38° 02.99 N - 25° 34.78 E. In questo punto preciso del grande mare Egeo, a 20 miglia circa dalla punta sud di Chios, è stato dato luogo all’ignobile abbandono. Quanto di più efferato, subito dopo il rinunciare a una gustosa tyropita calda di forno, si possa immaginare nell’intero mondo Egeo.
Colta impreparata da una repentina
decisione del Capitano, di cui sarà sicuramente chiamato a rispondere davanti a
Nettuno, ho passivamente subìto, tentando solo una lieve, troppo lieve,
rimostranza, la malsana scelta di dire addio (sperando sia un arrivederci) al
nostro compagno di viaggio più fedele. Delfi.
Adottato all’inizio del viaggio nello
Ionio a largo di Cefalonia, Delfi, in un attimo e senza esservi preparato, riguadagna così il mare,
sballottato dalle onde e schiaffeggiato da un Meltemi che ha deciso di
riprendere servizio a tempo pieno. L’Egeo, il meltemi e le nostre guest star
2012, Stefano ed Elisa, mi sono testimoni che ho provato a sostenere tutte le tesi possibili
in difesa della sua permanenza a bordo, ivi incluso, nell’ultimo mese, il
rischio di abbandonare il nostro vinil amico in punti di mare dove le correnti
lo avrebbero trasportato inesorabilmente verso la Turchia.
Giammai. Io, Delfi in mano ad un qualsiasi Izmir, bambino turco, non ce lo lascio. Quello, poco ma sicuro, lo mette a lavorare, lo baratta con altro, lo usa come parabordo o come grippiale.
No, niente affatto, se abbandono deve essere, la prospettiva necessaria è una destinazione greca dove, sono sicura, il piccolo Spiros di turno, saprà volergli bene e nutrire nei suoi confronti un adeguato rispetto.
Giammai. Io, Delfi in mano ad un qualsiasi Izmir, bambino turco, non ce lo lascio. Quello, poco ma sicuro, lo mette a lavorare, lo baratta con altro, lo usa come parabordo o come grippiale.
No, niente affatto, se abbandono deve essere, la prospettiva necessaria è una destinazione greca dove, sono sicura, il piccolo Spiros di turno, saprà volergli bene e nutrire nei suoi confronti un adeguato rispetto.
All’ordine molto poco solenne di “Digli addio, questo oggi ce
lo togliamo dalle palle”, al povero Delfi viene tolta l’imbracatura, viene segnata
sulla pancia una breve nota biografica e viene affidato alle mie mani che a
questo punto si macchiano di complice codardia.
Molto malvolentieri, ma come si dice di buone intenzioni son piene le fosse, lo lancio in mare e assisto impotente al suo dibattersi tra le onde.
Molto malvolentieri, ma come si dice di buone intenzioni son piene le fosse, lo lancio in mare e assisto impotente al suo dibattersi tra le onde.
La vendetta non tarda ad arrivare, poche miglia dopo, un
enorme tonno abbocca alla canna del Capitano, si cimenta in una lotta vinta in
partenza e dopo aver lasciato l’illusione fugace della presa, rompe le fila e se
ne va con l’esca più pregiata. Lo vedo sollevarsi dall’acqua e sputare al
Capitano un “Questo è da parte di Delfi”. Forse l’ho solo immaginato. Forse.
A cose fatte, cerco di consolarmi pensando di aver salvato
Delfi dal caos di Mykonos che sicuramente non avrebbe gradito. Ma è una magra
consolazione. Accurati calcoli ci fanno prevedere un suo atterraggio a
Donoussa, se la scapola, forse arriva a Levitha o ad Amorgos, al limite in una
decina di giorni a Creta. Spiros, abbine cura, altrimenti ti vengo a cercare.
Con la morte nel cuore e quel metro quadro orrendamente
sgombro sulla tuga, quindi, scendiamo rapidamente sospinti da 30 possenti nodi
di vento a favore che sottovento a Mykonos crescono decisamente. Una notte in
rada a Kalo Livadi in compagnia di un paio di impressionanti ferri da stiro è
sufficiente a farci dire “Mykonos. Anche basta.” Bella acqua, bel mare, troppe
costruzioni, troppe moto d’acqua, troppo. La perla della cittadina, “una delle
più belle dell’Egeo” come recita la guida, ce la perdiamo volentieri.
Al caos, preferiamo la cultura e la storia. Facciamo sosta di mattino presto a Delos, lasciamo P’acá y p’allá ancorata a ridosso dell’isoletta di Kato Rematiaris e, prima che arrivino le barche coi turisti, scendiamo a terra con Bomby per una veloce e bollente gita tra le splendide rovine.
Al caos, preferiamo la cultura e la storia. Facciamo sosta di mattino presto a Delos, lasciamo P’acá y p’allá ancorata a ridosso dell’isoletta di Kato Rematiaris e, prima che arrivino le barche coi turisti, scendiamo a terra con Bomby per una veloce e bollente gita tra le splendide rovine.
Medito se sia opportuno, usare qualche reperto per erigere
un monumento commemorativo al valoroso Delfi, dio delle semplici cose,
incompreso da alcuni, molto amato da altri. Ai posteri l’ardua sentenza.
Povero Delfi... sacrificato al Dio Spazio A Bordo.
RispondiEliminaMa non potevate sgonfiarlo, piegarlo accuratamente e riporlo in qualche gavone nascosto? Ormai era la vostra mascotte, peccato abbandonarlo in mare come un clandestino sgradito...
Baci A.nimalisti
sono stata anticipata: anche io avrei proposto un semplice sgonfiaggio ... come si vede che non siete stati abituati alla gestione dei giochi da spiaggia dei bambini ... Spiros o Izmir che fosse avrebbero visto dimenticati palette e secchielli in riva al mare un giorno sì e uno no!
EliminaRagazzi, sgonfiare Delfi? Ridurlo a plastica sottovuoto e inespressiva per portarselo dietro come un souvenir scaduto??? Giammai. Meglio libero. Tanto poi, lo so, un giorno ci ritroveremo...
RispondiEliminaPer me non lo reincontrate più perché si invaghirà di una paperella gialla alla deriva come lui e scapperanno su una spiaggia a vivere felici e contenti....
RispondiEliminaQuesta è una gran buona interpretazione, Jonathan. In un mondo di plastica, anche la plastica ha un cuore. ;-)
RispondiEliminaThank you for being you
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