giovedì 9 agosto 2012

Astipalea. “Kastro mesa italiani dormire, mangiare, pum pum pum”

“Italiani?.... Ohhhh italiani! Ella, ella!” Una signora molto anziana vestita di nero e seduta sugli scalini all’ombra di una casa della Chora di Astipalea, richiama la nostra attenzione e, al cenno di assenso sul nostro essere italiani, ci chiama a sé, ci prende le mani e inizia un lungo discorso fatto di gesti, di sguardi e di parole nei tre vocabolari greco, italiano e inglese. Non so se si commuove così ogni volta che vede un italiano, cosa che non deve essere troppo frequente però neanche così rara quaggiù, ma dall’enfasi con cui parla sembra che siamo i primi italiani che incontra dal dopoguerra.
C’è del bello nel non parlare la stessa lingua, a volte. Ed è tutto nella passione con cui il prossimo si impegna a spiegarti quello che sente. La signora, che per inciso non intende venderci nulla, ha le lacrime agli occhi, mi stringe la mano (Giovanni si è rapidamente ripreso la sua), mi accarezza il viso e cerca di raccontarci la sua storia, o meglio, la Storia della prima metà del secolo scorso, inanellando una trentina di vocaboli in tutto. “Kastro” indicando il castello “Italiani mesa dormire,  mangiare… Oh italiani!!! Latte, formaggio, uva, ricotta. Mesa mangiare, mesa dormire” facendo il gesto di cullare un neonato al seno. Poi, rabbuiandosi “Germans, vrooom” mimando con la mano aerei che sorvolano  in alto. “Italiani Pum pum pum” sparando con due dita a pistola contro il cielo e con un sorriso da “arrivano i nostri”. Alla fine, assume il tono dell’epilogo del saggio e dice “Anglais arrivano… e… Perimene questa è Ellada”
Praticamente, un bignami di storia moderna, la nostra signora. Non so se, dal mero resoconto scritto, sia a voi comprensibile quello che dal vivo era assolutamente cristallino e inequivocabile. 
In sintesi: i nostri soldati erano arrivati dopo aver cacciato i turchi, si erano piazzati dentro al Castello e non facevano altro che mangiare e dormire. Apprezzavano particolarmente i formaggi, l’uva e i suoi derivati , il latte di capra. Il gesto di cullare il neonato credo fosse riferito ai piccoli italiani illegittimi che nacquero in quel periodo, forse qualche figlio stesso della signora. Quando poi sono arrivati i tedeschi, nella seconda guerra mondiale, gli italiani (forse alla fine, quando avevano capito...) hanno cominciato a usare la contraerea per difendere l’isola, gli astipaleani e soprattutto se stessi. Poi sono arrivati gli inglesi, hanno liberato tutti e hanno detto “Mo’ basta occupazione, questa è la Grecia liberata”. 
I greci sono un popolo abituato alle occupazioni cui hanno reagito con ritrosia e diffidenza solo all’inizio per poi accettare piacevolmente gli intrusi e integrarli nella loro vita quotidiana. Un esempio di quanto sto dicendo, nel bel film di Salvatores “Mediterraneo”, ambientato nella remota Kastellorizo. L’affetto con cui la signora ricorda gli italiani non è quindi affatto strano da queste parti.
Insomma, ci vogliono bene qui ad Astipalea, dovevano essere assai meglio dei Turchi questi italiani, almeno nei ricordi della signora.
Ma anche nei ricordi di Elias, o meglio nei ricordi tramandati al figlio dal padre di Elias che ha lavorato per i Carabinieri italiani per 15 anni quando la Stazione CC era a fianco dell’autorità portuale. Elias è l’uomo dell’acqua di Astipalea, il water for boat che si legge nei cartelli scritti a mano sulle banchine greche. Ovvero un signore che ha le chiavi del lucchetto del tubo dell’acqua sul molo, tu chiami, lui prende il motorino, viene al porto, ti apre il lucchetto ti aiuta a svolgere il tubo e ti fa fare rifornimento d’acqua per 5 euro. Non hanno il conta litri, si paga 5 euro e basta che il tuo serbatoio sia di 400 litri come il nostro o di 2.000 come quelli dei caicchi. Elias ci incontra al tramonto in motorino che andiamo a fare le foto ad Astipalea di notte e ci raggiunge in barca più tardi per farci vedere sul monitor della macchina fotografica quale sia la sua casa. 
Ci dice che l’Italia è bellissima, lui non ci è mai stato ma deve essersela immaginata così. Ci racconta che per anni ha fatto il meccanico dei motori ma che ora basta, ora ha un figlio, ora fa l’uomo dell’acqua. Evidentemente procreare ha più a che vedere con l’acqua che con i motori e la cosa, se volete, ha un senso. Elias ci parla e con gli occhi viaggia con noi, ci dice che anche Sirna, isola disabitata a 20 miglia a sud è splendida ma anche lì non c’è mai stato. 
E poi c’è il bambino dei fichi, che non si sa come si chiama e non si ricorda degli italiani perché per lui, italiano, greco, tedesco, belga, non importa. Tu sei semplicemente uno di quelli delle barche che arrivano al porto, quelli che quando la mamma li vede da casa sulla collina, lo chiama veloce,  gli mette un paio di sacchetti di fichi appena raccolti e lo manda in banchina per venderli a 4 euro. Ogni sacchetto è di circa un chilo e mezzo. Il bambino ha un’aria un po’ triste, forse è solo la forma degli occhi, forse un innato istinto di marketing. Quando gli compri i fichi e gli dici che non importa se non ha il resto, accenna un lampo di piccolo sorriso ma poi indossa subito di nuovo la faccia triste. 
E siccome hai comprato, torna dopo 10 minuti e ti chiede se ne vuoi altri, e poi ancora 10 minuti dopo. Vorrei smentire la teoria sull’indigestione dei fichi che provoca il mal di pancia. A questo punto, dopo il plurimo acquisto, la considero un’ingiusta calunnia. Forse è per questo che il bambino aveva la faccia triste.
Quel che è certo è che al bambino gli avrei finanziato l’intera piantagione, dopo aver visto la sua faccia triste trasformarsi in espressione di dignitosa serietà nel rifiutare lo sconto chiesto da un orrido armatore turco, esempio di nouvelle richesse, da imbarazzare persino i nostrani Briatori. Il turco ha chiesto di assaggiare un fico, gli ha fatto cenno per dire che valevano meno di quanto richiesto e gli ha offerto una cifra inferiore. Il bambino si è ripreso il suo sacchetto, ha detto un educatissimo "No" e gli ha girato le spalle. E quel fico di assaggio glielo ha regalato. 
Vorrei insegnare al bambino a dire la parola “Pezzente” in tutte le lingue del mondo. Ma forse la sua dignitosa risposta valeva di più. Astipalea è luogo di incontri e facciamo amicizia con Alberto e Paola che ci invitano a bordo del loro Franchini 53 per un aperitivo e scambio di informazioni da naviganti in Egeo. Con loro a bordo due amici e l’espertissimo Hans, marinaio austriaco naturalizzato in Turchia. Raccontiamo loro Creta, dove portano a svernare la bellissima “Atrevida”. Gli piacerà, Creta non può non piacere.
Ad Astipalea torniamo dopo 27 anni. L’isola è sostanzialmente la stessa. Nel porticciolo di Skala c’è qualche costruzione nuova ma neanche poi tante. La Chora è decisamente più animata ma l’indole del posto è rimasta quella. Gli autobus sono di nuova generazione e hanno una frequenza maggiore di allora. Per il resto è assolutamente la stessa isola. Con sorpresa, seduti al tavolino di una taverna sulla spiaggia di Ormos Marmari, sentiamo la stessa canzone greca che suonavano sugli autobus quasi 30 anni fa. Deve essere un classico, oppure la canzone di Astipalea. Un po’ un loro “O sole mio”, la coincidenza è commovente.
Astipalea, dimenticata dagli dei in un buco di solo mare, a 25 miglia dalle sorelle egee, dodecanesica sulla carta ma cicladica nel carattere, è un’isola a forma di farfalla, con un istmo sottile che divide la costa nord da quella meridionale, la parte Ovest montuosa da quella Est più collinare. È frastagliata e costellata di isolette satellite. Splendido l’ancoraggio nella cala Ovest di Kounoupi, Landa Bay, dove restiamo a dormire abbastanza tranquilli nonostante un forza 6-7 che imperversa tutta la notte. Bellissima anche la baia di Kaminakia con la taverna in riva al mare. E le acque cristalline di Ormos Steno e quelle blu profondo di Ag. Fokas con le scogliere a picco nel mare. Il resto di Astipalea lo vediamo in motorino, con la strada che a ogni curva ti fa cambiare versante, su strade sterrate e piene di sassi che chissà quanto turismo ci vuole prima che le riescano ad asfaltare. È brulla, rocciosa, sarebbe silenziosa se non fosse per la colonna sonora potente del vento. Astipalea è bella e dolce in tutto, fin dal nome, fin dalla forma, sicuramente per la sua gente.

4 commenti:

  1. Dopo il comandante H.M.Denham e Goran Schildt, ampiamente saccheggiati da chiunque abbia scritto sul Mediterraneo, finalmente qualcosa di originale sull'Egeo, le sue isole, la sua gente. In tempi di navigazione di massa esiste ancora la possibilità della scoperta del bello attraverso il difficile.
    Silverio

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  2. Cara Francesca,non so se mi è piaciuta di più la signora poliglotta e la sua enorme capacità di sintesi dell'antropologia europea, l'uomo dell'acqua che per semplificarsi la vita applica i 5 euro a prescindere e a priori, o questa sensazione di anni '50 che mi ha pervaso leggendo il post. Ad un tratto mi è sembrato un po' Pane, amore e tzatziki (perdonerai la pessima ortografia greca ma - si sa- ho probolemi anche con quella italiana) e mi aspettavo che tu ti allontanassi a dorso di mulo, novella Lollobrigida, con Giovanni facentefunzioni De Sica (Vittorio, per carità, Vittorio. Mancava solo una strepitosa Tina Pica, ma ella è una delle mie personalità e quindi non la cedo.
    Ma alla fine quello che mi è piaciuto di più è il bambino vendi fichi e il suo aplomb da grande uomo (il censo nulla può davanti al carattere). Leggerai questo commento quando sarai lontana, purtroppo, mi piacerebbe chiederti di comprarme, per me, un sacchetto di fichi al bambino e di fargliene omaggio.

    Cocò

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  3. Cocò, prima o poi, lo sento, molli tutto e ci raggiungi in barca. C'è una marinaia ansiosa di terra vista da mare dentro di te, ben nascosta ma saldamente ormeggiata :-)
    Silverio, mi monterò la testa con questi riferimenti decisamente troppo elevati per la mia prosa disordinata e affetta da mancanza di disciplinata rilettura. Mentre è epoca di restare umili, mi sa: l'inverno incombe, i conti languono, le tasse aumentano, il mercato ha sempre meno bisogno di consulenti in comunicazione con un occhio puntato sulla bussola e l'altro sulle previsioni meteo. Ma che ci importa, la realtà ha poi sempre il dono di riportarci con i piedi per terra, magari a questo ci pensiamo tra un po' :-)

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  4. Fuori e dentro di me abita un amante dei viaggi in luoghi non necessariamente lontanti ma assolutamente "fuori rotta". Per questo il tuo diario delle isole greche è una lettura imprescindibile.
    Che vuoi, Francesca, fatte non fummo per il mercato ci veniamo ogni tanto a
    patti per le necessità primarie. Nulla più.
    Ma all'inverno manca ancora un po'. Cicaleggia ancora per mare e fai marameo al Malteni. Io ti aspetto a Roma per alleviare l'attesa con cene innaffiate di vino, chiacchiere e sigarette.

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