Itaca e Cefalonia le viviamo come due scali. Abbastanza velocemente, un po’ toccata e fuga. Abbiamo voglia di scendere il Peloponneso e di privilegiare le isole piccole, almeno fino a Creta. La prima sera a Itaca prima di andare ad Atokos, ci fermammo a Ag. Nicolaos. Il vento soffiava potente e forti raffiche scendevano dalle montagne, abbiamo rinunciato subito a fermarci a Kioni o a Frikes dove i fondali profondi rendevano difficile l’ancoraggio. Ag. Nicolaos era un ottimo riparo, ben rafficato ma con mare calmo. In rada con noi altre due barche con equipaggio numeroso che si sono fissate anche con una cima a terra, operazione che per noi che siamo in due è un po’ troppo laboriosa con vento forte. Stare con la cima a terra ti permette di essere un po’ più stabile, la barca non ruota ad ogni raffica e l’ancora è sottoposta a minori trazioni. Un po’ come tirare il freno a mano in una macchina quando parcheggi in discesa, non devi fare affidamento solo sulla marcia ingranata. Poi in auto c’era anche il sistema di mettere un sasso sotto la ruota, ecco quel metodo può essere paragonato a Giovanni che va in apnea a incastrare bene l’ancora sotto la sabbia.
Ora, di ritorno a Itaca dopo Atokos, abbiamo scelto di entrare a Vathi, il grande fiordo sul lato orientale dell’isola. Dopo poco ti sembra di essere in un lago, alte montagne tutto intorno e alla fine del fiordo il paesino di Vathi. Ci ancoriamo in rada e dopo poco ci raggiunge un gommone dello yacht vicino battente bandiera maltese con uno dell’equipaggio, un italiano, che ci comunica che l’autorità portuale gli ha chiesto di spostarsi un po’ per lasciar spazio di manovra al traghetto e se poteva dirlo anche a noi che non avevamo la radio accesa. Ci siamo guardati e poi guardati intorno, lo spazio era parecchio e entrambi dobbiamo aver pensato “e che traghetto sarà mai?”. All’unisono abbiamo però detto “vabbé se lo chiedono, meglio farlo, non si sa mai”… L’esperienza di un traghetto che ti cala l’ancora sulla barca non deve essere gradevolissima. Il maltese è andato verso l’esterno, noi verso l’interno della baia. Il traghetto, in realtà è arrivato solo la mattina dopo e avrebbe potuto mettersi a ballare il valzer prima di attraccare tanto lo spazio che aveva a disposizione.
Vathi è carina, porta i segni del terremoto del 1953 e della sua ricostruzione, ma è tranquilla e vivace al tempo stesso. A terra facciamo un po' di spesa e rifornimento di schede internet. Continuiamo però a vedere intorno a noi charteristi e penso che siano un po' come dei nuovi Proci, quindi capiamo Ulisse, lasciamo Penelope ad aspettarci ancora un po’ e riprendiamo il mare. E ogni giorno siamo un po' più a sud e questa, dovunque tu sia, è sempre una buona cosa!
Francesca ... ma così la meta finale può essere solo Ushuaia ...
RispondiEliminaPosso permettermi un commento?
RispondiEliminaMa se ti schifano tanto i charteristi e i dannati, perché vai in Grecia in luglio-agosto?