martedì 15 luglio 2014

Karpathos, la fabbrica del vento.

Come sfioriamo la punta di Saria - isoletta a nord di Karpathos, separata da questa solo da un canale stretto 140 metri - sentiamo di avercela fatta. 
La navigazione da Astipalea è stato un bel bordo in poppa piena che abbiamo retto bene grazie alla nostra nuova andatura a farfalla con fiocco tangonato. 
Ora la corsa è finita, siamo arrivati dove più volevamo essere. 
Per chi non ha meta, arrivare è importante. Sembra una contraddizione e forse lo è, ma c'è differenza tra una meta segnata sulla carta e quella che senti nel cuore.
Insieme a noi arriva il vento, con un ex aequo che sarebbe inquietante se non sapessimo di trovarci in un luogo dove le  previsioni contano poco e le statistiche ancora meno.
Il primo urlo oltre i 40 nodi
Le domande che più spesso mi vengono rivolte in questo mio annuale esilio navigante, sono tutte relative a lui, al Meltemi.
"È arrivato?" mi chiedono da lontano. Ma lui, il bastardo, non si sa mai quando arriva. Non si sa mai se è lui o un suo cugino apprendista, se sta giocando un po' o se pianta le tende per non levarsi più di torno. Non ha abitudini precise,  né orari preferenziali e ogni volta che credi di aver trovato una chiave di lettura ecco che lui cambia le carte in tavola e sgretola le tue certezze. Una sola cosa finora non è stata contraddetta: quando il tempo in Italia è brutto con temporali e bassa pressione, il Meltemi se ne sta sereno a leggere un libro, è amabile e quieto. 
La costa rocciosa dell'isoletta di Saria
Per il resto, rinuncio a qualsiasi interpretazione. L'ho visto levarsi all'improvviso guadagnando 30 nodi in 10 minuti, l'ho visto calmarsi d'incanto dopo 3 giorni di burrasca ininterrotta. 
In ogni caso, il punto dell'Egeo dove è meno importante sapere se il Meltemi è arrivato, è questo lembo di mare che ha una denominazione specifica, Il Karpatho Pelagos e che abbraccia quest'isola e la vicina Kassos in una stretta alleanza per difendersi da Creta a Ovest e dal medio oriente a Est. Sopra e intorno, il mare aperto. 
Qui non è il vento che comanda ma la terra che gioca con esso, talvolta complice, altre volte nemica e che in alcuni punti dell'isola riesce a raddoppiare e a moltiplicare gli effetti che si registrano in mare aperto. L'alta montagna di Karpathos è come una spina dorsale gibbuta che si snoda lungo gran parte dell'isola. Da queste parti, se il vento non c'è, c'è lo stesso. È la montagna che lo produce, lo impasta, lo schiaccia giù. Una montagna rumorosa, tonante, che incombe su di te, piccolo umano galleggiante, e ti fa sentire ancora più piccolo. 
Ancoraggio ad Alimounda, fiordo a NE di Saria
Saria è un'isola deserta, fatta eccezione per una grande popolazione di api ben organizzate in colonie di alveari. L'unico essere umano che incontriamo qui è un apicoltore che arriva da Diafani con la sua piccola lancia e si occupa di queste colonie. Un mulo presidia a terra la base, pronto ad essere assoldato per spostare le arnie di zona in zona arrampicandosi sulle rocce dell'isola. Qui si fa miele di timo e la roccia arida è puntellata di queste macchie verdi con fiori viola acceso. Appena giunti a Saria, capiamo che vale la pena chiudere per un po' le vele e vivere questo mare, centimetro per centimetro. Subito dietro la punta nord, si aprono in sequenza due piccole calette ben protette, una più bella dell'altra. Perché scegliere? ci fermiamo in entrambe. 
Muli, insieme a capre e api,
gli unici abitanti di Saria
Quel che colpisce subito e cosa a cui ci abituiamo fin troppo presto è la limpidezza dell'acqua. I fondali sono abbastanza profondi ma ce ne accorgiamo solo fidandoci dell'ecoscandaglio, perché la visibilità su 20  metri è nitida come normalmente su 7. Nella baia di Alimounda, un piccolo fiordo, le raffiche di vento ti spostano da tutte le parti, cerchiamo un punto con sufficiente spazio per girare a 360° e siamo a posto, gratificati da una visuale panoramica in continua evoluzione. Passiamo la notte nel silenzio interrotto solo dal rumore del vento e dai versi degli uccelli. Ogni tanto un raglio del mulo. Ci sarebbe anche modo di fissare un paio di cime a terra, "parcheggiandosi" ordinatamente in uno spazio chiuso come un box auto ma le raffiche continue e un certo senso di claustrofobia ci dissuadono dal tentare l'impresa.
A Palatia, costa est di Saria, dove sorgono le rovine di Nysiros
Nella cala successiva, Palatia, mettiamo invece una cima a terra, operazione che, richiedendo velocità, mi fa superare il problema dell'entrata in acqua a una temperatura inferiore ai 20°. Quando sei concentrata sul portare la cima a terra il prima possibile, salire sullo scoglio e fissarla a un anello di ferro in alto messo da qualche benedetto pescatore, non ti accorgi nemmeno che è fredda, semplicemente non senti nulla.
Saria, oggi deserta, potrebbe aver ospitato in epoca neolitica una delle 4 antiche città di Karpathos, Nysiros. Il condizionale quando si parla del neolitico è quasi sempre obbligatorio, mentre rovine di fortificazioni  e di tombe medioevali sono visibili ancora oggi sulle rocce della baia di Palatia.
Faraglioni a Palatia
Scorriamo la costa est di Karpathos in un dialogo continuo e meravigliato col vento. Mentre le cartine meteo disegnano condizioni di media intensità, la montagna se ne frega e ci scatena addosso raffiche a 40 nodi. Raffiche talmente continue da sembrare un unicum. L'anemometro segna sui 40 ma sono sicura che tra il suo alloggiamento a 18 metri sul livello del mare e la superficie dove siamo noi ci sono bei numeri di differenza e purtroppo, come possiamo leggere sulle creste bianche, non sono a nostro favore.
Il piccolo borgo di Diafani, visto dal mare.
Siamo a vele ammainate, abbiamo stretto i matafioni intorno al lazy bag per ridurre lo sbattere della tela e le vie di entrata del vento. Il fiocco rollato ha 3 giri di scotta intorno, poco elegante, dicono, ma in guerra con gli elementi l'eleganza non c'entra nulla.  Il solo albero e l'altezza dello scafo ci fanno sbandare sull'acqua. In questi momenti, una disattenzione ti uccide: operazioni semplici e quotidiane come calare l'ancora in rada possono diventare temerarie e pericolose se fai un piccolo errore. 
Prova a dimenticarti di fissare lo sportello del gavone dell'ancora  e saprai cosa intendo. Ma non te lo dimentichi, non dimentichi nulla in questi casi, i sensi sono all'erta, le voci si alzano per superare il rumore del vento, i gesti diventano più veloci, l'esperienza aiuta ma non sai mai se sarà sufficiente. E meno male perché guai a pensare che sia sufficiente. 
Barca da gita giornaliera in arrivo a Diafani
Tutto è improvvisamente a mille, come drogato, accelerato all'inverosimile. I colori intorno a noi sono unici: il blu del mare è un'altro blu, con qualcosa di viola. La superficie è bianca di schiuma, un bianco incandescente. La linea dell'orizzonte è polverizzata in vapor acqueo. Ma il mare è calmo, spianato, ogni possibile onda di risacca è in quel momento annientata e sconfitta. 
Ancorare non è facilissimo sulla costa NordEst di Karpathos: sottocosta, dove il fondale è più basso, ci sono scogli e sassi, un'inferno per l'ancora, la catena e chi vive a bordo. Per dar fondo sulla sabbia devi stare più al largo, sui 10 metri di fondale ma a quel punto sei a posto, come il tuo ferro tocca terra si pianta, scende sotto di un metro, diventa corpo morto. E comincia un ballo di brandeggio orchestrato dalle raffiche della montagna. 
Conifere modellate dal vento sulla strada sopra la spiaggia di Apella
Sposto la mia attenzione dal vento alla terra. Questa terra, fabbrica di vento, fucina continua di movimento nella sua immobilità. 
Scegliendo per una volta un ancoraggio precario e disturbato dai sassi, ci fermiamo subito fuori dal porto di Diafani. 
Scendiamo a terra e troviamo una località solo di poco diversa da quella di 24 anni fa. Diafani era allora il passaggio obbligato per salire alla cittadella di Olymbos da cui dista solo 7 chilometri. Le barche portavano i turisti qui e da qui i pullman salivano fino a Olymbos. Per quanto il turismo possa essere cresciuto, la creazione della strada asfaltata da Pigadia a Olymbos ha contrastato la crescita di Diafani che vive oggi un bell'equilibrio. Le poche barche che arrivano al porto ripartono alle 5 e Diafani resta un angolo di quiete spazzato dal vento. 
La costa ovest di Karpathos, battuta dal vento
L'ombra scende presto sulla costa Est di Karpathos ed è anche essa, come il vento, artificiale e figlia di una montagna che tocca picchi di 1.200 metri. Seduta a un bar, guardo l'orizzonte e penso che a 20 miglia da qui, c'è sicuramente quella strana calma di vento che ci ha accompagnato finora e che oggi sembra un affare lontano nel tempo. Dopo solo due giorni di vento forte, ti sembra che faccia parte della tua vita da sempre. Non lo ammetteremmo mai ad alta voce, ma un po' ci mancava.
Il porto principale di Karpathos, Pigadhia
Continuando a scendere troviamo quello che ci aspettavamo: Nel golfo di Pigadhia, porto principale dell'isola, il vento diminuisce di buoni 20 nodi. E ricominci a sentire rumori diversi, i versi degli animali, il po-po-po delle barche dei pescatori. Ci ormeggiamo nella darsena che chiamano "Marina", ben protetta  e dotata di colonnine di acqua e corrente che però ad eccezione di una non funzionano. Sarebbe un marina dedicato alle leisure boat, ma siccome di leisure boat non ne passano molte, è occupato in parte dai pescatori e da piccoli motoscafi locali. Ci sistemiamo lì in mezzo ed è una bellissima sosta, in questo mondo così diverso dal solito, dove il nostro albero, il solo svetta nel golfo.
L'arrivo del traghetto a Pigadhia, visto dal cimitero.
La cittadina di Pigadhia è cresciuta parecchio da 24 anni a questa parte, un buon 2/3 dell'abitato allora non c'era e non sono, ovviamente i due terzi migliori. Il turismo da terra non manca. L'aeroporto con voli charter da tutta Europa è un atout importante che fa di Karpathos una buona meta per chi cerca i posti più remoti a portata di mano. 
Ancoraggio a Fokias bay, poco prima dei 50 nodi.
La terza parte di Karpathos, la parte sud della costa Est, ripropone l'assalto dei venti. Qui la montagna è lontana, la zona è pianeggiante e il fenomeno catabatico lascia il podio all'effetto venturi. Sempre lei la colpevole, la montagna, ostacolo che si erge al normale fluire del'aria, ma qui muove le fila da dietro, si nasconde dietro l'alibi della sua distanza, è più difficile coglierla in flagranza di reato.
Siamo nell'Inferno e nel Paradiso, forse proprio Paradiso perché Inferno.
Relitto a Capo Lingi, sulla punta sud.
Credo, tutto sommato, che gli dei abbiano premiato il nostro passaggio a Karpathos, regalandoci l'incertezza e l'imprevedibilità dei venti che, se da una parte hanno l'effetto thrilling quando questi alzano la voce, dall'altra ci cullano e ci illudono quando si placano per giorni.
Ogni statistica e certezza viene abbattuta: nello stesso posto, bonaccia e 50 nodi a distanza di pochi giorni. Una notte placida, in rada a pochi metri dallo scheletro di un relitto di nave e un pomeriggio di adrenalinica attività con l'anemometro che sembrava un tachimetro di una macchina da corsa. Il meltemi da 0 a 100kmh in 10 secondi.
Alba con relitto a Capo Lingi
A coronare questa Karpathos sopra le righe, un incontro molto ravvicinato con un boeing in atterraggio: stavamo doppiando la punta sud di Karpathos, quando improvvisamente sopra al vento, sentiamo un suono più deciso, più forte, più sordo ancora. A quel che ci è sembrata una distanza infinitesimale, abbiamo visto comparire come dal nulla e dietro le nostre crocette la sagoma di questo enorme squalo volante che puntava una pista di atterraggio a una cinquantina di metri dalla nostra prua. 
La costa est, sotto raffica.
Il tempo di domandarsi se per caso ci fosse un'ordinanza che vietava la navigazione sottocosta in quest'area e il pericolo era già scampato.

Siamo felici di essere tornati a Karpathos, chimera dei nostri viaggi in mare, finora solo sfiorata e stavolta vissuta in pieno. Riusciamo a staccarci da qui, solo pensando di farvi ritorno quando, tra un paio di mesi, la prua tornerà verso ovest.

5 commenti:

  1. Cammino e nuoto, à la recherche du ........!
    Buon Vento !
    V.

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  2. Post Scriptum
    Ho letto bene: boeing ? Ora ti voglio dire ( perchè è proprio vero ! ) che il mio "boeing" con cui atterrai a Karpatos nell '80 non era nè più nè meno che una scatola di metallo, tipo quelle dei biscotti, fatta di paratie unite fra loro da vistosi chiodi e due ali piuttosto tozze, una a destra e una a sinistra, si forse c'era una coda. Dentro al massimo 4 posti di qua e 4 di là. Cinture ? Boh ! Il pilota nascosto da una colonnina alla quale era inchiodato un mezzo bidoncino di ferro pieno d'acqua con un rubinetto di ottone alla base. Forse una tazzina pendeva al lato... E numerose mosche che facevano avanti e indietro da Rodi almeno 4 volte al giorno.La pista ? Corta e di ghiaia. Non ricordo di aver avuto paura...beata incoscienza dei vent'anni ! Non so dove saremmo finiti se ci fossero stati i 40 che ho ben visto nelle foto di Giovanni.
    Questo tempo qui non l'ho perduto, proprio no !
    Stupendo, beati voi, e sempre brava per il tuo fluire interminabile di parole e le magnifiche fotografie !
    Le sto pensando tutte, ma come fare per "rifare" come piace a me, ancora non l'ho capito.
    Ciao, vado a preparare un gin&tonic da bere alla vostra !
    Vicky

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  3. il po-po-po... Fracy, le barchette dei pescatori Greci fanno: to to to! :))

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  4. Karpathos. Una persona che conoscevo aveva nella mia città un'agenzia di viaggi e mi diceva spesso: "Devi andare a conoscere la mia terra, un'isola bellissima". Probabilmente l'avete "incontrato" e "fotografato" davanti quel traghetto, lui adesso è lì su quell'altura che sovrasta il porto di Pigadhia.

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    1. Ad averlo saputo prima, Fernando, gli portavo un tuo saluto. I cimiteri di queste isole sono l'emblema della vera pace, della quiete, del silenzio interrotto solo da quel rumore tipico dei vetri che proteggono i lumini e le icone mosso dal vento. Non ti nascondo che non c'è isola in cui per prima cosa non vada a visitare il cimitero.

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