domenica 8 settembre 2013

Donoussa. Convocati dall'isola del Diavolo.

Dal faro, la costa nord di Donoussa
Più vado per mare, più lo capisco: nulla è casuale.
Pensiamo sempre che sia il vento a guidare la nostra rotta e in parte è vero. Ma chi è che dà le istruzioni al vento? Per carità, il Meltemi è capace di fare tutto da solo, di sua iniziativa e per il solo gusto di sorprenderti, a volte, o di gratificarti, altre volte. Ma lui lo fa sulle brevi distanze, è dispettoso ma non strategico. Non ha una visione di insieme, si limita a esternare il suo umore nell'arco della giornata. Poi, il giorno seguente si dimentica quel che ha detto il giorno prima. No, c'è qualcos'altro che ci guida, il Meltemi - come noi forse - è  solo una pedina di questo mondo di acqua e terra. E di dei.
L'isolotto di Skoulonisi a Kalotaritissa. Sullo sfondo, Amorgòs
La strada era segnata. Da Leros via Levitha ad Amorgòs, poi Ios, Folegandros, Milos. La stessa rotta che ho consigliato a Luciano, già sperimentata come la via più confortevole per traversare l'Egeo da Est a Ovest con meta a sud del Peloponneso.
Partiamo da Archangelos, a nord di Leros, con un bel vento teso, sui 22 nodi  da NordEst (una nota: la velocità del vento che cito è sempre quella reale, constato che molti, invece, si basano di più sul vento apparente).
Donoussa, la costa Nord Est
Ci teniamo alti sulla rotta per prevenire la rotazione del vento e aver spazio per poggiare poi. Decidiamo subito di saltare Levitha e Kinaros e prevedere l'atterraggio direttamente ad Amorgòs su Nikouria, nel golfo protetto dall'omonima isola, 5 miglia a Est del porto di Katàpola. Il mare tra Kinaros ed Amorgòs è infatti il più scomodo e disordinato che abbia mai incontrato in Egeo.  In quel tratto di mare si formano facilmente grandi onde che sembrano venire da tutte le parti. Se il vento è forte, è una bella cavalcata; se molla è molto peggio. 
Ma invece di intensificare e ruotare verso ovest, il vento cala e resta di NordEst, la rotta su Nikouria diventa una sgradevole poppa piena, con il mare mosso della recente burrasca. 
P'acá y p'allá a Donoussa, baia di Kalotaritissa
"E se invece….?"
I nostri viaggi sono costellati di "E se invece…?". Sono il nostro modo di fingere che per mare siamo noi a decidere. 
È un gioco, non ci pensiamo nemmeno a competere, ci diverte solo intavolare questa diatriba con il Meltemi. Lui ride e dice "Volevate prevedere il mio comportamento, eh? sciocchi figli dei modelli matematici di previsione meteo……". E noi "Assolutamente no, sei tu che hai sbagliato a intuire la nostra destinazione". La discussione va avanti per un po' e la mia strafottenza è, di solito, direttamente proporzionale alla distanza dall'ancoraggio. Quindi, in questo caso, gli faccio un bel sorriso conciliante e mi fermo lì. 
Il faro sulla punta NordEst
Il bordo buono è, guarda caso, su Donoussa. Lo dicevo io, c'è dell'altro. Lo sapevo. 
Quando lasciammo Donoussa in pieno agosto, mi sentivo in colpa. Sentivo l'isola dietro le mie spalle che mi chiamava "Dove vai? non si fa così. Non si arriva, ci si siede a tavola e poi si va via senza neanche aver fatto un po' di conversazione". È lei, È Donoussa, ci chiama a sé. 
Guardo a sud e chiedo scusa ad Amorgòs, il magnete stavolta non è stato abbastanza potente. 
Il vento cala quasi del tutto, a 5 miglia dall'isola di Donoussa intensifica un poco ma sottovoce. 
È come quel sordo silenzio che invadeva il corridoio della scuola quando venivo mandata dal Preside. 
"Oggi ti spiego i danni che fa il pregiudizio" mi dice Donoussa mentre metto piede nella baia di Kalotaritissa  a NordEst dell'isola. "È vero, sono uno scoglio in mezzo al mare. Peggio, in mezzo a questo mare. Non so perché ma mi hanno messo qui, proprio al centro di quel canale vuoto tra le Cicladi e il Dodecaneso. A Nord, nella direzione da cui viene questo benedetto vento, c'è solo mare fino a Limnos e di mare ce n'è tanto, lo puoi vedere da sola. E questo è un fatto. Poi, è vero, il Meltemi si diverte qui intorno a fare un po' di centrifuga, va capito il ragazzo. 
sulla via per il faro a Donoussa
È come quando tu da bambina giocavi a scivolare giù dal corrimano della scala, poi arrivavi alla fine e facevi un bel botto per terra. Colpa della gravità, dell'abbrivo, della forza d'inerzia. È più o meno la stessa cosa: lui arriva qui senza trovare ostacoli e quando mi incontra, visto che è stato educato bene, punta i piedi per fare un po' d'attrito e fermarsi a salutare. Sono un posto difficile, ma non impossibile. E invece, tutti voi navigatori di lungo periodo mi lasciate ora a dritta, ora a sinistra e non mi includete mai nelle vostre rotte." 
Porca miseria, Donoussa si è arrabbiata. "Ma non è vero" le dico "Ho incontrato molti su barche charter che avevano proprio te come meta…" 
P'acá y p'allá all'ancora a Makàres
"E questa è l'onta più grave" a questo punto, alza di un tono la voce "L'isola-del-diavolo, mi chiamate, e così non sono più una meta ma un record per gli sconsiderati, quelli che vanno, vengono, ti trattano come una boa, fanno rumore e se ne vanno senza neanche salutare. Non sono io, non è la mia anima, questa, sono solo vittima di un pregiudizio. Adesso cala quell'àncora e riflettici su".
Ha ragione. Persino il Meltemi ha capito che non è il caso di ostacolarla in questa sua rivendicazione di isola da scoprire. Si acquieta a brezza lieve e resta a guardare. 
Scendiamo a terra, a rendere tardivo omaggio a questa terra orgogliosa che offrì riparo ad Arianna e in cui Enea scelse di passare. 
Il gallo di Donoussa
Un viottolo poco segnato, di roccia e macchia bassa, gira il promontorio e conduce fino al faro. A metà del cammino, vediamo arrivare un'altra barca. Chi fa le foto continua a camminare, chi raccoglie i sassi torna indietro a vigilare sull'ancoraggio dei nuovi arrivati. È un bellissimo vecchio swan  48 battente bandiera australiana. Dall'alto li vedo entrare, ammainare le vele e procedere a velocità ridotta. Sento che Donoussa sta facendo una predica anche a loro. Ma avrà poco effetto. Si capisce che non si fermeranno molto. Non ti lamentare Donoussa, hai due gran belle barche stasera!
L'isolotto di Paraskevi visto da Makàres. Sullo sfondo
A terra c'è un piccolo caseggiato, una chiesa, due barche da pesca e una taverna con quel che c'è. A giudicare dalle facce dei 4 italiani, unici ospiti seduti a tavola, quel che c'è deve essere buono. Mangiano presto, sono le 6, d'altra parte l'ultimo autobus è alle 6,30 e non c'è altro modo di arrivare a Stavros il porticciolo (e unico centro) dall'altra parte dell'isola.
Risaliamo un po' la stradina dell'abitato e incontriamo un gallo, un paio di chiocce e una dozzina di pulcini. Un mulo e due caproni completano l'insieme. 
C'è quiete e quell'effetto strano di tempo che scorre lento. Donoussa mi osserva severa, le prometto che torneremo ancora.
L'ancoraggio di Makàres
Per non correre il rischio di altri incidenti diplomatici, il giorno dopo facciamo tappa alle isole di Makàres,  esattamente a metà strada tra Naxos e Donoussa. Makàres, Paraskevi e Strongili, inserite nel progetto ecologico di Natura 2000 come luogo di sosta degli uccelli migratori . 

Guide e portolani le ignorano. Sono tre schegge di roccia bianca che incontra l'acqua di mare, nient'altro. Less is more, dicono gli inglesi, nel meno c'è il più. Sono il regalo di Donoussa per noi questi 3 scogli con un ancoraggio perfetto. Ha legato il vento dentro una sacca e ci ha permesso di passare una giornata qui, dove di solito non è che onde e spruzzi, raffiche e fischi sinistri. Un gran bel regalo e ci sentiamo anche noi un po' makàres (οι μακάριος = i beati).

8 commenti:

  1. Fantastico il dialogo con la Natura, fantastici i posti, fantastiche le foto!
    Grazie!
    Per un momento mi sono sentito ospite di quella cabina di poppa... quella lato cucina :)
    B.V.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il ché mi ricorda che dovrei mettere un po' ordine nella cabina ospiti....

      Elimina
  2. Le rotte perigliose dell'Okeanòs portano ineluttabilmente alla considerazione del sacro. Niente è più naturale, in Grecia poi, della riscoperta dell'Olimpo e dei suoi magnanimi o vendicativi residenti. Il dialogo con la Natura è antico come quello con gli dei che ogni buon marinaio riserva nell'angolo timido e segreto del suo cuore e della sua mente. Rituali di buon auspicio si officiano, più o meno palesemente, ogni qualvolta le circostanze lo richiedano. Quali circostanze? Le conosciamo benissimo, noi che andiamo per mare. Sulla nostra prora non manca l'occhio apotropaico. E qui si ripropone l'abusata ma non risolta questione della barca e del suo significato profondo. Se fine o mezzo, se grembo materno o pacchiana vanità, se simbolo o strumento. Dico la mia in modo perentorio: feticcio. Grandissimo e magnifico feticcio. Taumaturgico ed esoso. A lui s'immola quanto possediamo di più caro e se dall'altare sacrificale s'innalza uno zefiro profumato di mirto, ci risparmia e ci ripaga concedendo ad alcuni di vedere per poter ad altri raccontare.
    Silverio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non saprei, Silverio, dire cosa sia la barca. So che io oggi, dopo le scelte che ho fatto, senza P'acá y p'allá non saprei qual è il mio posto nel mondo. :-)

      Elimina
    2. Almeno tu il tuo posto l'hai trovato !
      Per me la barca è " il " posto.
      E' sia fine che mezzo, sicuramente grembo materno, mai ostentazione, ma simbolo sì.
      L'ultimo rigo di Silverio è vero e bello.

      Elimina
    3. Almeno tu il tuo posto l'hai trovato !
      Per me la barca è " il " posto.
      E' sia fine che mezzo, sicuramente grembo materno, mai ostentazione, ma simbolo sì.
      L'ultimo rigo di Silverio è vero e bello.

      Elimina