mercoledì 4 maggio 2011

Si può cambiare nome a una barca?

Me lo aveste chiesto 2 mesi fa, vi avrei risposto, da buona napoletana scaramantica, "assolutamente no!"
È arcinoto che non vi è niente di più iettatorio del cambiar nome ad una imbarcazione, milioni di leggende e aneddoti in tal senso fanno prefigurare sciagure e naufragi agli ingenui o agli arroganti che percorrono questa strada. 
Non avrei cambiato nome alla nostra nuova barca se avessimo comprato "Almalibre" o "Alisea" o "Altaluna", forse nemmeno il pretenzioso "White Rose" avrei cambiato. Ma tutte queste barche, tutti Grand Soleil 45, erano di proprietari che non volevano realmente vendere le loro barche o, nel caso di Almalibre, che voleva talmente venderla che ci è sfuggita poche ore dopo averla vista.
Ma per tutte le regole ci sono le eccezioni, per tutte le certezze ci sono i dubbi leciti. Se qualcuno di voi pensa che potessi andare in giro per i mari con una barca che portava sul sedere la dicitura "Lady Titti" è segno che non mi conosce abbastanza. Lady Titti, no, non si può. A parità di valore, abbiamo offerto 20.000 euro in meno al proprietario rispetto ad un'altra barca, proprio per il nome che si portava addosso e che, indovinate un po', era frutto di omonimia con la moglie del proprietario dell'imbarcazione, una signora stizzosa dell'infausto hinterland milanese che tanto impunemente quanto immeritatamente pretendeva di fregiarsi del titolo di Lady.
Il complesso processo di acquisizione della barca dei nostri sogni ha visto così il suo esito favorevole quasi contemporaneamente all'asportazione gioiosa del mortificante originario nome e la sua sostituzione con il ben più dignitoso e eroico P'acá y p'allá. Che sarebbe? Il titolo di una poesia di Pablo Neruda tratta dalla raccolta Stravagario. È gergale, credo,  e il suo significato è quello che gli inglesi definiscono con here, there and everywhere. Allo stesso tempo ha un suono vagamente napoletano e la cosa non guasta. In più, come per Nodo alla Gola, siamo quasi certi di non incontrare altre barche con lo stesso nome in giro per mare.
Visto lo strappo alla regola, abbiamo però ossequiosamente osservato l'antidoto prescritto: fissare in barca una targhetta d'ottone con il primo nome e tenerla lì fino all'attraversamento dell'Equatore, quando si è autorizzati a darle giusta sepoltura in mare. Lady Titti è quindi stato fissato con due piccole viti sotto l'ultimo degli scalini della scaletta interna, invisibile a meno di sdraiarsi per terra proprio sotto tale scaletta. Non si vede, ma c'è.

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