Chissà se ci andremo mai alla Chora di Sifnos. Perché quando
sei lì, a sud dell’isola, e all’orizzonte scorgi Polyegos, Kimolos e Milos, non
è facile girare la punta e andare verso nord. L’istinto, l’estetica, la
direzione naturale del bello, tutto ti attira verso sud. Fermi in rada nella chiusissima baia di Vathi
dopo un bel tramonto ed una notte rafficata, ci svegliamo con le idee già
abbastanza chiare. Venti deboli, mare piatto, ultimi giorni d’estate, quel
magico interregno tra la fine del regime estivo e l’irrompere delle
perturbazioni autunnali. Poi, a farci rompere ogni indugio, si affaccia fuori
servizio il meltemi che quando invecchia a fine stagione diventa più bonario,
come un nonno meno severo di quando era padre.
“Ehi, marinai, io sto andando in
meritato congedo ma presto verranno a sostituirmi i miei cugini del sud. E
quelli sì che sono cattivi. Vedete un po’ voi che volete fa’…”
Ok. Andiamo a Milos. Approfittiamo della quiete dopo (e
prima) la tempesta.
L’arcipelago delle 3 bellezze (Milos, Kimolos e Polyegos) è
per noi una semplice riscoperta. Ma devo dirvi che se il nuovo stupisce, il già
noto commuove. La limpidezza dell’acqua di Polyegos, il tramonto che esalta il
contrasto bianco e rosso delle rocce, Fyriplaka e la sua dolomite bianca,
gialla e rossa, le formazioni rocciose modellate dal mare e dal vento di
Kleftiko, la sabbia d’oro di Ag. Ioannis sul versante ovest. Sono effetti
cromatici cui il tempo non rende giustizia.
Perché sono toni e colori
inconsueti che la memoria tende a banalizzare per riportarli ad una gamma più
quotidiana. Ritrovarli, quindi, è rinnovare un sano stupore. Bell’alibi per
tornare sui luoghi già visti eh? Ci ho messo un po’ a costruirmelo ma è una
tattica eccellente. E funziona anche per comprarsi un nuovo barattolo di
Nutella….
Per tacitare l’esploratore che è in noi, approfittando della
quiete, andiamo a visitare la perfida Antimilos, di solito inospitale e
minacciosa, oggi soldato inerte.
Giovanni ha una missione: Ritrovare i resti di due aeroplani
caduti a pochi metri dalla costa e ben visibili da Google Maps. Perfettamente
identici ed entrambi miracolosamente integri, giacciono a una decina di metri
dalla costa est dell’isola, subito a sud della punta NordEst su un fondale di
circa 15 metri. Non trovandoli in una prima nuotata, mi convince a trascinarlo
con il tender (tipo esca per squali) su un campo un po’ più ampio. Ma nulla,
degli aerei su cui la fantasia ha già inventato storie di natura bellica, non
vi è alcuna traccia.
Scoprirò poi che Google Maps non rilevava due relitti ma
semplicemente un aeroplanino in volo e la sua ombra sottostante. Un paio di
vite sono state salvate in poche ore. Il nostro tender ride fino alle lacrime.
Il bisogno del nuovo (se no che vi raccontavo…) ci regala
anche due appuntamenti culturali: il museo dei minatori e le catacombe. Del
primo mi colpisce soprattutto il nostalgico filmato con le testimonianze dei
vecchi cavatori e delle donne che pulivano le pietre. Si recavano nelle miniere
e restavano lì per diverse settimane, lavorando con un caldo africano e
respirando polvere. Condizioni durissime eppure dai loro racconti si percepisce
la bellezza di quei tempi, le storie d’amore che nascevano nelle cave, i canti
delle donne mentre con lo scalpello toglievano la pomice esterna dalle pietre.
Andando alle catacombe, vediamo il giardino dove fu rinvenuta la statua della
Venere di Milos, non ci fosse stato scritto, non ci avrei mai pensato. Un pezzo
di radura incolta affacciata sul mare. Solo una piccola parte delle catacombe è
stata aperta e una signora gentile, che si premura di scusarsi per il suo
pessimo inglese e di comunicarti che non è una guida diplomata, ci accompagna
alla scoperta. Il suo inglese era ottimo ed era anche una guida eccellente. I
greci sono anche modesti.
Sfruttando il motorino a noleggio, andiamo a cena a Plaka la
piccola chora affacciata sul golfo di Adamas che, pur non essendo spettacolare
come quella di altre Cicladi, ha un suo fascino che la rende imperdibile.
Ma torniamo a mare che siam velisti. Il porto di Milos,
Adamàs, ha una bella novità: un nuovo pontile turistico attrezzato con corpi
morti che aumenta di almeno 30 posti la possibilità di ormeggio. La catenaria è
ottima e pesante, peccato che sia troppo arretrata, i corpi morti sono corti e
questi nuovi posti vanno bene solo fino a 33 – 35 piedi, barche più lunghe
devono comunque usare l’ancora.
Ritroviamo Milthos, l’anziano ormeggiatore con la sua barba
bianca e gli occhi fiammeggianti. Ecco, Caronte me lo immagino con la faccia di
Milthos, più o meno. Lo scorso anno lo avevamo visto molto arrabbiato perché
alcune barche erano andate via all’alba senza pagare l’ormeggio. A noi che
invece lo avevamo avvertito della partenza ci fece un prezzo un po’ alto, forse
per compensare le perdite, forse per punire il genere dei naviganti, facendo di
tutt’erba un fascio. Quando arriviamo ci riconosce, forse ricorda e secondo me
vuole riparare. È tanto presente e gentile che temo che i prezzi siano ancora
saliti, invece quando andiamo via la ricevuta è quella standard di 13 euro
(inclusa acqua e corrente).
Abbiamo così la conferma di aver pagato anche per
altri l’anno scorso. Ma va bene così.
Ecco, su questo vorrei fare un inciso. In Grecia, la nautica
è vissuta come uno strumento turistico, come un bene per il Paese, per
l’economia delle piccole isole. Il tuo stazionamento in porto è visto come
un’opportunità per darti da mangiare, farti visitare luoghi, farti rifornire la
cambusa e i serbatoi. In altre parole un modo per farti spendere i tuoi soldi
lì. È loro interesse quindi che tu non abbia fretta di andartene e che abbia
facilità nello scendere a terra. Invece quindi di farti pagare per un pezzo
d’acqua come se fossi in un albergo a 4 stelle, loro ti mettono a pagamento
solo i servizi e a volte un piccolo obolo per l’ormeggio.
Piccolo. Tra i 7 e i
15 euro al giorno che poi al massimo te ne fanno pagare 2 e i giorni successivi
non paghi più nulla. Credo che sappiano, loro, che in fondo dormi nel tuo
letto, dentro la tua barca, usi il tuo bagno e che nessuno viene a cambiarti le
lenzuola la mattina dopo. Istintivamente, o per tradizione, sanno che non ha niente a che vedere
con una stanza d’albergo. Sanno anche che, così, tu ti fermi volentieri, vai a
cena fuori, fai la spesa, prendi in affitto un motorino, ti siedi al bar. E i
soldi che spendi, contribuiscono in modo democratico al benessere dell’isola e
delle sue attività. Ma soprattutto sanno che tornerai. Alla faccia della
Merkel.
Nella maggior parte dei casi, poi, l’ormeggio in porto lo
paghi solo se decidi di andarlo a pagare. Altrimenti fa nulla. Vai all’autorità
portuale con i tuoi documenti, ti fai mettere il timbro sul Dekpa, passi un
buon quarto d’ora lì a guardar lavorare il “Limeniko” tra scartoffie e
fotocopie e, 5 volte su 10, ti chiedono quel piccolo obolo dietro presentazione
di ricevuta.
Le altre 5 ti dicono che non si paga nulla, sono lì solo per
servirti, oppure che si pagherebbe ma visto che stai un giorno solo/visto che è
brutto tempo/visto che non c’è l’acqua/visto che non ho il blocchetto delle
ricevute/etc non si paga nulla lo stesso. Ecco, non incontriamo quasi mai
nessuno all’autorità portuale. Perché noi europei extra grecia siamo talmente
abituati a essere controllati e multati se non paghiamo che se non c’è
controllo non paghiamo e basta. Quasi fosse un diritto acquisito. Per questo da
noi non funzionerebbe mai il distributore dei giornali americani aperto e con
il piattino per i soldi.
Ho forti dubbi che anche in Chiesa i fedeli paghino
realmente l’obolo per i ceri… ma in quel caso direi che va bene, la Chiesa non
rischia certo le sanzioni dell’Europa che angosciano i sonni della Grecia.
Ammetto di andare all’autorità portuale soprattutto per il
fascino che su di me esercita quel luogo di burocrazia old style, dove quasi
sempre incontro uomini di mare disponibili e gentili. Ma anche per una sorta di
dovere morale e per la voglia che la Grecia resti questo, un Paese che si fida
di te. E poi in definitiva ci andiamo perché il prezzo è giusto e quando un
prezzo è giusto lo paghi volentieri.
Milthos, nella sua veste 2012 del “voglio farmi perdonare da
te” mi offre un caffè al bar e mentre telefona per me alla signora della
Laundry, parliamo della situazione attuale. I Greci non parlano mai con te
della crisi, solo se glielo chiedi. Senza troppa enfasi e senza alcun
piagnisteo, Milthos mi dice che quest’anno l’affluenza delle barche in transito
è diminuita di un buon 50%, le attività di charter giornaliero hanno subìto un
calo dell’80%, i ristoranti pure se la son vista brutta.
Ma è sereno Milthos,
ne ha viste tante da 40 anni che è qui e da 60 che vive. Secondo lui tutto si
risolve. L’Europa finirà perché sarà la Germania ad uscirne. Vivremo tutti un
periodo di assestamento un po’ difficile tornando alla nostra moneta ma poi ce
la faremo. “Abbiamo tutti bisogno di meno cose di quelle che abbiamo avuto
finora, solo che ancora non lo sappiamo. Quando ce ne accorgeremo sarà una gran
festa”. La sua pacata saggezza mi fa sentire di essere nel Paese giusto. Ancora
una volta.
Che piacere per lo spirito e' leggervi....mi chiedo se avete gia' pubblicato un libro o e' nei vostri progetti?
RispondiEliminaGrazie delle bellissime emozioni che infondete attraverso le vostre avventure...Ricordo Milos, la sua bellezza, i suoi colori..il calore della sua gente...
Kalo' taxidi....buon viaggio..
Pantarei, grazie a te di seguirci! Sì abbiamo realizzato da soli attraverso il sito Blurb due libri, 1 b/n di racconto tratto dal blog e 1 fotografico a colori.
RispondiEliminaSe vuoi dargli un'occhiata, li trovi a questi link:
http://it.blurb.com/bookstore/detail/2895847 (racconto)
http://it.blurb.com/bookstore/detail/2888341 (fotografico)
kalo taxidi!
Grazie mille!Vi leggero'sul vostro' libro!
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