domenica 28 agosto 2016

Astipalea, isolette di Koutsomiti e Thigani.


A volte vorrei essere come lui, questo piccolo oggetto volante telecomandato che sale su e guarda le cose dall'alto. 
Quasi non bastasse la mia asocialità e volessi andare oltre. Ma non è solo questo, è il cambio di orizzonte, è vedere più terra di quanto sei abituato a fare. 
Dopo 3 mesi a livello 0 sulla superficie del mare, salire in alto per un attimo è volare, capovolgere il mondo, respirare diverso. Ma è un attimo, poi vorrei tornare giù, perché il mare mi è necessario e la terra è più bella vista da qui. E i rumori tornano, e sanno di casa.

lunedì 22 agosto 2016

Lipsi, Xerokambos.

E poi, i posti del cuore. 
Dove sei sbarcata per caso a 18 anni e dove non manchi mai di passare in questa nuova vita. 
Lipsi è un giro di boa, l'inizio della seconda parte del viaggio. Sempre, ogni anno, ogni rotta trova il modo di passare da qui. 
Come un appuntamento con te stessa, un luogo dove, se fossi tipo da fare bilanci, faresti un bilancio. 
Ma non serve. Sono qui, dietro le spalle tante cose, davanti l'ignoto.
Ed è bello così.
Nel frattempo, dopo l'intervento di Panaiotis, il verricello dell'ancora ha ripreso a cantare intonato.
La vita in mare è segnata non dal tempo ma dalle cose che si ammalano e poi guariscono.
E ora, dove si va?

venerdì 19 agosto 2016

In abbondante compagnia.

Prima rada affollata di quest'anno. 
Prima o poi doveva capitare e in effetti è capitato abbastanza poi. 
Mi colpisce comunque il silenzio, data la densità.
O i miei ricordi di folla sono enfatizzati drammaticamente o chi va per mare è diventato più silenzioso. Ricordo questa rada, incastonata tra Leros e Arcangelos 5 anni fa, quando la taverna era solo in costruzione e qui in pieno agosto non c'era nessuno. Ora è una tappa fissa per chi naviga da queste parti, inclusi noi. In ogni caso, basta volare un po' e tutto torna solenne.

giovedì 18 agosto 2016

Consumi

La rotta impegnativa si vede dalle bandiere.
Quest'anno avevo fatto la scelta saggia di adottare le bandiere greche in nylon. Soluzione pensata da chi col meltemi ci convive, maniere dure contro un vento bastardo. Comprate a Galaxidi, questo è il loro stato dopo solo due mesi. E dire che fino alla botta da 55 nodi a Creta Sud avevano retto benissimo.
Si cambia, l'italiana sulla crocetta di sinistra l'avrei pure lasciata così, ma quella greca di cortesia no, quella dev'essere in forma. Ci tengono loro, ci tengo pure io.

mercoledì 17 agosto 2016

Tra Giali e Nisiros, una sera come tante.

Certe volte mi piace particolarmente guardare la mia vita da lassù, con l'aiuto del drone.
Ci vedo noi due, ci vedo me, la mia scelta. È l'immagine del bilancio della mia vita, è la mia vita.
La mia barca, da sola, tra un'isola e un'altra, nel tempo immobile di uno spazio infinito.
Vedo me stessa, la strada che ho fatto, la vita che ho lasciato dietro le spalle e quello a cui ho rinunciato. 

Vedo la sintesi estrema di una scelta, la sua semplicità. Il suo poco e il suo tanto. Il suo pieno e il suo vuoto.
Vedo quello che volevo, quello che ho, quello che ho perso e quello che non sarò mai.
E ogni giorno di più mi rallegro di averlo fatto.

martedì 16 agosto 2016

L'isola del ferragosto.

Si ha sempre un'isola nel cuore mentre si viaggia di isola in isola. 
Qualcosa che ti dia il contrario di ciò in cui hai ecceduto, ma anche un luogo che garantisca le tue esigenze persino quando la zona e il periodo dovrebbero ostacolarle. 
Quest'anno il dodecaneso mi spaventava più del solito. Due mesi e mezzo nel remoto più assoluto, con solo il mare intorno e pochi contatti con gli esseri umani, esclusivamente del luogo, mi facevano vivere con terrore l'approdo agostano in un arcipelago "civilizzato", paradiso del charter ormai da anni, quotidianamente saccheggiato da invasioni turche. 
Tilos speravo fosse la risposta e ne ho avuto conferma. 
Non capisco perché ma il mare ha sempre le sue zone franche, luoghi dove non va nessuno o dove chi passa lo fa solo velocemente, senza fermarsi, senza indugiare. 
Tilos è anche quest'anno, dimenticata dai più. I pochi che si fermano vanno alla rada del porto, scendono a terra per una cena in taverna e poi via, veloci verso Simi o verso Rodi e le sue isolette satellite. Tutta la costa occidentale è ignorata, fa perdere tempo, è esposta al mare e c'è rischio di risacca. Il mio rifugio ideale. Qui non è agosto, è ancora la mia stagione. 
Garantito il bisogno di silenzio e solitudine che è ormai una necessità congenita, Tilos ci viene incontro anche per contrasto. Venti leggeri anche quando il meltemi urla, ancoraggi sicuri e riposanti, facilità di scendere a terra e fare provviste. 
A Tilos il mio navigare fino a ieri impegnativo, emozionante e a tratti inquietante, diventa villeggiatura galleggiante. Un posto dove aspettare che l'Egeo "sferragosti" e pianificare, in modo rigorosamente approssimativo, la nuova stagione del viaggio. 


venerdì 12 agosto 2016

Ormos Tristomo, Karpathos, laddove il mare diventa lago.

Ce ne sono diversi, in Grecia, di posti così: angoli di mare circondati da terra, con uno stretto passaggio per l'acqua e per la tua barca. 
Sono rifugi ma possono anche essere trappole. Entrarci è inquietante quasi sempre (posso scommettere sul pensiero comune a ogni marinaio: "e se il motore si spegne....?"), uscirne a volte è impossibile. 
Se fuori c'è burrasca, dentro sai che non arriverà, ma sai anche che per uscire dovrai chiederle il permesso. 
Senso di protezione e claustrofobia mischiati insieme. Sicurezza soddisfatta e libertà frustrata. Ventre materno e perdita di orizzonte.
Ormos Tristomo, per il portolano è "closed in summer season", Captain Elias deve aver ritenuto il termine "sconsigliato" poco efficace. 
Due scogli ingombrano l'apertura del profondo golfo, lasciando tre angusti passaggi, di cui solo uno praticabile serenamente per pescaggio. Certo con mare formato, meglio considerarlo chiuso e anche con vento e onda media fa un po' impressione ma non più di tanti ingressi portuali. 
In fondo al golfo, un mulino e un insediamento di una decina di edifici di cui la metà in rovina e l'altra metà perfettamente ristrutturati di fresco. Ad abitarlo solo 3 gatti, qualche capra e rigogliosi alberi di fico. Nessun essere umano. Sulle rive i tanti rifiuti portati dal mare che entrano dal canale stretto e più non possono uscire. 
Oltre a legni, scarpe, taniche rotte, pezzi di rete e grippiali raccontano infinite storie di mare che ognuno legge a modo suo.

venerdì 5 agosto 2016

Un'altra barca!

Karpathos, Pigadhia.
È veramente strano dopo più di un mese, sentire quel rumore conosciuto di catena che scivola giù dal verricello. 
Salti fuori di corsa quasi pensando che sia la tua ancora che voglia prendere le distanze da te e..... "Oh, una barca"
Dopo un mese di solitudine, vuoi quasi bene al tuo vicino di rada, soprattutto se si ancora alla giusta distanza.

giovedì 4 agosto 2016

I segnali che non colsi.

Pivelli. 
Dopo 6 anni di Egeo e 3 passaggi nell'inferno del mare tra Creta e Rodi, ci siamo comportati da sciocchi. L'esperienza un po' aiuta, fa aumentare i timori, fa capire i fenomeni. 
Ma a volte l'esperienza, unita a una overdose di vento prolungata ti annebbia i sensi. E ti fa credere che quelle 12 ore di tregua in cui il vento cala a 10 nodi e ti riporta l'estate addosso siano il suo capitolare di fronte alla tua tenacia. Pensi, ok, ora finalmente tocca a me, è la mia mano. E confidi che democraticamente il tuo avversario ti lascerà uno spazio per muoverti simile a quello che si è preso lui. O anche 10 volte più breve, ma non solo quelle subdole 12 ore. 
Avremmo dovuto capire che quelle 12 ore erano un forte e chiaro segnale. Vattene via, fai più miglia possibile, allontanati da questo inferno. E invece noi siamo rimasti a godercela, come cicale ubriache che contano un po' troppo sulla propria fortuna. 
Alle 19 di ieri sera, tutto è cambiato. Non solo il vento, ma le raffiche violente da ogni direzione che già avevamo sperimentato.
Per inciso, tali raffiche che chiamavo catabatiche, ho scoperto che il buon Captain Elias, autore del miglior portolano della Grecia, definisce specificatamente a Kasos sud come whirlwinds, venti turbinanti, con tanto di disegnino grafico a tromba d'aria che chissà perché non avevo visto prima. 
La notte passa insonne ma tranquilla, l'abbiamo già vissuta la notte prima, nulla di diverso.
Stamattina cambia tutto. I turbinanti provenienti da tutte le direzioni si riuniscono in conclave e decidono di usare come portavoce quelli che vengono dalle direzioni per noi peggiori. Questi hanno un sacco di cose da dire e urlano per 15 secondi con una pausa di 5 in mezzo. L'ancora sarà ormai al centro della terra tanto è affondata, ma la scogliera è a 100metri. La barca si sdraia sull'acqua ora a dritta ora a sinistra. 
"E se spedasse?", ci chiediamo l'un altro senza chiedercelo. Non posso misurare le raffiche che mi arrivano addosso, ma l'acqua che mi colpisce fa male, brucia. Non riesco a tenere aperti gli occhi e se non mi aggrappo con tutte le mie forze volo via. Riusciamo a salvare il bimini con i pannelli solari prima che una raffica lo sradichi del tutto. 
È pericoloso salpare, per tirare su 50 metri di catena ci vogliono almeno 2 minuti e mezzo al netto delle pause per raffica, cioè ho 5 secondi buoni ogni 20.
Ma è assai più pericoloso restare...
Ti senti in trappola e allora capisci, torni in te. Devi agire, si salpa.
Quello che mi preoccupa chiaramente sono gli ultimi 20 metri di catena, oltre a tirarla sul musone. 
Qui torna in gioco quello che ieri aveva mandato il segnale, che regala una buona dose di fortuna e aiuta a compiere senza danni l'impresa, tenendomi per di più a bordo. 
Via verso Karpathos. Dio, che bello il mare aperto, con i suoi onesti 40 nodi che a questo punto sembrano 10, con la sua onda lunga, il soffiare del vento steso. 
Via verso un'altro ancoraggio, quello dove siamo ora, con lo stesso vento ma senza catabatici e turbinanti. Sogno un'isola senza vento, a un certo punto ci arriverò.
Anche se oggi non so se me lo merito.

Guarda il filmato del giorno del giorno del giudizio a kasos. Roba che spero di non farti vedere mai più.

mercoledì 3 agosto 2016

costa sud di Kasos

Continua il canto del vento. Qui però è un vento inventato, di base non ce ne sarebbe, non ce n'è, torna domani quello vero. Qui il vento è un dialogo tra la montagna e il mare, tra la terra calda e il mare più freddo. La barca, facendo perno sulla sua ancora sepolta sotto un metro di sabbia, compie escursioni in tutte le direzioni, talvolta resta persino ferma mentre due violente raffiche contrarie la investono contemporaneamente. Di notte ha compiuto un ballo nervoso, accompagnato dal fischio petulante del vento, anzi no, della montagna che si finge vento, e dai suoi più prosaici rumori di ferro e cordame quando l'ancora andava in tensione. Andando a prua per regolare quel tanto da eliminare i suoi lamenti, sentivo l'acqua polverizzata sulla pelle e la netta sensazione che in testa d'albero fosse invece una notte tranquilla. 
Ci sono posti in cui è protagonista la superficie del mare che, come un libro scritto bene toglie attenzione a tutto il resto.