No, non si tratta di un sostituto di Delfi, né di un altro
esemplare marino in pvc o carne e
ossa, da ospitare a bordo.
Qui parliamo di un vero e proprio compagno di viaggio,
qualcuno che con la sua barca “Denecia” arriva un pomeriggio di vento leggero
nel porto di Kapsali. Il nostro consueto aiuto all’ormeggio (plurale
maiestatis, visto che io ero sottocoperta intenta a scrivere) acquisisce valore
rispetto al solito: il capitano del Moody 44, appena giunto, è un
navigatore solitario. Indossa bandiera inglese, noi francese. Giovanni e
Roberto passano qualche minuto a conversare in un inglese improvvisato finché
non arriva il momento felice del “ma sei italiano?!”... Scendo anche io a salutare
il nuovo arrivato e Roberto subito ci chiede “che fate stasera?” “Niente”,
rispondo. E lui “Bene, facciamo niente insieme?”. Ha qui inizio un gradevole
gioco di appuntamenti, di saluti e di re-incontri sulla lunga via del ritorno
in patria.
Roberto è il primo che incontriamo, sulla nostra lunga rotta,
che fa quello che facciamo noi. La barca lui se la porta dietro. Ogni anno
parte da Fiumicino, bighellona per l’Egeo e dintorni e in autunno torna a casa,
tra un temporale e l’altro, con gli occhi pieni di malinconia che, mentre vanno
via dalla Grecia, pensano già al prossimo ritorno.
Ci si capisce subito, quindi. Ora, qui a Kythira, l’Egeo è
già dietro le spalle, davanti agli occhi c’è ancora un lungo tratto di Grecia
ma la strada è, inevitabilmente, quella di casa. Confrontiamo le nostre rotte e i
nostri inconsapevoli incroci, le nostre esperienze e il nostro diverso vivere
questo angolo di mondo. Lui privilegia i porti, noi le rade. L’essere solitario
lo porta, più ancora di noi, a cercare il contatto umano, lo scambio, la
convivenza. È un solitario ma non ama la solitudine, del suo navigare ama la
libertà più che il perdersi nel remoto.
La barca a vela è la miglior cura per l'antisocialità. Pure noi, anche se siamo in due,
abbiamo voglia di incontri per mare, molto più di quanto avvenga a terra. È un
effetto positivo dello spazio a disposizione ma non è solo quello. Il resto lo
si deve allo spirito ellenico, mai invadente, sempre curioso e disponibile.
Quel modo di essere e di porsi nei confronti del viaggiatore che, ve l’ho detto
tante volte, fa sentire a casa.
Sì, la barca Roberto, come noi, se la porta dietro. E lui non
potrebbe fare altrimenti, visto che in barca da un paio di anni ci vive.
Musicista e direttore d’orchestra ha scelto di limitare la sua attività alla
docenza in Conservatorio e alla composizione. Per se stesso, più che per affari.
Questo, all’atto pratico, vuol dire che passa i 7 mesi invernali con la sua
“casa” saldamente ormeggiata in patria e dedica metà dell’anno a un girovagare
che fa bene all’anima.
Solitario ma non del tutto. A bordo con lui un violoncello e
un pianoforte, questa non l’avevamo ancora mai vista…
Gli invidio le certezze di un ritorno che ha un senso, in
confronto al mio che ha la fisionomia dell’ignoto. Vorrei – e forse è grave che
non ci sia ancora riuscita – trovare il modo di dare un senso alla mia doppia
mezza vita. Sento che il mio è ancora un progetto a metà che rischia di
sembrare – e di essere – unicamente un elogio all’indolenza. Diverso è per
Giovanni che, free lance da sempre, ha motivi professionali per cui tornare. Io
no, nessuno mi aspetta professionalmente parlando, il mio deciso gesto di
uscire dal mercato è a questo punto probabilmente riuscito. Ogni volta il
rientro ha la fatica della ricerca, aggravata ogni anno di più da una crisi che
ha investito tutti i settori e che non accenna a cambiare direzione. Ogni
volta, al rientro, mi dico che ci vorrebbe un’idea. Ma è un’idea nascosta da
qualche parte che ancora non sono stata in grado di individuare. La colpa,
forse, è del fatto che le idee le ho sempre cercate col cuore, mai col
cervello. Ma il cuore si allena e prima o poi scoverà quell’idea.
Kithira è l’isola che ha visto nascere Afrodite. Ma questo,
se siete stati lettori attenti, ve l’ho già raccontato. Il nostro ritorno in
quest’isola bella e diversa, collocata all’incrocio dei tre mari Ionio, Egeo e
Mar di Creta, ha come principale motivazione qualcosa di poco sacro e molto
profano: la marmellata d’arance di Stavros. Chi ha in mente un lungo viaggio in
Grecia, si ricordi di non partire senza mettere in cambusa abbondanti razioni
di liquerizia (introvabile qui) e marmellata. Quest’ultima in realtà c’è, nei
supermercati delle isole più grandi con un po’ di fortuna riesci a trovare
qualche marca italiana o inglese, ma se cercate una marmellata artigianale
locale rischiate di rimanere molto delusi. La loro versione di questo prodotto
ha una duplice veste che non può soddisfare i gusti degli amanti del genere: o
ti piacciono le conserve di frutti in sciroppo di Chios, distribuiti ovunque, o
l’unica alternativa che hai è una sorta di purèe di frutta piuttosto insapore e
dalla consistenza non edificante.
A questo punto del girovagare in questi mari,
mi sento di dire che la carenza di buona marmellata è una regola in Grecia.
Come tutte le regole però, anche qui si presenta l’eccezione. L’orange marmelade
di Stavros è una delle dimostrazioni dell’esistenza di dio. Un dio dolce al
punto giusto, con retrogusto asprigno, dalla consistenza semiliquida ma
compatta, con bucce d’arancia ben definite. Nel negozietto di Stavros, sulla
strada che da Kapsali porta alla Chora, trovi una vecchina seduta su una sedia,
probabilmente la moglie di Stavros. Non sa una parola in lingua straniera e ti
parla a gesti, anzi non ti parla per nulla. D’altra parte il negozio parla da
sé. È un mix di libreria, dolcetti fatti in casa e conserve. Con la nostra
spesa di circa 60 euro per due zainetti pieni di barattoli di marmellata, miele
e olive siamo sicuramente il miglior affare di Stavros di oggi, forse del mese.
La vecchina sorride e si vede che non lo fa spesso.
Kythira è un trionfo di timo, la strada principale si
inerpica per l’isola e collega i piccoli paesi, sonnolenti e veri, di Livadi,
Potamos, Karbounades, Milopotamos. Strade secondarie portano un po’ ovunque e
gli scenari che si aprono soprattutto sulla costa ovest sono sempre bellissimi.
L’abbiamo già vista in lungo e in largo e quest’anno ci limitiamo a un veloce giro in
motorino. Su alla Chora è l’ultimo giorno della mostra fotografica “winter time in Kythira”. Poche belle fotografie dell’isola in periodi in cui il cielo e il mare
la fanno da padroni. Accese discussioni, lotte per la supremazia, a volte
complici sodalizi a danno degli abitanti e a dominio della terra. Il mare e il
cielo invernali regalano a Kythira la selvaggia veste dell’inospitalità e le
ricordano il suo ruolo di remoto.
Immancabile, anche se tra le cose già fatte,
è il ritorno al castello. Da lì, il panorama su Kapsali è meraviglioso e, se
sai guardare bene con gli occhi del cuore, all’orizzonte scorgi Gramvousa la
penisola a Nord Ovest di Creta, un paradiso in terra e mare a poco più di 40
miglia da qui. Basta poco per pensare di deviare la rotta e tornare lì,
riprendere il viaggio e la strada dell’est. Ma la ragione della stagione che
avanza ha la meglio. Ogni tanto il cuore lascia il posto al buon senso.
Raramente ma accade.
Ciao Francesca belle le tue foto di kythira. Noi ci siamo passati vicino, eravamo ad Elafonissos, però per questioni di vento tempo e miglia non abbiamo fatto scalo lí. Magari prima di lasciare l'Egeo .... Siete ancora da queste parti?
RispondiEliminaUscire dal mercato, come tu dici, quando questo avviene anche per ponderata volontà, è un raro privilegio. Non essere attesi, professionalmente parlando, mi sembra invece una condizione, per quanto intuisco, non del tutto verificata ed ancora suscettibile di metamorfosi. Navigare e viaggiare il Mediterraneo, così come voi avete narrato in due lunghe stagioni, pressuppone alcune rare indispensabili qualità: tempo da regalare, curiosità da vendere ed occhi per rubare, preparazione accurata, conoscenza della storia ed amore per i luoghi e le persone che si descrivono, capacità affabulatorie e quell'insondabile merito che consiste nel farsi leggere a rate. Appunto: farsi desiderare, essere attesi. Vivere ciò che gli altri possono solo sognare è una grande responsabilità. E' necessario condividere, raccontando. Per essere perdonati dell'indolenza e della felicità ed il raccontare è un impudico quanto antico faticoso mestiere che riscatta.
RispondiEliminaSilverio
Caro Silverio, tu sì che sei un ottimo fornitore di alibi! Il guaio è che si fa fatica a cambiare strada. Sto provando a prendere la via della scrittura, ho anche scritto a qualche casa editrice del mare, mandandogli il libro (fatto in casa su Blurb) che ho tratto dal blog. Ma non mi si è filato nessuno. D'altra parte, a questo mondo, sembra ci siano più aspiranti scrittori che aspiranti lettori. Pazienza, continuerò a scrivere per voi :-)
RispondiElimina...e noi continueremo volentieri a seguirti. Ma per smentire il disonorevole sospetto, che tu avanzi, di gratuito fornitore di alibi, tenterò di essere propositivo. Incomincio: non sapendo nulla della vostra esistenza dove posso incontrare la vostra storia, in quale circolo, su quale pubblicazione nautica ed in quale reparto, di una ipotetica biblioteca libraria, andrò a rintracciare il volume? Viaggi, navigazione, tecnica, portolani, memorie, fotografie? Il diario del solitario Roberto, a conferma che scrittori e lettori, più o meno, numericamente si equivalgono, ha facilmente rintracciato il sottoscritto ed io non ho potuto fare a meno, con piacere, di leggerlo. Credo di non essere il solo a confidare in una invernale serie di appuntamenti diretti tra l'equipaggio di P'acà y P'allà ed i suoi estimatori consolidati e futuri.
RispondiEliminaS.
Silverio, ho come la sensazione che tu mi stia dicendo qualcosa che al momento non sono in grado di capire. Ma sarà un mio limite tecnologico o una barriera psicologica? Dammi altri indizi, please...
RispondiEliminaEhi, però...
RispondiEliminaVa bene che sei tornata e che il grigiore cittadino ti avvolge, ma non è bello lasciarci senza resoconti (anche se "postumi") e fermarti al diario di più di un mese fa...! :)
Baci in A.ttesa
Mi associo (in)paziente all'attesa.
RispondiEliminaS.
... E avete ragione... Ho messo da parte il libro che dovevo leggere oggi e son tornata in Peloponneso. Murakami Haruki, indignato, mi guarda in cagnesco. A breve nuovo post.
RispondiEliminaAnche con la enne al posto della emme il senso rimane il medesimo.
RispondiEliminaS.