domenica 15 settembre 2013

Alla ricerca di Manolis (2a parte)

L'ex carcere sull'isola di Gyaros
Il portolano di Rod Heikell liquida Gyaros come "uno sperone roccioso, brullo, disabitato e privo di ancoraggi". Non è certo la prima volta che una terra greca smentisce un portolano. Sul lato est dell'isola c'è la baia del carcere, forse impraticabile in regime di meltemi ma qualcosa di buono la bonaccia dovrà pure avere, no?.  Ci arriviamo a mezzanotte e, mentre cerco la chiazza di sabbia su cui gettare l'àncora, la mia torcia illumina l'enorme edificio carcerario ora abbandonato. 
La sensazione è di essere in un luogo sinistro e spettrale, una magia lievemente inquietante ma pur sempre una magia. Per chi ci arriva poi dopo giorni di navigazione senza vento e con la preoccupazione di un motore che necessita di riparazione, questo strano luogo di interdizione assume i connotati di un porto sicuro, di una casa, di una terraferma amica. Sorge il sole e il contesto appare ancor più magnifico e sinistro di come la notte lo aveva fatto immaginare. 
Una lapide all'ingresso dell'edificio carcerario recita in greco moderno qualcosa tipo "Qui spaccarono pietre sotto il sole uomini che, lottando per i loro ideali, volarono molto in alto". I dissidenti del regime venivano confinati qui. Cartelli consumati dal tempo dicono che la struttura è fatiscente, pericolosa, meglio non accedervi. In effetti, enormi scale in pietra sono sovrastate da solai crollati, quintali di cemento trattenuti solo dalla rete di ferro rotta in più parti. Ma il richiamo è troppo forte. 
P'acá y p'allá all'ancora a Gyaros
Forse, con il vento di sempre, non avrei avuto il coraggio di entrare, di salire i tre piani e di addentrarmi in stanze dove pavimenti e soffitti lasciano intravedere il sopra e il sotto. In questa calma inconsueta e irreale hai però la sensazione che nulla possa muoversi di un millimetro, cominci a entrare e poi, affascinata dal luogo, non hai più voglia di uscire. È come se fosse stato abbandonato secoli fa ed è come se fosse stato lasciato ieri. Immagini la vita all'interno: l'angusto cortile dove i detenuti approfittavano dell'ora d'aria, le grandi stanze con i ferri che tenevano le brande, le docce, i bagni alla turca, gli alloggi ufficiali. Senti quasi il rumore del grande portone in ferro a maglie incrociate, ora sempre aperto, allora sempre chiuso. Qui il mare, quasi perennemente in burrasca, non lascia speranze di fuga.
Tramonto a Ormos Kastri (Kea)
Ripartiamo da Gyaros, sollevati dalla possibilità all'occorrenza di poter usare il motore a bassi regimi. Vuol dire procedere, non importa quanto piano, vuol dire poter andare avanti e stimare un tempo massimo di viaggio. Rinfrancati da questo, ci godiamo il periplo di Gyaros, un bel bagno sulla costa meridionale e un veloce avvistamento di una foca monaca che approfitta dell'abbandono dell'isola per farne casa sua. Poi, via  verso Kea, Tzia in greco,  la prima della Cicladi in cui non eravamo mai stati. Il vento, ora che non è più indispensabile, riempie il nostro gennaker e ci spinge a una velocità ormai dimenticata di oltre 9 nodi, permettendoci di raggiungere in breve tempo Ormos Kastri, una baia a Nord Est dell'isola, uno specchio di acqua blu sotto un grande monastero. Ci fermiamo per la notte, rimandando la scesa al porto di Kea al giorno dopo. 
Alla conquista di un branco di ricciole a O. Kastri
È ancora venerdì, abbiamo due giorni prima di poter entrare a Lavrion e vogliamo goderceli. All'alba ci svegliamo con un vento fresco da nord, il meltemi era stufo di giocare a nascondino e, visto che abbiamo imparato a cavarcela, ha deciso di venirci a prendere. 
Come al solito, le sue sono maniere un po' rudi. Ti tira via il lenzuolo e ti catapulta fuori dal letto. La rada tranquilla si trasforma in un bacino esposto all'onda e non c'è niente di più convincente. 
L'approdo di Korissia a Kea
Nella grande baia protetta di Ag. Nikolaos c'è il porto di Kea. Due possibilità di ormeggio: la prima a Korissia, vicina allo scalo dei traghetti, la seconda a Vourkari, nella parte a nord est della baia, che ha però pochi posti per barche con pescaggio importante. Ci ancoriamo davanti a Korissia e scendiamo in tender per verificare la profondità a ridosso del molo. È un'azione che facciamo spesso, quando approcciamo posti nuovi e quando non ci fidiamo di ciò che dicono i portolani. P'acá y p'allá non ha solo una deriva che pesca 2,40 mt, ha anche  una pala del timone molto arretrata che arriva due metri sotto la superficie dell'acqua. Tutto a posto, Korissia è perfettamente adatta alle nostre propaggini immerse. 
Siamo in uno dei tanti e tipici porticcioli greci, ben attrezzati con colonnine d'acqua e corrente usufruibili con la chiavetta ricaricabile da 2 euro che acquisti al bar Papa Doble, proprio davanti alla barca. Dal bar hai anche l'accesso wi fi a internet e hai completato il piccolo rosario delle esigenze di un marinaio. Te ne andrai perché vuoi continuare il viaggio ma sai che se resti lì, non ti mancherà nulla. 
Ioulida, la Chora di Kea
Verificato il buon ormeggio della barca e capito con le solite domande finto-disinteressate che i vicini di ormeggio non hanno intenzione di salpare, è l'occasione ancora una volta di prendere un motorino in affitto e girare quest'isola, nuova scoperta che non pensavamo di fare.
La prima cosa che noto è l'architettura dell'isola. A partire da Ioulida, l'antica Chora, sembra di essere lontani dalle Cicladi, in questa prima Ciclade. Niente bianco a calce e angoli smussati, niente cupole azzurre. Ma tetti di tegola e tanti colori. 
sulla via del cimitero con l'acqua per i fiori
Bella ma diversa. Kea è  luogo di seconda casa per ricchi e si vede. Le ville, sparse in tutta l'isola e tutte costruite da un architetto che si chiama Xristos, sono di grande gusto moderno, essenziale ma ricercato, con una particolare voglia di simmetria e di integrazione con la terra. Case in pietra con belle piscine, terrazze con vista e grandi finestrature a filo, senza infissi. Il giardino è un trionfo di bouganville, di piante mediterranee e di prati verdi all'inglese. Siamo lontanissimi dalla Grecia insulare che conosciamo, povera e semplice. Siamo più vicini a Atene e alla ricchezza. Siamo in un  luogo dove le case le fanno gli architetti non i geometri o i proprietari stessi. 
Una delle tante ville di Kea
È un bell'effetto di prosperità e gusto che, se qualcosa toglie alla spontaneità del luogo, glielo restituisce come estetica.
Da Ioulida, un labirinto di viuzze interamente chiuso al traffico, percorriamo la stradina in pietra che porta al cimitero e al Leone di Kea, una statua di ardesia del VI secolo AC che raffigura un leone adagiato su un fianco. Ci si chiede come sapessero dell'esistenza dei leoni, i greci del VI Secolo AC, una risposta ci sarà ma non credo che la presenza di leoni in Europa a quell'epoca sia quella giusta.
Il leone di Ardesia di Kea
Kea, che il mito narra come isola in cui l'eroe civilizzatore Aristeo accorse per scongiurare i cattivi auspici di disgrazia e siccità provocati dalla vicina Siros,  è oggi un mix di vallate e campi di frutteti, oliveti e grandi piante di mandorli e fichi. La strada curva e svela di volta in volta panorami spettacolari sulle Isole Cicladi disposte a raggiera. La costa di Kea è tra le meno accoglienti: la forma dell'isola a goccia capovolta offre pochi ridossi e il vento dominante le scorre intorno creando particolare risacca.
Il cimitero di Ioulida
Il turismo qui è prevalentemente locale, chiaramente destinato a un target benestante. Una sorta di Portofino dell'Egeo, mutatis mutandis. La baia del porto ha un suo fascino bipolare con la zona di Korissia dedicata allo scalo dei traghetti e dei rifornimenti e la parte di Vourkari più tranquilla, orlata da bar alla moda, ristoranti e negozi di artigianato. Nel grande golfo, qualcuno lascia la barca in inverno ferma a un gavitello. Ma non esiste nessun luogo tranquillo per una barca lontana dal suo Capitano. Lo scafo ferito di una barca a vela spiaggiata cui il mare, il tempo e l'abbandono stanno decretando una triste fine, rafforza in me la voglia di portarmi dietro Paquita, come mio unico mezzo di trasporto, sempre e comunque vicina a me. 
La costa orientale di Kea
Una antica tradizione locale, anzi, una vera e propria legge ben spiegata da Strabone e di cui si trovano cenni anche nei poemi di Pascoli, prevedeva che Kea non fosse un paese per vecchi. All'insegna del postulato "Non deve vivere male chi non può vivere bene", la legge prescriveva a chi superava l'età di sessant'anni di togliersi la vita bevendo una pozione di cicuta affinché ci fosse sempre cibo a sufficienza per tutti gli abitanti. Largo ai giovani, all'isola di Kea.
Pur essendo noi ancora lontani da quel traguardo, pensiamo sia meglio levare la nostra ancora ben in tempo. 

Lavrion è a 13 miglia, Manolis ci aspetta.

6 commenti:

  1. Ero curioso e la mia curiosità è stata appagata, ma...forse per via delle circostanze (clima, motore ecc.) le Tue sensazioni su Gyaros ed il suo carcere abbandonato, le ho sentite un po' "smorzate", sono sincero mi spettavo una Tua reazione emotiva più intensa, comunque sappi che il mio giudizio è sicuramente fuorviato dal lontano ricordo della lettura di "Un Uomo" della Fallaci e dalle intense emozioni allora scaturite in me.
    Detto ciò, ho apprezzato molto il post, descrizione di Kea compresa, curiosa quell'architettura diversa dalla altre Cicladi.....
    A questo punto, visto il suo ritorno, salutami il Sig. Meltemi :)
    B.V.

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    1. Fernando, sì è vero. Avrei voluto fermarmici a Gyaros, il tempo necessario per respirare quell'atmosfera, per immaginare - come ho il vizio di fare sempre - storie mai esistite di persone inventate. Aspettando che scenda la sera e a quel punto della mia immaginazione diventano tutti personaggi veri. Stavolta però, avevamo una meta, una preoccupazione, una direzione definita. Gyaros è rimasta lì, un po' sospesa, aspetta il nostro ritorno. Nel frattempo mi rileggerò "Un Uomo", senz'altro. Il Meltemi ricambia, ci ha consegnato direttamente nelle mani delle perturbazioni Ioniche :-)

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  2. Sempre ben scritti ed interessanti i vostri racconti.BV
    Nello
    http://pruanelvento.wordpress.com/

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    1. Caro Nello, ho visto il tuo blog e credo che ci siamo incrociati in questi giorni.
      Noi abbiamo passato il Canale di Lefkada (venendo da sud) il 27 e prima di allora siamo stati a Kalamos, Kastos, Itaca. (sono molto meno puntuale di te nell'aggiornare il blog...). Ti ho aggiunto tra i miei link, ben trovato, compagno di mare. :-)

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  4. E' un onore per me! Spero di poter un giorno conoscervi siete il mio mito

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