Venti a 40 nodi e noi ci fermiamo qui, a Kouremenos, Creta Est. A prendere tempo e sciogliere il dilemma se fare il tratto di mare duro a ritroso verso Agios Nicholaos per una sosta tecnica in marina o sfruttare il dopo burrasca per andare a Kassos e poi, il cambio d’olio e filtri si vedrà, magari ce lo facciamo da soli.
Questo grande golfo è il regno dei windsurf, mare sempre calmo, vento sempre forte. Qui il kite non è ancora arrivato, nel centro del golfo la nostra barca ancorata viene vissuta come una sorta di boa da un esercito di windsurfer che variano da 3 o 4 quando il vento strilla forte a quasi 50 quando diventa più gentile in linea con la mitica legge del “quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare” e, si sa, i duri sono numericamente inferiori ai mollaccioni. E i duri sono anche un po' narcisisti, lo sappiamo bene.
Non appena Giovanni inizia a fotografarli, ecco che un paio di surfer si distinguono per bordi brevi molto vicini alla nostra barca tentando, spesso vanamente, di compiere acrobazie coreograficamente esemplari.
Il nostro tender, legato a poppa, è visibilmente terrorizzato. Nessuno ha il coraggio di chiedere a Giovanni le foto cui sono visibilmente parecchio interessati e spietatamente Giovanni non fa un gesto per facilitare loro la richiesta. Un po' ci si affeziona a queste velette piccine che corrono avanti e indietro...
Ma la sorpresa, quella vera, l’acme inaspettato e per questo emozionante arriva la mattina dopo, quando uscendo in coperta vedo un miraggio: una barca a vela, dico una BARCA A VELA, ancorata a 2-300 metri da noi. È un Sun Odissey 40 battente bandiera svizzera…. Ci sono ancora le barche a vela, c’è ancora gente che va per mare. Con cautela, preparo Giovanni, che a 50 anni suonati non so se è in grado di reggere il colpo, “Esci a vedere una cosa ma fallo stando seduto, eh?” (per inciso, non c’è modo migliore per far smuovere una persona di un richiamo di questo tipo, bisognerà utilizzarlo anche in avanti e anche con altri personaggi).
Visibilmente commossi, restiamo un paio d’ore a guardare questa barca, peraltro non particolarmente bella. Sono più di 20 giorni che non ne vediamo una, avevamo cominciato a pensare che fosse stato diramato un coprifuoco nautico di cui non eravamo al corrente o fosse stato emesso un avviso di tsunami.
Visibilmente commossi, restiamo un paio d’ore a guardare questa barca, peraltro non particolarmente bella. Sono più di 20 giorni che non ne vediamo una, avevamo cominciato a pensare che fosse stato diramato un coprifuoco nautico di cui non eravamo al corrente o fosse stato emesso un avviso di tsunami.
Restiamo lì, incantati, senza avere il coraggio di avvicinarci per la paura di restare delusi dall'equipaggio che, a questo punto, deve essere per noi un po' come Eva per Adamo quando se la vide arrivare in Paradiso. Ci interroghiamo su di loro, da dove vengono, dove andranno, facciamo ipotesi persino sulla loro cambusa (io mi immagino quintali di Emmenthal stipati a bordo, ma solo perché non ho idea di quale altra specialità gastronomica ci sia in svizzera).
Insomma, per un breve periodo di tempo, nutriamo per gli amici svizzeri un sincero affetto fraterno. Roba di poche ore, però.
Quando scendiamo a terra e andiamo a cena nella piacevole taverna “Votsalo”, la commozione è già passata e vorremmo pregare gli svizzeri di andarsene che ci rovinano l’inquadratura. In ogni caso è bello notare come, dal confronto, P'acá y p'allá esca decisamente vincente, è come mettere vicina Grace Kelly a una qualsiasi velina rifatta chirurgicamente (non facciamo nomi per fair play).
Poco più a nord di Kouremenos, troviamo Vai, il cui nome sembra che anticamente significasse palma. Curioso pensare ad un abitante di Vai, magari gli chiedevano "Dove vai?" "A Vai", sembra un po' il gioco di "Dovevai? alcinema. Achevedere? Quovadis. Chevuoldire? Dovevai...". Ok, lasciamo perdere... Vai è una spiaggia amena, sormontata da un palmeto immenso, una specie endemica di palme. Secondo alcuni invece, tale palmeto naturale nacque dai noccioli di dattero sparsi dai legionari romani di ritorno dalla conquista dell'Egitto. Ma tale tesi non sembra trovare fondamento, deve essere stata una di quelle sparate romane che probabilmente erano proverbiali anche all'epoca dei nostri avi.
L’effetto è molto particolare: sembra di essere in un’oasi nordafricana e in effetti non siamo poi così lontani… A questo punto l’indecisione è passata, andiamo a Agios Nicholaos: vince il meccanico e la lavanderia e forse anche il compromesso culturale di una gita nell’entroterra a visitar rovine. Il Dodecaneso può attendere.
Tu che sei (eri?) nel settore, saprai che Vai era la soluzione "dei poveri" per chi voleva girare un film ambientato in qualche spiaggia dei Caraibi, ma non aveva abbastanza soldi per andarci... :)
RispondiEliminaComunque arrivarci da terra è bruttino e fa molto gita organizzata, di quelle con il bus a due piani e la vendita delle pentole a metà viaggio. :)
Baci palmati
... Già, e poi inventarono il green back. Non lo sapevo, io mi ricordo soluzioni ben più povere con le cave di Marsicola per fare il deserto. Andare a Creta era già una produzione di lusso.
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