P'acá y p'allá mette piede su terra ellenica per mano di Nikos |
"Questa barca ha un buon karma" sentenzia Manolis all'una di notte mentre, seduto in pozzetto, assapora con una lentezza tutta ellenica quel caffè fatto con la moka che noi buttiamo giù in meno di un minuto.
Ci stiamo per lasciare e questo momento ricorda quelle separazioni dolorose di chi si è trovato bene insieme, addolcito soltanto dal sapere che un filo, sottile ma resistentissimo, terrà per sempre legati.
Ci spiega con estrema solennità che ci sono tanti tipi di connubio barca/armatore: ci sono barche che non hanno un buon karma, nascono male o soffrono troppo nei primi anni di età e non riescono a riprendersi; ce ne sono altre con un buon karma ma un pessimo armatore, soffrono le pene dell'inferno e invecchiano presto per risorgere poi, miracolosamente, quando la barca cambia proprietà. E ci sono connubi come il nostro: una barca con un buon karma e armatori che le somigliano. "Sì, voi somigliate a P'acá y p'allá, potrebbe tranquillamente essere vostra figlia. Siete fatti per lei e lei è fatta per voi, un'armonia che nessuno potrà mai infrangere".
Spiros alla guida del crane che ala Volvy |
I nostri 3 giorni pieni con Manolis, terminati sempre a notte fonda, sono un training di vita, una seduta di psicanalisi reciproca e una full immersion nell'inglese migliore che io abbia mai sentito da un non-madre lingua.
Sale a bordo lunedì mattina e ci abbraccia con la gioia di chi ti stava aspettando. Ricorda tutto di noi, il nostro viaggio, la barca, il motore o meglio, la macchina. Perché per Manolis è femminile. "Le avete detto buongiorno, sì?" Ci dice appena torna in barca il martedì mattina. Imbarazzati, rispondiamo che no, non ci abbiamo pensato. In effetti era lì a vista, dopo che abbiamo smontato la scala, salutarla era minimo sindacale. Da allora, ogni giorno su P'acá y p'allá comincia con un "Buongiorno Volvy", diretto a quel motore di cui, vuoi perché è un oggetto inquietante, vuoi perché è di un verde inaccettabile a bordo, non ci siamo mai particolarmente curati di conservare il buonumore.
Vola, colomba verde vola... |
Dico a Manolis come prima cosa che, nell'inconveniente di questa avaria, siamo ben felici di vivere quest'avventura con lui e vorremmo approfittarne facendo una bella revisione e apportando le eventuali modifiche che lui ritiene opportune. Più o meno esplicitamente gli comunico che non vorrei che nessun altro meccanico mettesse il piede su Paquita finché sarà in vita. Un gesto di fiducia che nessuno di noi si sognerebbe di adottare in Italia. Una fiducia che qui è, invece, estremamente ben riposta.
Volvy torna in barca sotto lo sguardo di Manolis |
Insieme a Manolis, arriva Spiros, proprietario del crane che dovrà alare il motore. Mi preoccupa il fatto che Spiros sia già qui, fin da subito: ci vorranno ore per smontare tutti gli attacchi del motore e per disallestire la scala. Penso al tassametro del crane che in Italia è un jet di lusso di cui paghi ogni singolo minuto. Qui non funziona così, il costo è sempre lo stesso, anche se le cose si complicano e si perde più tempo. Quando appoggio un paiolo al tavolo di carteggio, Spiros accorre con uno straccio che appoggia tra le parti per evitare graffi. Avrei dovuto pensarci io, mi colpisce la delicatezza di quest'uomo, l'attenzione che mette in ogni movimento. Chiedo loro se dovrei in qualche modo proteggere con cartone o teli le pareti ai lati del tambuccio, considerato che da lì dovrà passare il motore con un margine di 5 cm per lato. Manolis mi dice che non ce n'è bisogno e capisco che nulla sarà lasciato al caso, neanche quei 5 cm.
Le amorevoli cure di Manolis |
Manolis non ha fretta. Guarda con attenzione e meticolosità ogni particolare, smonta ogni pezzo. Ogni tanto si ferma e spiega a Giovanni che farebbe una piccola modifica se lui è d'accordo. Giovanni annuisce, comprendendo il senso ma, soprattutto, sulla base di quella fiducia che non puoi spiegare a parole perché viene dall'istinto. Ma il nostro uomo vuole che capisca bene tutto. Io sono al computer e ogni tanto vengo richiamata da un "Francesca, please, traslate!" che mi mette in seria difficoltà, alla prova dell'interpretare questioni di ingegneria meccanica e trasporle in qualcosa che in italiano abbia un senso. Giovanni e Manolis si comprendono così attraverso un'interprete che ascolta e traduce senza capire realmente di cosa si stia parlando. Riusciamo a risolvere con l'ausilio di molte metafore e Manolis mi spiega il mondo dei motori come si fa con un bambino.
Manolis nel suo laboratorio |
"Questo collettore di scarico non è stato mai cambiato, vero?" Per fortuna, Manolis fa tutte domande a cui ha già una risposta. Noi non l'abbiamo cambiato, prima chissà. No, è sempre lui, quello di fabbrica. Lo smonta, guardiamo questo ammasso di ruggine e corrosione, ci dice che sarebbe meglio sostituirlo. Lo autorizziamo e mentalmente conteggiamo 400 euro del costo di questo pezzo. Il giorno dopo invece arriverà con il nostro collettore salvato. Ci perde 3 ore di tempo per passarlo nell'acido e poi manualmente eliminare una ad una ogni incrostazione. Può fare ancora un anno, ci dice, forse 2. Di solito si cambia dopo 6/7 anni ma voi questa barca la fate viaggiare ed è questo il segreto della sua longevità. E' un lavoro in più, di cui non chiederà alcun prezzo, una fatica che poteva risparmiarsi con la semplice e onerosa sostituzione del pezzo. "Ma non si deve cambiare ciò che ha ancora vita davanti" dice Manolis che è un saggio cultore dell'eutanasia moderata.
Vassilis e la gru del terrore |
Assistiamo, con uno strano mix di terrore e fiducia, all'alaggio del nostro motore. È incredibile come qualcosa che all'interno del suo vano appare enorme, diventi minuscolo quando sospeso in aria tra cielo e mare. Volvy viene adagiato sul pianale del crane con una delicatezza che avrei voluto avessero i portantini che mi caricarono sull'ambulanza la notte di 7 anni fa, in cui mi ruppi tutti i legamenti del ginocchio sinistro.
Il silenzio scende sulla camera operatoria. Manolis sembra un orologiaio, ha la stessa pazienza e la stessa precisione. Svita, pulisce, sostituisce, riavvita, controlla. Dalle sue mani vedi l'amore che esce e diventa cura. E mentre opera, continua a parlare, a spiegare, ma lo fa sottovoce per non infastidire il "paziente".
A tarda sera, il motore torna a bordo, ci vorrà tutto il giorno dopo per riattaccarlo alle sue appendici vitali.
A guardia di P'acá y p'allá, trattenendo il respiro |
Ma qui arriva un'altra cattiva notizia: abbiamo acqua emulsionata nel sail drive. Quel liquido che all'ultimo controllo due settimane fa era limpido come una pipì di infante ha ora l'aspetto di un dressing francese per insalate a base di maionese. Chi potrebbe mai pensare che un sottilissimo filo da pesca possa far tanti danni? Si avvolge nell'elica e, se è molto sottile, penetra all'interno dell'asse e rovina gli anelli che fungono da paraoli. L'acqua di mare entra nel sail drive e in breve tempo i danni possono essere irreversibili.
Il sail drive, per chi non lo sapesse, è quel sistema che collega l'elica propulsiva al motore. Inutile spiegare invece che questo marchingegno è immerso diversi centimetri sott'acqua, posizionato sotto la carena della barca.
E, no, non è possibile operare in acqua a meno di non voler affondare la barca in tempi estremamente rapidi. Dopo aver alato il motore, occorre quindi alare l'intera barca.
Il porto di Lavrion, la darsena da pesca |
"Se volete potete farlo in Italia, ma mi raccomando, appena tornate e tornate il prima possibile", dice quello che ormai è il miglior amico di Paquita
Farlo in Italia? Il terrore mi attanaglia e sento la barca rabbrividire. Tengo fede al mio impegno con Paquita e dico a Manolis di pensarci lui. Detto fatto: finito con il motore, aliamo la barca.
"It is very old, but very very strong" mi sussurra Nikos, con un dolce sorriso, intuendo l'ansia con cui guardo il suo mastodontico crane che sta agguantando la mia delicatissima barca.
P'acá y p'allá è abituata a essere tirata in secca da un solido travel lift, mai l'abbiamo sottoposta a un alaggio con gru nel sacrosanto timore di una pressione troppo forte sullo scafo da parte delle fasce. Questa gru poi, non ha neanche il bilancino che serve a tenere separate le fasce e limitare tale pressione. Ce la puoi fare, Paquita le dico con la forza del pensiero.
"It is very old, but very very strong" |
Nikos lo abbiamo conosciuto al nostro arrivo a Lavrion, domenica. Ha sostituito Manolis nel riceverci, interrompendo un pranzo familiare a Capo Sounion. A nulla valse dirgli di non disturbarsi, che non avevamo bisogno di nulla, potevamo usare il motore e non necessitavamo di assistenza all'ormeggio. "I know, but I'm here to say you wellcome", ci disse.
Nikos è albanese, emigrato in Grecia con la moglie ucraina una decina di anni fa. Qui ha messo su una società di Yacht Services: qualche barca a noleggio e la gestione di un piazzale per lo stazionamento della barca a terra. È felice, fa un lavoro che gli piace, si vede.
"A piede nudo" |
Non è solo nella gru la differenza. Abituati ad alaggi che prevedono una decina di addetti intorno alla tua barca, qui è tutto molto più semplice: Vassilis alla guida del vecchio ma solido crane, Nikos alla cima di prua per orientare la barca.
Giovanni sta facendo foto in giro, con quella indifferenza e tranquillità che lo caratterizza quando inforca la macchina fotografica. Io vengo incaricata di tenere la cima di poppa. Mi sento come una madre che passa i ferri al chirurgo mentre operano suo figlio.
È bella questa cosa, si lavora tutti insieme, armatore e addetti, nessuno ti dice di stare lontano dal crane, nessuna legge vieta nulla, probabilmente nessuna assicurazione copre eventuali incidenti.
Rimorchiatore al molo di Lavrion |
La cura con cui Nikos protegge la nostra barca si vede nei gesti, la precisione con cui Vassilis muove l'argano fa pensare a una coreografia precisa ripetuta con serietà e senza tante messinscene.
C'è ruggine e amore, uno strano mix, in cui la mano dell'uomo batte le macchine e in cui le macchine hanno qualcosa di umano.
Un bel copertone sgonfio sotto il bulbo e Paquita viene delicatamente poggiata su di esso. Il crane la terrà sospesa per tutto il pomeriggio, abbracciandola con delicatezza.
Alaggio e varo costano 200 euro a viaggio qui a Lavrion ma Nikos, senza che glielo chiediamo, ci fa pagare la metà. "State alando perché avete un problema, ragazzi, mi sembra giusto così". Paghiamo 200 euro quello che nel mio porto invernale in Italia costa 1.200 euro. E in Italia nessuno mi ha mai detto "Se hai un problema, ti vengo incontro". That's Greece, qui il marinaio è un marinaio, non un armatore.
"Ogni cosa ha un suo posto nel mondo" dice Manolis |
È il momento di Manolis e della sua incredibile sporta di attrezzi, una specie di borsa di Mary Poppins perfettamente ordinata da cui tira fuori tutto e in cui non manca mai nulla.
Anche Manolis lavora da solo e si fa dare una mano da noi, tanto dobbiamo star lì perché vuole spiegarci tutto.
Smonta tutti i pezzi e poi ci porta nel suo laboratorio, un container nel piazzale deserto poco distante. Sembra una lezione di applicazioni tecniche. Resto affascinata dal bidone con acido solforico in cui passa velocemente i pezzi, mentre mi spiega che un corpo umano, dopo pochi minuti, si dissolverebbe del tutto. Penso ai delitti mafiosi e mi passa la voglia di immergerci la mano.
Giardini sul porto di Lavrion |
Prima di smontare le pale dell'elica aveva segnato ognuna di esse e il loro alloggiamento con i numeri 1, 2 e 3.
"Perché?" gli ho chiesto.
"Perché ogni cosa deve andare al suo posto."
"Ma non sono uguali, fatte dallo stesso stampo?"
"Nulla è identico, ogni cosa ha un suo solo e unico posto nel mondo."
Anche le pale dell'elica hanno un'anima.
Siamo nel suo regno. Il suo ufficio, la sua cuccia, il suo nido. In 10 metri quadri, ecco il mondo di Manolis. Ed è come la sua borsa degli attrezzi, tutto rigorosamente al suo posto. Giovanni lo fotografa mentre lavora, ogni tanto Manolis gli ordina "Don't take a picture of this, please, it's my exclusive licence". Un suo brevetto, una sua idea originale di cui è geloso. Si è costruito l'attrezzatura migliore con oggetti semplici, casalinghi, riadattati con creatività e ingegno allo scopo. È un laboratorio nato sull'esperienza il suo.
Paquita torna in acqua. |
Manolis, meccanico figlio d'arte, che ha lavorato in Svezia e che doveva far parte di un team educativo in Rhodesia per crescere meccanici africani e insegnargli un mestiere. Poi la Rhodesia disse "no, grazie". Non volevano che il loro popolo passasse del tempo con degli uomini liberi.
Torniamo in acqua e quando P'acá y p'allá tocca di nuovo la sua superficie preferita, mi accorgo che avevo trattenuto il respiro per tutte queste ore.
Facciamo due chiacchiere a bordo con Nikos e Manolis, lì fermi sotto il grande avvoltoio di ruggine cui abbiamo affidato la nostra vita, perché la nostra barca è la nostra vita. Non hanno fretta, noi nemmeno.
Cala il sole, sorge la luna piena e salutiamo Nikos con un "ci vediamo l'anno prossimo" perché ormai lo so che, se posso, nessun altro meccanico oltre Manolis metterà piede in barca. E se dobbiamo sottoporci ancora alla prova "crane vecchio ma solido", lo faremo.
Cala il sole, sorge la luna piena e salutiamo Nikos con un "ci vediamo l'anno prossimo" perché ormai lo so che, se posso, nessun altro meccanico oltre Manolis metterà piede in barca. E se dobbiamo sottoporci ancora alla prova "crane vecchio ma solido", lo faremo.
Manolis salta in macchina e ci dice "ci vediamo all'ormeggio, devo finire". Torna a bordo, incurante del fatto che sono le 9 di sera, non ha fretta. Deve controllare tutto, rimontare il filtro dell'aria, esser sicuro che sia tutto perfetto. E deve spiegarci ancora tante cose perché "quando state in mare, ragazzi, siete soli e io voglio che possiate stare tranquilli, sapendo il più possibile dove mettere le mani."
...
Luna piena tra le navi a Lavrion |
"Questa barca ha un buon karma e voi le somigliate" conclude all'una di notte di un giorno qualsiasi ma, allo stesso tempo, speciale. Abbiamo parlato di tutto: dei motori, del mare, della vela, della crisi, della Grecia e dell'Italia; abbiamo parlato della gente, di quella bella e di quella brutta, abbiamo parlato delle barche amate e delle barche maltrattate. Gli ho detto grazie un milione di volte e per un milione di motivi. Lui mi ha risposto "Grazie a voi per la vostra amicizia e la vostra semplicità".
Quando si passa a parlare del pagamento, io e Giovanni ci guardiamo e ci capiamo senza parlare. Chiedo a Manolis di alzare il preventivo iniziale: ha fatto molte più cose del previsto, lavorato 30 ore e crediamo che la sua richiesta sia davvero troppo bassa. Non siamo né pazzi, né ricchi, ma siamo in grado di capire il valore delle cose e un prezzo esageratamente amichevole.
Lui mi guarda, ci pensa e poi dice "No ragazzi, io sono contento, voi siete contenti. Questo è l'importante, i soldi non servono a molto".
Ciao Manolis, grazie di averci fatto pensare che il mondo può essere ancora infinitamente bello e vero.
:)
RispondiEliminaQuesta volta cara Francesca i superlativi ci stanno tutti, e molti andrebbero a persone come quelle che avete incontrato.
RispondiEliminaSono comunque certo che certi comportamenti (quelli di Manolis), per quanto dettati da un predisposizione d'animo innata, siano sicuramente ampliati dal "Giusto Karma" di chi si ha di fronte (cioè Voi), perché è vero che "ogni cosa ha un suo solo ed unico posto nel mondo" ma sono anche sicuro che ogni cosa riesca a stare vicino solo a qualcosa di molto simile.
B.V. spero sia ancora quello Greco :)
n.d.r. mi sono emozionato nel vedere le foto di Paquita dal dottore :)
Fernando, mi fai venir voglia di continuare a scrivere anche quando avrò fissato gli ormeggi anche solo per la gioia di leggerti. Per ora sei come il vento che ci spinge verso casa. Grazie del tuo tempo, è un grande regalo!
Elimina....altrochè! quella foto del motore che esce dalle viscere della barca è come assistere ad un'operazione a cuore aperto.....col fiato sospeso!
RispondiEliminaBellissima pagina Francesca e foto eloquentissime oltre che belle.
......stare vicino solo a qualcosa di molto simile....
E si.
Grazie anonimo amico!
EliminaE bravo Manolis.
RispondiEliminaCome tu ben sai, di barche capisco poco, ma di motori un po' di più... e di meccanici ne ho incontrati tanti, nel crescere di una passione che a volte, magari per colpa di una guarnizione, diventa una mezza sofferenza.
In certi casi occorre davvero trovare qualcuno con la faccia aperta e tranquillizzante di Manolis, uno di quei meccanici/filosofi in grado di spiegarti il mistero di quattro pezzi di ferro capaci di trasformarsi in motore, se messi insieme con armonia.
Manolis deve essere uno di quelli che sussurra ai motori, li accarezza, ogni tanto li ipnotizza persino. Ma li rispetta sempre, ed è felice quando riesce a fare un buon lavoro e a far felici i motori e i relativi motoranti.
Ci vorrebbero in giro più Manolis, e - specialmente - più persone (come voi, ma mi ci metto anch'io, se posso) capaci di apprezzarne il valore.
Perdonami se in questo piccolo post ho unito mare e asfalto, ma credo che Manolis e quelli come lui se lo meritino.
Baci quel gran genio del mio amico.
A.
PS: voglio il nome di quella magica pasta rossa! Per tenere in quel modo deve essere davvero un prodottino miracoloso, non credo sia la solita "Motorsil D"... :)
Caro A. La moto, la barca.... Tutto serve a cercare l'altrove. Ed è un gran bel cercare, non importa che si trovi quel che si cerca. Loctite 596 rossa, prodotto miracoloso!
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