia un’idea non potrà mai sopravvivere allo scempio delle indagini quali-quantitative, l’originalità non mette d’accordo le masse, qualcosa di davvero creativo non può uscire indenne da un focus group con 8 frustrati eletti a giudici per un giorno e guidati da uno psicologo altrettanto frustrato perché, invece di guarire le menti, sta lì a emettere sentenze sull’efficacia di uno slogan...
Ma torniamo al mare che chi passa di qua non lo fa certo per gli stacchi pubblicitari.
L’Egeo è una terra eletta, potremo andarci ancora 10 volte e non avremo visto tutto. E anche allora, non sarà mai abbastanza perché sono isole che non ti accontenti di toccare una volta, hai bisogno di considerarle casa, tutte quante. Difficile stilare una classifica del bello, ogni luogo che abbiamo visto ha un suo ottimo motivo per essere stato nel nostro viaggio, ogni persona che abbiamo incontrato è diventata, in qualche modo, di famiglia. Abbiamo amato la Grecia molto più della Turchia, l’abbiamo sentita più vicina a noi, alla nostra idea di mare, al nostro cercare un altrove. Detto questo, penso ai nostri amici del Pleiades che sverneranno a Marmaris e penso che si troveranno bene, fuori stagione deve essere una meraviglia, speriamo solo si abituino alla costante compagnia del muezzin. P’acá y p’allá si è comportata davvero bene, è stata madre, sorella, amica e figlia, la miglior compagna di viaggio che potessimo desiderare. Anche noi con lei ci siamo comportati bene, abbiamo avuto cura di lei e, se qualche volta le abbiamo chiesto un po’ troppo, poi le abbiamo sempre concesso un po’ di riposo. Ora che è stanca, le stiamo dedicando ancora più attenzione e non lesiniamo in controlli e sostituzioni di tutto ciò che può farla stare meglio e più sicura. Prima di ripartire ci occuperemo del teak, forse le regaleremo una trinchetta e se potremo anche una bella lucidatura di scafo e coperta. Ogni ora lontano da lei, non vi nascondo, sembra un’ora sprecata. Le mattine in cui ti svegli, apri gli occhi e non vedi il mare ti chiedi cosa c'è che non va, perché qualcosa non va questo è certo. Questo viaggio è servito a farci capire che non era un viaggio, era la vita che volevamo. È ora, tornati in patria, che ci sentiamo in viaggio, ci guardiamo intorno, cerchiamo di adeguarci alle regole di terra, ma siamo precari. Però sappiamo che come tutti i viaggi, avrà una sua fine e allora finalmente potremo tornare a casa, ovvero per mare. Questo ci fa sentire come gli altri, solo un poco alla rovescia.
Grazie a tutti quelli che ci hanno seguito fin qui. Ci avete regalato la voglia di raccontare, ci avete supportato e accompagnato con i vostri consigli, ci avete fatto sentire in dovere di continuare a viaggiare. P’acá y p’allá va avanti, magari più lentamente e macinando poche miglia ora che è inverno, ma continuerà a veleggiare oltre che per mare, anche qui su queste pagine. Restate con noi.