Dall’isola chic dell’Egeo Nord Orientale, quella che ha dato
i natali ai più grandi armatori greci, in particolare la patria della dinastia dei Costa Lemos più ricca dei Niarchos e degli Onassis messi insieme, ci
aspettavamo più fasto e più rumore. Oinoussa, microisoletta un miglio a Est
della punta nord di Chios, è relativamente tranquilla. Il porto è in un canale
formato dall’isola e dagli scogli di Mandraki, Papondikon e Khalikas, a nord
chiuso solo da un bassofondo. L’acqua scorre all’interno ed è uno degli ormeggi
più limpidi che si possa trovare.
Sembra che ad Agosto sia impossibile
ormeggiare, una sorta di “mafia” locale collusa con i ricconi turchi presidia
il molo e impedisce agli sfigati come noi di avvicinarsi. Ma dal 1° settembre
l’egemonia decade e tutto torna estremamente democratico. Due inglesi, just
retired, a bordo di un Sun Odissey
45 nuovo di zecca ci aiutano a
ormeggiare sul molo e ci avvisano subito che la popolazione locale non è molto
amichevole. Al di là del fatto che non ci fila nessuno non abbiamo alcuna prova
di ciò. Anzi, quando mi presento dall’autorità portuale per pagare l’ormeggio,
il simpatico ufficiale mi dice “scrivo che siete arrivati dopo le 18.00 così
non vi faccio pagare nulla”.
Non ho idea se è sia merito del mio abbigliamento
lievemente da stracciona o della sana pigrizia dell’ufficiale che, per una decina
di euro, preferisce essere gentile che compilare una ricevuta e fare le
obbligatorie consuete 40 fotocopie. Fatto sta che è sempre un piacere.
Pensavamo di trovare un’isola custodita e restaurata dai
ricchi abitanti che hanno fatto fortuna come armatori. Unico segno di ciò
invece è una tanto splendida, quanto assurdamente modernissima “Villa lavanda”
nel centro del Paese. Stride con il consueto aspetto dei villaggi greci ma ci
sta ed è anche l’unico segno del fasto che pensavamo di trovare. Molto
interessante il museo degli Ship Owners, con belle mappe geografiche del ‘700 e
modellini di navi d’epoca e moderne.
Qui, due turisti facoltosi turchi ci
avvicinano e, saputo che siamo italiani, ci chiedono “Do you know
Caltagirone?”. In un primo momento penso alla bella cittadina nell’entroterra
siciliano, strana domanda da fare a un navigante…. Ma no, si riferiscono a lui,
Mr Caltagirone, quello della dinastia del “a Fra’, che te serve?”. Pare che uno
dei due signori abbia venduto a Mr Calta qualche fabbrica di cemento a
Kusadasi. Molte case romane saranno fatte con cemento turco, I suppose….
Quest’incontro mi dà comunque modo di riflettere su un fatto che non può che rendermi
felice. Mentre l’anno scorso al dichiararci italiani, il commento
dell’interlocutore era univoco “Italiani? Berlusconi! Ahahahah”, quest’anno per
fortuna nessuno dei nostri
incontri internazionali ha esordito con la citazione del malsano generatore di
disgrazie dell’ultimo ventennio. Amici, possiamo dedurne che il tempo cancella
ogni misfatto, risana l’immagine e fa dimenticare gli obbrobri. Almeno a
livello internazionale.
In patria, inutile dirlo, faremmo meglio a non
dimenticare per un po’. Nel mio piccolo, sono felice di aver meno bisogno di
prima di avvolgermi nella bandiera francese che sventola sulla poppa di P’acá y
p’allá.
Il porticciolo di Mandraki, dove ci ormeggiamo all’inglese
per evitare le lunghe catene dei pochi motoryacht rimasti, è un simpatico pit
stop dotato di colonnine per la corrente elettrica e l’acqua. Quest’ultima non
esce dai rubinetti ma questa è una caratteristica greca molto diffusa. All'altezza dei fari di ingresso una statua della sirenetta fa un po' il verso a Copenhaghen e al molo dei traghetti un'altra statua raffigura la "Inousses Methera", la madre di Oinussa dotata di fazzoletto che benedice tutti i marinai. Insomma, la gente di mare qui è ben accolta, fatto di tradizioni antiche.
Visitiamo il cimitero locale, mia particolare predilezione
in ogni luogo, che è un opulento riposo perenne delle famiglie di armatori.
Discutibile l’architettura tombale ma la vista è impareggiabile.
Per il resto, l'isola di Oinoussa è irta di scogli e di piccoli anfratti solitari per gli ancoraggi. La terra rossa e con macchia bassa è per grandi tratti bruciata da recenti incendi.
Restiamo poco, il tempo dell’acquisto del pane fresco e di
una serata al molo, abbiamo fretta di Grecia e qui si sente molto di più la
Turchia. E non è turca la ragione del nostro navigare.
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