Non è facile tornare in un posto che hai scoperto per caso 26 anni fa, hai il sacrosanto terrore di trovarlo cambiato, violentato, radicalmente trasformato. Ci consola il fatto che 10 anni fa lo avevamo riscoperto intatto, solo con più turismo di prima, ma lo scempio ci mette poco a perpetrarsi.
E invece no: siamo cambiati molto più noi in questi 26 anni di quanto lo sia Lipsi. Certo non è la stessa, ma lo sviluppo è stato coerente con la sua anima, delicato, rispettoso. Ci divertiamo ad individuare i cambiamenti: la pensione di Nikita oggi ha un cartello con scritto Panorama, l’Hotel Calypso è identico ad allora quando era l’unico punto telefonico dell’isola, oggi ha anche un omonimo supermarket. Il porto ha un molo nuovo dedicato alle barche in transito, il che non è un cambiamento negativo.
A Kohlakoura siamo soli in rada. Nella baia, oltre alla villetta che esisteva allora, ce ne sono altre due e uno scheletro in costruzione ma l’equilibrio resta corretto e l’architettura è gradevolmente semplice, con le case in calce bianca con il portico e le pulene. Ad Aspronisi, due isolette di roccia bianca sul lato Ovest, non troviamo nessuno, l’acqua è blu e turchese a sprazzi.
Dal porto facciamo una lunga passeggiata a piedi fino a Plati Gialòs ed ecco che ritrovo quella baia di cui non ricordavo il nome e l’ubicazione ma perfettamente la forma e la quiete: è una insenatura rettangolare di sabbia orlata di roccia bianca, sembra una grande piscina. Sullo sfondo una spiaggia di ciottoli e sabbia, un muretto a secco, un campo di olivi e in mezzo a questi una piccola chiesetta. Tutto identico ad allora, solo una taverna in più e la strada per arrivarci è asfaltata e non più un viottolo di terra battuta.
A riva, una decina di persone e altrettante oche (no, non è un giudizio sulle femmine presenti, sono proprio oche) convivono pacificamente dividendosi pezzetti di pita. Una sola barca in rada, una piccola vela in posizione un po’ scomoda, non entra il mare ma un po’ di risacca c’è. La spiaggetta vicino al porto, quella in cui dormivamo in tenda e su un letto di sassi, è più bella di quanto ricordassi, forse perché ora dormiamo più comodi di allora.
Nel campo di olivi retrostanti, dove c’era qualche campeggiatore, ora ci sono gli scavi di alcune rovine archeologiche, magari l’ha scoperto qualcuno mettendo un picchetto per la tenda. Giovanni ritrova vicino al paese la chiesetta che aveva immortalato 26 anni fa come sfondo di un mulo e il suo padrone, oggi ha un campanile nuovo e del mulo non vi è più traccia (quanto vive un mulo? Chissà).
In banchina c’è Yannis, “the man with the yellow cap”, i portuali di questi posti un po’ arrangiati indossano sempre qualcosa di molto visibile per essere individuati subito anche da lontano. Yannis è una sorta di raìs del porto, se vuoi l’acqua la devi chiedere a lui e se non ti fidi della sua risposta “no, oggi niente acqua, l’autobotte non arriva” e provi a bypassarlo chiedendo ad altri, ecco che ti rimandano a lui. Oggi poi Yannis è molto impegnato, non gli piace che ci si ormeggi all’inglese sul molo esterno e se può cerca di scoraggiare l’avvicinamento.
Oggi che il porto è quasi vuoto capiamo perché: alle bitte fissa 5 o 6 rotoli di lenza con un verme innescato e poi se ne va in giro a svolgere le sue incombenze, chiamare l’omino dell’acqua, prendere un caffè frappé, farsi pagare i suoi 5 euro per l’assistenza all’ormeggio, prendere un altro caffè frappé….. finchè, non si sa come, capisce che qualcosa ha abboccato. Ed eccolo che tira su in mezz’ora un bel paio di orate. Oggi yellow cap è particolarmente felice ma l'acqua non arriva lo stesso.
Andiamo a cena da Manolis per il semplice fatto che è arrivato alla nostra barca per chiedercelo, portandoci un bel depliant (bello si fa per dire) con il suo menù. D’altra parte, il sistema funziona, Manolis è l’unico ristorante che è pieno stasera, i pochi presenti greci e turisti sono tutti qui. E si mangia bene, davvero.
Andiamo a cena da Manolis per il semplice fatto che è arrivato alla nostra barca per chiedercelo, portandoci un bel depliant (bello si fa per dire) con il suo menù. D’altra parte, il sistema funziona, Manolis è l’unico ristorante che è pieno stasera, i pochi presenti greci e turisti sono tutti qui. E si mangia bene, davvero.
Il miglior pollo dopo Gavdos, dice Giovanni. Lipsi è meta d’elezione per gli italiani, da sempre. Per l’isola, forse soprattutto visto che siamo a settembre, si respira un’aria non da vacanza ma da vita diversa. Tutto è molto rilassato, i pochi stranieri che vedo danno l’impressione di essere qui da molto tempo. Mi interrogo su quanti di quelli che incontriamo abbiano poi comprato casa qui, come quei 3 amici alla pensione di Nikita che si proponevano di farlo nel 1985. E di case o terreni in vendita ce ne sono tanti, soprattutto terreni. Impossibile non fantasticare su quanto sarebbe bello trasferirsi qui in pianta stabile. Sono stata conquistata da Gavdos, ho adorato Halki, ho trovato incantevole Tilos, ma Lipsi per me è sempre Lipsi, qui mi sento davvero a casa.
Stasera nel piccolo spiazzo arena sul porto c’è uno spettacolino con due che suonano degli strani mandolini. Il papas nella sua toga nera è in prima fila. L’ouzeria lì vicino ha i polpi appesi a seccare come si usava una volta. E tutto ha un’atmosfera magica, sospesa. Insomma, se non dovessimo tornare, sapete dove venire a cercarci.
Ma io posso chiedere un piccolo favore a Giovani che non mi conosce?
RispondiElimina1 foto di un ulivo vecchio con il tronco tutto nodi e squarci me la farebbe?
Certament, ma chere! Anche se ciò che tu descrivi è più localizzabile in terra sarda o apulica che cicladica. Anyway, Giovanni interrogato a proposito, risponde come alla domanda "Altafini?" all'epoca degli scambi delle figurine panini, ovvero "cell'ho, cell'ho". Abbi fede e pazienza che la trovi e te la mando.
RispondiEliminaNiene fretta non è mica una consegna materiali!
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