lunedì 16 luglio 2012

Mesolongi, Patrasso e lo stretto di Corinto. Tempo di ponti e canali dragati.

Superiamo Itaca ed entriamo nel nuovo. Lo scorso anno scorremmo tutto il Peloponneso verso Sud per entrare in Egeo. Questa volta scegliamo la via di Corinto. 
Vorremmo ancorarci per la notte nell’unico ridosso sull’isoletta di Oxia ma le fish farm e le raffiche di vento ci convincono a desistere e a spostarci nella rada continentale proprio di fronte all’isola. Ci siamo solo noi e le barche dei pescatori ai gavitelli. Dopo il tramonto, restiamo noi e i gavitelli, i pescatori vanno a “coltivare” le loro farm.
Facciamo tappa a Mesolongi, il porto di molti italiani per svernare e fare i lavori alla barca. Situato all’ingresso del golfo di Patrasso, Mesolongi, a cui da mare si arriva percorrendo un lungo e stretto canale dragato a 6 metri popolato da uno strano mix di pescatori e bagnanti, non ha sostanzialmente altro motivo per visitarla. Il caldo africano che ci ha accompagnato finora, raggiunge qui le temperature più elevate, regalandoci un’afa che esalta la nostra voglia di Egeo. 
Un posto buono per svernare, lo sanno bene i proprietari del marina che, quando vado con i documenti per fare il check in, mi chiedono subito se voglio un preventivo per lo stazionamento invernale a mare o a terra. Perché no? Me lo faccio fare anche se so che difficilmente terremmo la barca qui. Se devo tenerla lontana, meglio il sud italia, quello dei prezzi onesti, o il Dodecaneso dove sei già arrivato a destinazione. Con 2.000 Euro mantieni la barca 6 mesi, un po’ in acqua, un po’ a terra, incluso alaggio, lavaggio e varo. Non male, visto che qui è l’inverno ad essere alta stagione.
Il ricordo più bello di Mesolongi è il buiaccaro sul prato dove mangiamo un piatto di souvlaki per 5 euro, inclusa la birra che purtroppo non è greca ma tedesca, perché forse la Merkel li ha obbligati a comprarne talmente tanta che sono costretti a vendere quella in esclusiva.
Il passaggio sotto al ponte di Patrasso è davvero suggestivo. Intanto è il ponte a campata sospesa più lungo del mondo, una costruzione imponente e, vista dal mare, soprattutto se hai un albero che si innalza dalla coperta per 18 metri, anche particolarmente impressionante. Perché è vero che per radio ti dicono dove passare dopo averti chiesto l’altezza dell’albero, è vero che sai che l’altezza minima è di 25 metri, ma quando la tua prua inizia a essere sotto l’arcata, guardi in alto e pensi proprio che, sì, sentirai a breve un gran fragore di acciaio. Questione di prospettive, fatto sta che poi passi e ti ritrovi dall’altra parte tutta intera.
Il golfo di Patrasso ha il suo perché. È un perché poco greco e molto croato, con le acque di color smeraldo profonde fino a riva, i borghetti tranquilli e silenziosi, le colline verdi.
Vorremmo fermarci di più ma un pronostico di forza 10 ci spinge ad accelerare. O meglio a continuare a non fermarci. Una notte davanti al borghetto di Galaxidi, animato ma non troppo, e proseguiamo senza indugio verso il canale di Corinto.
Adesso…. Lo stretto di Corinto, parliamone. Intanto ci va una dedica ad Ada che lo stretto di Corinto ci teneva a viverlo attraverso noi e le foto sono tutte per lei. 
Da anni sento elogiare il passaggio di Corinto come una delle meraviglie del mondo del mare. “Un’esperienza fantastica”, “Uno scenario grandioso”, “un’emozione indicibile”. Giovanni stesso resta affascinato. Io? Che ve devo dì? Grandioso, indicibile e fantastico sono aggettivi che userei per altre inquadrature. La cosa che mi ha più colpito del canale di Corinto è un povero cane morto (proprio un cane morto eh? Non quelli dei modi dire tipo “non c’è un cane morto”) affogato a metà del canale. Sarà caduto dal ponte della ferrovia? Sarà una vittima dell’abbandono pre-vacanze estive? Non saprei.
Ma come? Passi il Canale di Corinto e quello che noti è un cane morto, non le rocce calcaree a picco sulla strettoia, non le acque di uno strano e torbido turchese? Va bene, per acquisire un po’ di sensibilità ai vostri occhi, posso dire di aver pensato agli operai nell’atto di iniziare gli scavi di un’opera che essendo dell’uomo e non della natura, questo sì, ha qualcosa di grandioso. Che avranno detto? “Vabbé cominciamo da qui, certo ci vorrà del tempo…”. E ci sono voluti 12 anni, per scavare questo canale largo 25 metri, lungo più di 3 miglia, con un’altezza massima di 79 metri sul livello del mare. A pensarci bene, molto meno della Metro C di Roma. Grecia-Italia 1 a 0, anche se gli anni erano diversi e alla fine dell’800 pure noi eravamo un po’ più lesti di ora, dicono. 
La trafila per passare il canale, anche qui descrittaci come una lunga attesa di parecchie ore (si vede che il Canale di Corinto ha l’effetto di superlativizzare le sensazioni…), si riduce ad un’ora scarsa, nonostante siamo tanto sfortunati da arrivare proprio quando hanno appena chiuso la diga nella direzione Ovest – Est. Compagni di passaggio, il cargo Jackaranda che obbliga il convoglio a una velocità di 3,5 nodi, un veliero francese, il Belespoir, di 27 metri e, a farci sentire meno il Calimero della situazione, una barca a vela, Lola, battente bandiera americana. Tutti in fila indiana, guidati dalla professionalissima e incazzatissima voce per radio che ci indica come, e soprattutto quando, iniziare la navigazione. E noi, ubbidienti, gente affamata di Egeo, procediamo, in religiosa e lenta processione, non per ordine di arrivo ma per grandezza della barca. 
Il canale navigabile dal pedaggio per miglio più costoso del mondo, prevede l’attracco sull’ingresso Est per il tempo veloce del dazio di 227 euro. Tutto per risparmiare 150 miglia. Insomma, il canale di Corinto è quella cosa che almeno una volta va fatta. E noi lo abbiamo fatto. Anche se, diciamocela tutta, se non conoscessimo bene il buon Meltemi che ha la bizzosa smania di spingere il prossimo violentemente verso sud, non avremmo usato questo ormai storico trabocchetto e, senza particolari timori, saremmo scesi verso sud per riguadagnare miglia a nord dopo Capo Maleas. Ma al figlio indemoniato di Eolo qui, ce lo ricordiamo bene….

4 commenti:

  1. GRAZIEEEEEE!!!!! certo non essere stata lì con voi, ma invece nel torrido e operoso nordovest ... bè, è un dispiacere. Ma conto che ci sarà modo di rifarsi. E poi sono molto emozionata per questa dedica! Sono lì con voi in ispirito ... costo poco, in fondo! Baci

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  2. Il Colosseo fu costruito in soli 8 anni dal 72 all'80 d.c.
    Pareggio!

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  3. ... Andrea, sì ma... è pieno di buchi! :-)

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  4. mi dispiace contraddire Andrea ... nell'80, quando l'hanno inaugurato (peraltro senza badare a spese ...), al Colosseo mancava l'ultimo piano!

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