lunedì 6 giugno 2011

S. Maria di Leuca. L'Italia è finita.


L’Italia è finita. Per carità, non lo si legga come una (odiosa) pessimistica considerazione sullo stato del nostro Paese che, pur logorato da un ventennio di malgoverno, ha secondo me infinite risorse per riprendersi e far cambiare il vento delle cose. Voglio semplicemente dire, e in senso decisamente più microscopico, che noi, con questa tappa,  abbiamo finito l’Italia. Non ne rimane più nulla, siamo arrivati al fondo dello Stivale, siamo come un chiodino di quelli che tengono la para sul tacco. Il tacco ci scalcia e, davanti a noi, il mondo ellenico ci chiama a sé. O forse no, visto che da stamattina soffia un vento di scirocco bello forte che promette di intensificarsi a burrasca domani. Proprio in faccia, proprio di prua, quasi a dirci “Ma no, restate lì! Dovete votare contro il nucleare e la privatizzazione dell’acqua, dovete tornare a sottoscrivere l’abbonamento a SKY che, visto che lo avete disdetto, vi ha telefonato per proporvi 4 mesi gratuiti e un 50% di sconto per l’anno successivo. Dovete partecipare alla riunione di condominio, dovete andare all’assemblea dello Yachting Club, dovete……..”. Ok basta così, sono sirene che non ci convincono, non abbiamo nemmeno bisogno di legarci all’albero maestro. Diciamo invece che ci fermiamo un giorno qui a S. Maria di Leuca a guardarci intorno, parlare italiano, cercare specialità nostrane da portare con noi come buona usanza di ogni italiano all’estero. Ci fermiamo qui a guardare il mare che si sta alzando ma che tra 48 ore al massimo mollerà perché pure per lui, per lo scirocco, è arrivato il momento di tornare a casa, questa non è la sua stagione,  credo che oggi sia il suo disperato canto del cigno. Aspettiamo quel che serve e poi, insieme al mistràl, si va per questo breve braccio di mare che ci divide da Othonoi.
A S. Maria di Leuca non è ancora stagione. Il porto è semivuoto, dieci posti dopo alla nostra destra un Mangusta 80 (motosCafone di 25 metri e tre piani di altezza), il cui proprietario stamattina quando siamo arrivati, camminava fiero sul ponte, a petto in fuori e mento tronfio mussoliniano, sentendosi il più figo del bigonzo e ora invece, giace depresso e infelice sul suo divano in pelle nel piano inferiore: è infatti arrivato da poco e l’hanno crudelmente sistemato accanto a lui, un altro motosCafone di 40 metri, sempre 3 piani ma più alti, che gli ha tolto completamente la visuale e soprattutto - ed è chiaramente ciò che lo addolora -  la visibilità. Credo stia pensando che è arrivato il momento di cambiare barca… Nel frattempo tra loro sembra essere esplosa una competizione a suon di secchielli di Champagne, ostriche e beluga. Noi invece, abbiamo pranzato - indoor per non provocare ulteriori invidie - con una burrata di mezzo chilo e un filone di pane d’Altamura.
Alla nostra sinistra invece, sempre diversi posti più in là, due barche a vela ridotte ai minimi termini (disalberate e con visibili segni di essere andate alla deriva): sono due scafi posti  sotto sequestro che erano stati rubati in Grecia,  utilizzati per il trasporto di clandestini e quindi abbandonati per mare. Brutta roba… ma qui credo che sia all’ordine del giorno. 
Da quel che abbiamo visto finora, il Tirreno è ben altra cosa rispetto allo Ionio. Tanto vivace, liquido, blu, pulito (con l’eccezione del golfo di Napoli) e  pieno di vita il primo, quanto invece lo Ionio sembra morto. Nessun cetaceo o mammifero pronto a venirci incontro, acque dense, non trasparenti, a tratti limacciose. Intendiamoci, Il Salento è bellissimo, geologicamente parlando, grotte, scogliere e lidi sabbiosi; è una questione di acqua, sembra diversa, sembra decisamente più pesante. Aspettiamo di arrivare a Paxos per ricrederci, ma ci è venuta voglia di fare lo stretto di Corinto invece di scendere il Peloponneso, per arrivare subito in Egeo. Finora non abbiamo studiato molto il nostro viaggio, prima per scaramanzia, visto che non trovavamo la barca, poi per gli impegni frenetici degli ultimi due mesi. Giovanni è ben felice di ciò, anche perché a lui non piace sapere prima quello che troverà, a lui piace andare a caso e scoprire viaggiando. Io invece vorrei sapere tutto, conoscere ogni luogo e ogni storia prima ancora di arrivarci e quindi cerco di rimettermi in paro ora. Evidentemente per lui il viaggio è sorprendersi, per me è riconoscere. In quest’ottica di entrare nel mood, l’altro giorno davanti a lavatrice e asciugatrice  di Tropea mi sono letta il libercolo di Luciano De Crescenzo  “Ulisse era un fico”. Devo dire che nonostante non ami molto il suo autore, questo, come gli altri sulla filosofia greca che lessi anni fa, è un bel modo di ripassare la mitologia, riscoprire leggende che avevi rimosso o che non ricordavi un granché. Per esempio, bello ricordare che il mare Egeo deve il suo nome al padre di Teseo che si buttò per la disperazione in mare quando vide la barca del figlio tornare con le vele nere anziché bianche, segnale convenuto che Teseo aveva perduto contro il Minotauro. Invece era tutta colpa di Arianna e della sua maledizione che aveva fatto dimenticare a Teseo questo accordo con il padre. Le guide non parlano invece di Othonoi, prima isola minore delle Ionie, nostro punto di arrivo dove isseremo la bandiera greca e quella gialla in attesa di presentarci in dogana al primo porto greco, probabilmente a Corfù. Ma ancora non è arrivato il momento. Sfruttiamo il tempo avverso per leggere e scrivere (io che ho fatto gli studi classici) e apportare, con fatica fisica, migliorie alla barca (Giovanni che viene dallo scientifico). Complice lo scirocco, saremo obbligati stasera a consolarci con un piatto di recchitelle in qualche ristorante qui intorno, a meno che i nostri vicini MotosCafoni non facciano a gara per averci loro ospiti. Ma non sembriamo riscuotere il loro interesse….
 

2 commenti:

  1. Francesca ... ma lo sai che le vele nere sono la dannazione anche della storia di Tristano e Isotta? Nord o sud che sia le leggende sono sempre le stesse. Per noi che veniamo dal classico, beninteso. Se pure maritate a degli scientifici. Comunque, non vi perdete il Peloponneso. Cosa darei per essere lì a scendere cala per cala tutte le dita fino ad arrivare a capo Matapan dove spero che ancora oggi parlino solo il greco ... Ma lo dubito! Ada

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  2. Sul fatto che lo ionio sia poco vivace aspetterai a dirlo.... un mese fa abbiamo preso 9 ore di vento a 45 nodi e mare che non ti dico...... speriamo che a voi vada meglio! Consiglio vivamente il passaggio di Corinto: bellissimo e emozionante! Ci si vede in Egeo. Noi un po' già ci siamo

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