Superiamo Itaca ed entriamo nel nuovo. Lo scorso anno
scorremmo tutto il Peloponneso verso Sud per entrare in Egeo. Questa volta
scegliamo la via di Corinto.
Vorremmo ancorarci per la notte nell’unico ridosso
sull’isoletta di Oxia ma le fish farm e le raffiche di vento ci convincono a
desistere e a spostarci nella rada continentale proprio di fronte all’isola. Ci
siamo solo noi e le barche dei pescatori ai gavitelli. Dopo il tramonto,
restiamo noi e i gavitelli, i pescatori vanno a “coltivare” le loro farm.
Facciamo tappa a Mesolongi, il porto di molti italiani per
svernare e fare i lavori alla barca. Situato all’ingresso del golfo di
Patrasso, Mesolongi, a cui da mare si arriva percorrendo un lungo e stretto
canale dragato a 6 metri popolato da uno strano mix di pescatori e bagnanti, non ha sostanzialmente altro motivo per visitarla. Il
caldo africano che ci ha accompagnato finora, raggiunge qui le temperature più
elevate, regalandoci un’afa che esalta la nostra voglia di Egeo.
Un posto buono
per svernare, lo sanno bene i proprietari del marina che, quando vado con i
documenti per fare il check in, mi chiedono subito se voglio un preventivo per
lo stazionamento invernale a mare o a terra. Perché no? Me lo faccio fare anche
se so che difficilmente terremmo la barca qui. Se devo tenerla lontana, meglio
il sud italia, quello dei prezzi onesti, o il Dodecaneso dove sei già arrivato
a destinazione. Con 2.000 Euro mantieni la barca 6 mesi, un po’ in acqua, un
po’ a terra, incluso alaggio, lavaggio e varo. Non male, visto che qui è
l’inverno ad essere alta stagione.
Il ricordo più bello di Mesolongi è il buiaccaro sul prato
dove mangiamo un piatto di souvlaki per 5 euro, inclusa la birra che purtroppo
non è greca ma tedesca, perché forse la Merkel li ha obbligati a comprarne
talmente tanta che sono costretti a vendere quella in esclusiva.
Il passaggio sotto al ponte di Patrasso è davvero
suggestivo. Intanto è il ponte a campata sospesa più lungo del mondo, una
costruzione imponente e, vista dal mare, soprattutto se hai un albero che si
innalza dalla coperta per 18 metri, anche particolarmente impressionante.
Perché è vero che per radio ti dicono dove passare dopo averti chiesto
l’altezza dell’albero, è vero che sai che l’altezza minima è di 25 metri, ma
quando la tua prua inizia a essere sotto l’arcata, guardi in alto e pensi
proprio che, sì, sentirai a breve un gran fragore di acciaio. Questione di
prospettive, fatto sta che poi passi e ti ritrovi dall’altra parte tutta
intera.
Il golfo di Patrasso ha il suo perché. È un perché poco
greco e molto croato, con le acque di color smeraldo profonde fino a riva, i
borghetti tranquilli e silenziosi, le colline verdi.
Vorremmo fermarci di più
ma un pronostico di forza 10 ci spinge ad accelerare. O meglio a continuare a
non fermarci. Una notte davanti al borghetto di Galaxidi, animato ma non troppo,
e proseguiamo senza indugio verso il canale di Corinto.
Adesso…. Lo stretto di Corinto, parliamone. Intanto ci va
una dedica ad Ada che lo stretto di Corinto ci teneva a viverlo attraverso noi
e le foto sono tutte per lei.
Da anni sento elogiare il passaggio di Corinto
come una delle meraviglie del mondo del mare. “Un’esperienza fantastica”, “Uno
scenario grandioso”, “un’emozione indicibile”. Giovanni stesso resta
affascinato. Io? Che ve devo dì? Grandioso, indicibile e fantastico sono
aggettivi che userei per altre inquadrature. La cosa che mi ha più colpito del
canale di Corinto è un povero cane morto (proprio un cane morto eh? Non quelli
dei modi dire tipo “non c’è un cane morto”) affogato a metà del canale. Sarà
caduto dal ponte della ferrovia? Sarà una vittima dell’abbandono pre-vacanze
estive? Non saprei.
Ma come? Passi il Canale di Corinto e quello che noti è un
cane morto, non le rocce calcaree a picco sulla strettoia, non le acque di uno
strano e torbido turchese? Va bene, per acquisire un po’ di sensibilità ai vostri
occhi, posso dire di aver pensato agli operai nell’atto di iniziare gli scavi
di un’opera che essendo dell’uomo e non della natura, questo sì, ha qualcosa di
grandioso. Che avranno detto? “Vabbé cominciamo da qui, certo ci vorrà del
tempo…”. E ci sono voluti 12 anni, per scavare questo canale largo 25 metri,
lungo più di 3 miglia, con un’altezza massima di 79 metri sul livello del mare.
A pensarci bene, molto meno della Metro C di Roma. Grecia-Italia 1 a 0, anche
se gli anni erano diversi e alla fine dell’800 pure noi eravamo un po’ più
lesti di ora, dicono.
La trafila per passare il canale, anche qui descrittaci
come una lunga attesa di parecchie ore (si vede che il Canale di Corinto ha
l’effetto di superlativizzare le sensazioni…), si riduce ad un’ora scarsa,
nonostante siamo tanto sfortunati da arrivare proprio quando hanno appena chiuso
la diga nella direzione Ovest – Est. Compagni di passaggio, il cargo Jackaranda
che obbliga il convoglio a una velocità di 3,5 nodi, un veliero francese, il
Belespoir, di 27 metri e, a farci sentire meno il Calimero della situazione,
una barca a vela, Lola, battente bandiera americana. Tutti in fila indiana,
guidati dalla professionalissima e incazzatissima voce per radio che ci indica
come, e soprattutto quando, iniziare la navigazione. E noi, ubbidienti, gente
affamata di Egeo, procediamo, in religiosa e lenta processione, non per ordine di arrivo ma
per grandezza della barca.
Il canale navigabile dal pedaggio per miglio più
costoso del mondo, prevede l’attracco sull’ingresso Est per il tempo veloce del
dazio di 227 euro. Tutto per risparmiare 150 miglia. Insomma, il canale di
Corinto è quella cosa che almeno una volta va fatta. E noi lo abbiamo fatto.
Anche se, diciamocela tutta, se non conoscessimo bene il buon Meltemi che ha la
bizzosa smania di spingere il prossimo violentemente verso sud, non avremmo
usato questo ormai storico trabocchetto e, senza particolari timori, saremmo
scesi verso sud per riguadagnare miglia a nord dopo Capo Maleas. Ma al figlio indemoniato di Eolo qui,
ce lo ricordiamo bene….
GRAZIEEEEEE!!!!! certo non essere stata lì con voi, ma invece nel torrido e operoso nordovest ... bè, è un dispiacere. Ma conto che ci sarà modo di rifarsi. E poi sono molto emozionata per questa dedica! Sono lì con voi in ispirito ... costo poco, in fondo! Baci
RispondiEliminaIl Colosseo fu costruito in soli 8 anni dal 72 all'80 d.c.
RispondiEliminaPareggio!
... Andrea, sì ma... è pieno di buchi! :-)
RispondiEliminami dispiace contraddire Andrea ... nell'80, quando l'hanno inaugurato (peraltro senza badare a spese ...), al Colosseo mancava l'ultimo piano!
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