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Capo Mourtzeflos, estrema punta a Nord Ovest di Limnos |
Leggenda vuole - e ormai ben sappiamo che le leggende greche hanno sempre un fondo di verità - che nell'isola di Limnos si perpetrò un efferato caso di maschicidio di massa, il cosiddetto "Crimine delle Lemnie". Fu un gesto passionale e razionale insieme: le donne di Limnos, infatti, non si limitarono a uccidere i propri mariti fedifraghi, ma eliminarono radicalmente dall'isola la razza maschile. La drastica decisione aveva un suo perché: evitare il rischio di una vendetta di genere da parte dei sopravvissuti. "Non ne rimanga neanche uno" dissero le femmine avvelenate "sia mai che il mondo si capovolga e siano gli uomini a uccidere le donne".
Se oggi da lassù le donne di Limnos seguissero l'attualità e leggessero la cronaca nera, potremmo sentirle mormorare "O tempora o mores", anche se ritengo improbabile che si esprimano in latino.
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Costa sud di Limnos |
Che avevano fatto mai quei poveri uomini? Il solito, avevano tradito. Ma, a mio modesto parere, non si poteva certo dar loro l'intera responsabilità. Essi erano, in realtà, semplici pedine di una guerra tra donne. O meglio tra donne e la dea delle dee: Afrodite. Sappiamo bene quanto l'icona per antonomasia della bellezza fosse capricciosa, vendicativa e risoluta. Le donne di Limnos si rifiutarono di adorarla e la dea greca non era proprio incline al facile perdono. Il sortilegio fu quanto di più crudele si possa immaginare per una donna e per l'uomo che le vive accanto: la puzza.
Eh sì, le donne di Limnos iniziarono a puzzare e un sortilegio non è qualcosa che puoi combattere con un presidio medico o erboristico. Non c'era nulla da fare: avevano da puzza'. L'aveva deciso la bella Afrodite e non c'era sapone o profumo che potesse ovviare al problema. Di conseguenza, i maschi isolani avevano ripudiato le mogli (potete dar loro torto?) ed erano andati a pescare altrove compagnia femminile. Senza allontanarsi troppo, si erano recati nella vicina Tracia, avevano rapito un po' di schiave e se l'erano portate a casa.
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Agios Nicholaos e la costa Sud Ovest |
Le legittime compagne non gradirono e lo dimostrarono ampiamente. L'unico a salvarsi dal maschicidio fu il vecchio Taonte, re di Limnos, che la figlia Ipsipele gettò di nascosto in mare in una cassa. Taonte arrivò a Sikinos e si rifece una vita con una Ninfa, probabilmente non affetta dal fetore infernale.
L'anno dopo il delitto, a Limnos, arrivarono gli Argonauti che trovarono un'isola di sole femmine piuttosto compiacenti. Non so dirvi se il sortilegio di Afrodite fosse finito o se gli Argonauti avessero un serio problema di olfatto. So solo che si fermarono un anno a fare festini con le amabili signore. Quel che va capito è se il Vello d'oro di cui ripartirono alla ricerca fosse solo una gentile scusa per accomiatarsi.
Nel mito, il tema del cattivo odore di Limnos è comunque ricorrente: qui venne abbandonato Filottète colpito al piede da una ferita in putrefazione. Una Limnos che Sofocle racconta come sperduta, deserta ,"non calpestata da piede umano".
Ad eccezione della sosta a Myrina, il porto principale, è così che appare a me. Addio verde rigoglioso dei pini e dei cipressi, addio ombra, terre idratate, ecco il regno desertico dei vulcani. L'isola di Efesto, non a caso, il dio del fuoco. Ecco la Grecia che amo, dove la terra è dura fatta di colline brulle, arse dal sole e dalla materia della terra stessa. Cicatrici di pietraia su una roccia di spine. Di rado appare un cespuglio, verdissimo, rannicchiato su se stesso, spicca sulla roccia secca e sembra chiedersi "come diavolo sono finito qui?". Terra arida ma fertile, come tutte le terre laviche. Quel che ora appare giallo e bruciato è macchia bassa e vigneti che in altre stagioni colorano quest'isola di un verde vivo, giovane che ogni anno nasce e muore. Per inciso.... Non vi è traccia di cattivo odore, la dea deve essere passata oltre.
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Costa Ovest di Limnos |
Situata storicamente in zona strategica per il controllo dei Dardanelli, Limnos è oggi un isola che si è fatta largo nell'Egeo. Un'isola di confine, remota, solitaria, indipendente. Per mare, praticamente nessuno.
Arriviamo a Limnos dopo una bella e impegnativa navigazione di traverso e bolina. Il vento da ovest promesso dalle previsioni dura per dieci miglia dalla partenza dalla baia di Sikia sulla penisola di Sithonia in Calcidica. Tempo di arrivare al Monte Athos, da cui ci teniamo a debita distanza, ed ecco soffiare l'immaginabile Nord Est con onde strette e aggressive che arrivano direttamente dai Dardanelli.
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A vele spiegate nel porto di Myrina |
"Scherzetto!" strilla il meltemi venendoci incontro, iper-agitato come un ultrà che fa invasione di campo.
Mi ricorda un giorno, da piccola, che persi la mamma nei meandri di un mercato rionale. Un momento di distrazione e la scoperta che il sedere che sto tenendo d'occhio e seguendo fedelmente non appartiene alla mia famiglia. Improvvisamente, il luogo che prima sembrava pacifico mi appare come sinistro, inquietante, rumoroso e spaventosamente privo della figura rassicurante della mia mamma. Nella mia testa e poi anche ad alta voce ripetevo il mantra che mi era stato insegnato "checca-tani-vale-buno-bossi-tité" che in teoria avrebbe dovuto equivalere al mio nome e indirizzo ma che in pratica mi faceva sembrare una piccola zingarella d'avanguardia.
Tutto intorno l'atmosfera risuonava di voci e frasi che per fortuna non comprendevo pienamente "Signo', vie' da treppalle che c'ha la roba bona", "Signore mie, quanto so' boni er pisello e la fava de Mario, venite a vede'".
Poi, come nei miracoli, ecco apparire all'orizzonte la sagoma familiare. Totalmente ignara della mia tragedia durata interminabili attimi, la mia mamma dissertava col sor Mario sul rapporto qualità/prezzo delle sue verdure.
Ecco, così le corsi incontro, o meglio addosso: con la veemenza del Meltemi che ti cerca, pensa di averti perduto e finalmente ti ritrova.
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Il promontorio di Capo Mourtzeflos |
E non è ancora nulla, lo so. L'anemometro non supera i 25 nodi, roba che in pieno regime estivo ti fa di solito dire "oggi è tranquillo, salpiamo". Ma le emozioni, si sa, sono nei contrasti. Dalla calma delle brezze termiche della Calcidica, questo del Meltemi mi sembra davvero un caloroso benvenuto.
Con una mano di terzaroli alla randa si va bene, con velocità di 9 nodi di bolina.
Sopravvento a noi, con bordo migliore del nostro, vediamo una vela più grande, naviga a motore con la randa e si vede che punta a raggiungerci, superarci, farci assaggiare la sua scia. Le prova tutte: spegne il motore e mette un genoa 140% al confronto del quale il nostro piccolo fiocco olimpico è un fazzoletto. Quando cala un po' il vento e alziamo tutta la randa, lo fa anche lui, ma per fare questa operazione ammaina il genoa e si mette prua al vento perdendo decisamente terreno. Nonostante il suo bordo sia migliore, lo vediamo arrancare, scarrocciare e poi scadere sottovento. Abbiamo dato una pista a un 55 piedi. Anche a distanza, percepisco il malumore a bordo della barca avversaria. Immagino il capitano giustificarsi con gli ospiti a cui aveva detto "La vedete quella barchetta laggiù, mo' ci divertiamo, guardate come le passiamo oltre"….
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Un maggiolone (italiano) diventa installazione d'arte a Myrina |
Nel frattempo, ci troviamo in rotta di collisione con un grande cargo proveniente da Sud Est. Navigando a vela, avremmo la precedenza, ma con le navi non si è mai sicuri che la pensino allo stesso modo. Mentre ragioniamo su quando eventualmente manovrare, ecco che il cargo compie una decisa deviazione, non solo per lasciarci passare ma anche per comunicarci che ci lascia precedenza. Non è cosa da poco, si fa una mezz'ora di onda al traverso per permettere a noi - e visto che c'è anche al competitivo illuso che ci segue - di mantenere la nostra rotta. Nulla di eccezionale, abbiamo pieno diritto, ma la manovra è talmente anticipata e abbondante che suona particolarmente cortese.
Raggiungiamo la punta Nord Ovest di Limnos e decidiamo di fermarci subito per una sosta a ridosso. Un breve e basso istmo di sabbia unisce il piccolo promontorio di Capo Mourtzeflos al resto dell'isola.
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P'acá y p'allá a Mourtzeflos |
Deja vu di un'altra piccola isoletta dell'Egeo: Kounoupi, satellite di Astipalea.
Nella baia una piccola barca da pesca a un gavitello, ci ancoriamo vicino. Fungiamo da sveglia per il pescatore: è ora di gettare le reti, salpa, ci saluta e se ne va. Scendiamo sulla riva, tempestata di legni portati dal mare, tronchi e tavole sbiancate dal sale e deformate dall'acqua e dalla sabbia. Ci arrampichiamo sulla montagna, sento sotto le scarpe il rumore delle spine secche di cardo, il brecciolino, la polvere. Neanche un cespuglio. Il colore ocra della terra mi riempie gli occhi. Sono a casa.
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Il porto di Myrina |
Myrina è un porto amico dei naviganti. L'avamporto è una rada protettissima, franca dalle manovre dei traghetti, con ampio spazio di ancoraggio. Un lungo molo con abbondanti fondali e colonnine per l'acqua e l'elettricità può ospitare una ventina di barche; sul molo di sopraflutto altre due o tre barche possono ormeggiare all'inglese vicino ai pescherecci. Dietro, più riparata ancora, una piccola darsena con poco pescaggio riservata alle barche da pesca. Noi attracchiamo in banchina, c'è posto in abbondanza, evitiamo come sempre quello vicino a un ferro da stiro e anche quello vicino a uno Swan 80, perché P'acá y p'allá non gradisce queste mortificazioni inutili. Comunque stavolta, per la prima volta da quando siamo in mare, non siamo la più bella barca del porto.
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A bordo del Xrisovalandou |
Lo swan 80? No, assolutamente, dopo un'attenta analisi, Paquita lo sovrasta. Certo il suo scafo è più bello, slanciato, elegante, marino, lo scafo dei vecchi swan. La gestione Ferragamo però lo ha dotato di una tuga e attrezzatura di coperta piuttosto aberranti, studiati per soddisfare il bisogno di chi ama guardare il mare restando seduti sottocoperta. Un gran bel modo di essere impegnati, si intende, ma alzarsi e mettere il naso fuori, no? Quell'effetto occhio di squalo sulla tuga mortifica, secondo me, qualunque splendida barca. No, la barca più bella è il Xrisovalandou, un gozzo da pesca largo quasi la sua lunghezza che torna in darsena carico di pescespada.
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Il porto di Myrina visto dal castello genovese |
Myrina è una cittadina vera, greca, poco turistica, silenziosa e accogliente. Adagiata ai piedi di massicce rocce vulcaniche e dominata dalle rovine di un castello genovese, su cui sventola una grande bandiera greca con l'orgoglio tutto particolare di quei luoghi che sono remoti e al confine. A Kos, per sicurezza l'hanno dipinta anche sulla roccia una bandiera greca gigantesca. Qui, si limita a sventolare allegramente su un pennone ma sembra dire a chi arriva dai Dardanelli "Questa è Grecia, terra di indomito coraggio e culla di tutte le civiltà. Pulitevi i piedi, prima di entrare".
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Cerbiatti al Castello di Myrina |
In cima alla vetta, tra le rovine del castello, il panorama si apre a 360° e la terra brulla e frastagliata invita a dipingere, o meglio a saper dipingere. Dalla parte opposta del porto, la baia dove non è permesso ancorare: la spiaggia di Romeikos Gialos, un lungomare di bar e di case tradizionali. Un'arteria collega Myrina alla sua antibaia, piccoli viottoli lastricati in pietra e fiancheggiati da negozi di prodotti locali, tra i quali spicca il vino, soprattutto un moscato per cui Limnos è famosa fin dall'antichità. Troviamo anche una laundry, nascosta nelle vie della città, e un ricco mercato di frutta e verdura, straordinaria rarità in Grecia, unico segno della vicinanza con la Turchia.
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Romeikos Gialos e il Castello |
Ci sarebbe tanto da vedere a Limnos, le dune di sabbia a Nord Ovest, i laghi salati che sono casa invernale dei fenicotteri a Nord Est… ma nelle isole grandi rischi di perderti, di abituarti e di non ripartire più. Riprendiamo invece il mare e scorriamo, come sempre in Grecia, la costa sud, ridossata dal meltemi .
Ci siamo solo noi a sud dell'isola, noi e Oxidiana, un X 445 targato Genova. Con tanto mare libero, scelgono di ancorarsi proprio vicino a noi, nella piccola baia di Steno. Li avevamo adocchiati a Myrina i 4 occupanti di Oxidiana e Giovanni si era più volte avvicinato al loro ormeggio ma son rimasti sempre sottocoperta. Anche qui, al loro arrivo, tenta un timido approccio ma non gli danno spago, non hanno voglia di socializzare.
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La darsena dei pescatori a Myrina |
Negli ultimi tempi sono diventata piuttosto tranchant, mi basta poco per definire qualcuno simpatico o antipatico. Il capitano di Oxidiana che snobba il saluto del capitano di P'acá y p'allá merita di rientrare nella seconda categoria. Mi diverto perciò ad assistere ai suoi tentativi fallimentari di mettere una cima a terra. Moglie sotto strillo all'àncora ("Mollaaaaaaaa, ho detto mollaaaaaaa" mentre lei sta già mollando) e un ragazzo, che sembra essere il ragazzo della figlia, sul tender a portar la cima a terra ("Fissalaaaaaaaa, fissalaaaaaaa!!!!" mentre lui la sta già fissando).
Il progetto è in realtà sbagliato in origine: vento al traverso…. caro mio, duri poco così. E infatti…. molla tutto, torna all'ancora, torna vicino a noi. Ma non ci rivolge la parola lo stesso, pazienza.
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Luna piena a Steno Bay |
A questo punto del racconto, per non smentire il mio atavico contro-razzismo verso il nord, dovrei fare un parallelo tra la targa della barca e l'antipatia. Ma a bordo di Oxidiana, si sente parlare un chiaro dialetto siciliano, quindi la geografia non c'entra. No, deve essere colpa di quella X nel nome che molti proprietari degli X-yacht adottano come codice, quella voglia di sentirsi elìte, di riconoscersi tra loro, di fare Club. Un po' come una spilletta della lobby del giaguaro, insomma. Io e P'acá y p'allá guardiamo attente - e con la massima oggettività di cui siamo capaci - questa barca che è, per caratteristiche, abbastanza simile a noi. Poi ci guardiamo, sorridiamo e io sentenzio dando voce anche ai suoi pensieri: "Non c'è storia, Paquita, sei decisamente più bella". Lei annuisce e una bella X gliela mettiamo sopra noi, stavolta.
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Il Relitto del Roksalina (Pnom Penh) |
Ci svegliamo e salpiamo, lo fa anche Oxidiana. Non ci vogliono ma ci seguono, si direbbe.
Incredibile a dirsi: è il 24 luglio siamo nel mezzo dell'Egeo ma non c'è un alito di vento. Scendere a motore fino a Ag. Efstratios ci sembra davvero un inutile spreco. Rimandiamo di un giorno la partenza e ci fermiamo ad Ambèlites affascinati dal relitto di un cargo di Pnom Penh, il Roksalina. A prima vista sembra un rimorchiatore, ma poi ti accorgi che le fiancate e la prua sono in pezzi sott'acqua a 3 metri di profondità. E' facilmente ispezionabile, anche se l'ammasso di ruggine incute un po' di paura. A terra si è incastonata nella roccia una delle bitte di ormeggio, pezzi della nave sono ovunque.
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Bitta del Roksalina sulla spiaggia di Ambèlites |
C'è una calma irreale. Siamo al centro del Nord Egeo in un'isola remota e lontana dalle rotte che di solito è spazzata dai venti. Non c'è anima viva, non vediamo passare neanche una barca ed è calma piatta. Ogni isola somiglia a un'altra isola, a volte a più d'una. Lemnos è simile a Psarà ma questo è logico, tra le due solo Ag. Efstratios, in origine tutte e tre erano parte di un unico, tanto vicino da essere la stessa cosa. Ma Limnos mi ricorda anche la più lontana Astipalea, prima di tutto nella forma, frastagliata e a farfalla, ricca di golfi e fiordi profondi. Poi le colline brulle, le cicatrici sulla terra, i bassifondi insidiosi. E il suo essere dimenticata dai naviganti. Sembra essere un'isola di passaggio, chi arriva si ferma in porto 1 o 2 giorni e poi riparte verso la sua meta. Merita di più Limnos, come tutte le isole in cui la maggior parte della costa è lasciata a se stessa. Il silenzio è più silenzio in certe rade, nel silenzio la terra ti parla e ti racconta una storia diversa. Basta voler ascoltare.
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Limnos. cicatrici di pietre sulla roccia di Steno Bay |